Non sei politicamente corretto? Allora puoi ritrovarti nella “lista degli odiatori”

Cari amici di Duc in altum, vi propongo il mio più recente intervento per la rubrica La trave e la pagliuzza in Radio Roma Libera.

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Attenzione. Se credete nel matrimonio fra un uomo e una donna, se pensate che i bambini abbiano bisogno di un papà e di una mamma, se ritenete che mascolinità e femminilità siano non solo conseguenze culturali ma dati di natura, se non siete in linea con il pensiero politicamente corretto, potreste essere catalogati come pericolosi odiatori.

Questo, per lo meno, è quanto avviene regolarmente negli Stati Uniti, dove anche quest’anno il Southern Poverty Law Center, nel rapporto annuale Year of Hate and Extremism, nel quale sono elencati i “gruppi d’odio” presenti nel paese, ha compreso nella lista, accanto a organizzazioni neonaziste, nazionaliste e di suprematisti bianchi, anche associazioni come l’Alliance Defending Freedom, il Center for Family and Human Rights,  il Liberty Counsel e il Ruth Institute. Tutti gruppi che, pur non avendo nulla in comune con gli estremisti di varia tendenza e colore, sono finiti nell’elenco dei “cattivi” perché ritenuti “anti-Lgbtq”, cioè ostili alle persone omosessuali, bisessuali, pansessuali, asessuali, intersessuali, transessuali, transgender eccetera.

Ma in che senso ostili? Semplicemente, perché hanno manifestato perplessità e obiezioni circa i “matrimoni” tra persone dello stesso sesso.

Alliance Defending Freedom (dal 1993 impegnata nel campo dell’assistenza legale) ha risposto all’inclusione nella lista spiegando che alla base della sua attività, a difesa delle libertà fondamentali di parola, religione e coscienza, non c’è alcuna forma d’odio, bensì la convinzione che tutte le persone siano create a immagine di Dio e che tutti gli esseri umani, nella loro dignità, siano meritevoli di rispetto. Quanto al matrimonio, la famiglia, la sessualità e la santità della vita, l’associazione afferma di basarsi sull’insegnamento delle Sacre Scritture e di rispettare tutti, anche coloro che la pensano in altro modo. Ma, nonostante ciò, l’Alliance si è ritrovata nella lista degli odiatori.

Stesso discorso per il Ruth Institute, che propone strumenti educativi per sostenere le persone e le famiglie danneggiate dal divorzio e da altre forme di dissoluzione della famiglia. L’obiettivo principale del Ruth Institute, spiegano i responsabili dell’organizzazione, è combattere la disgregazione familiare e il suo impatto sui bambini: ognuno può giudicare se tutto ciò possa significare essere “un gruppo di odio”.

Il problema è che essere inclusi nell’elenco non solo è ingiusto, ma determina conseguenze pesantemente negative per il lavoro che si svolge (per esempio sotto il profilo della raccolta fondi o della possibilità di partecipare a programmi di assistenza), ma questo tipo di discriminazione non sembra interessare i paladini del politicamente corretto.

“Condanniamo la violenza e l’odio e non sosteniamo alcuna persona o gruppo che sostenga o promuova la violenza o l’odio” si legge espressamente nel sito del Liberty Counsel, ma, nonostante ciò, anche questa organizzazione di ispirazione apertamente cristiana è finita nell’elenco degli “odiatori”.

A volte finire nella lista degli odiatori comporta conseguenze che non riguardano soltanto la raccolta fondi. Nel 2012, per esempio, un uomo armato entrò nella sede del Family Research Council di Washington, altro gruppo definito “di odio”, e fece fuoco contro una guardia disarmata, che rimase ferita. In seguito, l’assalitore confessò di aver agito dopo aver visto che il Family Research Council faceva parte dell’elenco stilato dal Southern Poverty Law Center con l’etichetta di gruppo “anti-gay”.

Il Southern Poverty Law Center, fondato nel 1971, originariamente aveva lo scopo di segnalare persone e gruppi che combattevano contro il movimento per i diritti civili. Dagli anni Ottanta incominciò a segnalare gruppi razzisti, di suprematisti bianchi e di neonazisti, come nel caso degli affiliati al Ku Klux Klan, ma da qualche anno inserisce nella lista anche gruppi “anti-immigrati”, “anti-musulmani” e “anti-Lgbtq”.

“Un’organizzazione – specificano i curatori dell’elenco – per essere etichettata come un gruppo di odio non ha bisogno di essersi impegnata in una condotta criminale o di aver dato seguito al proprio discorso con azioni illegali effettive… Le organizzazioni che compaiono sulla nostra lista di gruppi d’odio diffamano gli altri a causa della razza, della religione, dell’etnia, dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere, pregiudizi che colpiscono il cuore dei nostri valori democratici”.

Insomma, quelle perseguite sono le opinioni, le idee. E chi non è in linea con il pensiero politicamente corretto è automaticamente dipinto come diffamatore, anche se non lo è.

Comportandosi in questo modo, dice Jeremy Tedesco, consigliere della Alliance Defending Freedom, il Southern Poverty Law Center, che un tempo era una rispettata organizzazione per i diritti civili, “si è trasformato in un gruppo che attacca e diffonde menzogne ​​su organizzazioni e persone che non sono d’accordo con il suo programma di estrema sinistra”.

Come spesso succede, i più alti tassi di odio si registrano proprio tra coloro che stilano liste di odiatori.

Aldo Maria Valli

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Con contributi di Enrico Maria Radaelli, padre Serafino Maria Lanzetta, padre Giovanni Cavalcoli, Fabio Scaffardi, Alessandro Martinetti, Roberto de Mattei, cardinale Joseph Zen Ze-kiun, Eric Sammons, monsignor Carlo Maria Viganò, monsignor Guido Pozzo, Giovanni Formicola, don Alberto Strumia, monsignor Athanasius Schneider, Aldo Maria Valli.

 

 

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