Nel paese dei baby robot

Si chiama Affetto ed è un bambino robot. O un robot bambino, se preferite. Fatto che sta che avverte il dolore ed è in grado di esprimerlo disegnando sul suo volto espressioni adeguate.

Progettato e realizzato dagli esperti di robotica dell’Università di Osaka, possiede una morbida pelle sintetica che gli permette di assumere espressioni molto umane. Riesce a strizzare gli occhi e a mostrare sorpresa, fastidio, sollievo. Su YouTube c’è un video eloquente.

L’androide bimbo, (o il bimbo androide?) in realtà ha più anni di quelli che dimostra. Nato nel 2011, all’inizio possedeva una gamma espressiva ridotta, ma ora la pelle sintetica, collegata a più di cento sensori, gli consente di essere molto più umano.

Per raggiungere il traguardo è stato sottoposto a prove sgradevoli. Per esempio, per ottenere una smorfia di dolore è stato raggiunto da scariche elettriche che i sensori hanno poi trasmesso al volto.

Il segreto di Affetto, come ha spiegato Minoru Asada, direttore della divisione di robotica e neuroscienze cognitive dell’ateneo di Osaka, sta proprio, oltre che nella pelle sintetica, nei sensori che reagiscono ai cambiamenti di pressione e agli stimoli ricevuti.

Nel corso di un decennio i tecnici giapponesi hanno studiato in modo sempre più approfondito i muscoli umani, allo scopo di replicare le stesse espressioni. Ma perché impegnarsi tanto?

Gli esperti di robotica spiegano che l’obiettivo è fare in modo che gli umani siano indotti a pensare di avere a che fare non con macchine, ma con persone. Nel campo dell’assistenza agli anziani, per esempio, robot dall’aspetto umano potrebbero sostituire le persone in carne e ossa, svolgendo gli stessi compiti in modo più efficiente e meno costoso, e garantendo comunque agli assistiti la sensazione di essere accuditi da persone.

Se nel 2011 Affetto era solo testa, ora è anche corpo, completo di scheletro ricoperto da pelle sintetica.

L’obiettivo è realizzare robot sociali, sempre più realistici, in grado di avere un’interazione più profonda con gli esseri umani. Un obiettivo meno lontano di quanto si potrebbe immaginare. In Giappone sono già in funzione robot nelle case di cura, negli uffici e nelle scuole. Il rapido invecchiamento della popolazione e la contrazione della forza lavoro rendono sempre più necessario l’impiego di macchine al posto di persone.

I tecnici sostengono che i robot saranno capaci di comunicare con gli esseri umani in modo sempre più autentico ed efficace quanto più daranno l’impressione di avvertire sensazioni e sentimenti come noi.

E se poi, a un certo punto, scopriremo di provare affetto nei confronti di Affetto?

Aldo Maria Valli

Fonte: iflscience.com

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