“Non si può evangelizzare il mondo con una Messa che si rifà agli anni Sessanta del secolo scorso”. Un’analisi sincera

Di recente padre Richard Gennaro Cipolla, ex pastore episcopaliano divenuto prete cattolico, si è rivolto con una lettera molto significativa al vescovo ausiliare di Los Angeles Robert Barron. Credo che sia interessante e istruttivo stare ad ascoltare padre Richard perché nella sua analisi, dedicata principalmente alla liturgia, tocca alcuni nodi decisivi, dei quali molti fedeli laici sono ormai consapevoli, mentre troppi vescovi continuano a ignorarli.

Padre Richard all’inizio del suo contributo rivolto al vescovo Barron scrive: “Sono un prete cattolico, che presto diventerà ottantenne. Sembrerebbe più prudente in questo momento della mia vita mettere da parte tutto ciò che minaccia la pace e l’equanimità a cui si dovrebbe tendere in questa fase della mia vita. Ma, ahimè, il mio corredo genetico dell’Italia meridionale non rende facile vivere una vita rilassata in questo momento in cui dovrei abbandonarmi alla contemplazione e al ricordo delle cose passate”.

Ma perché una lettera proprio a Barron?

Il motivo sta in un articolo (The Evangelical Path of Word on Fire) in cui Barron, schierandosi contro sia i cattolici liberali sia i tradizionalisti, sostiene di essere dalla parte del Concilio Vaticano II e di tutti i papi del post-Concilio, fino a Francesco.

Ricordando di aver spesso criticato il cattolicesimo che ha dominato negli anni dopo il Concilio Vaticano II, Barron dice: “Ho messo l’accento sul cristocentrismo in opposizione all’antropocentrismo, sul metodo teologico basato sulla Scrittura piuttosto che su quello fondato sull’esperienza umana, ho sottolineato la necessità di resistere alla riduzione del cristianesimo alla psicologia e al servizio sociale, per un recupero della grande tradizione intellettuale cattolica”.

In questa linea, racconta Barron, ispirato soprattutto da Giovanni Paolo II, “ho prodotto video su un’ampia varietà di temi teologici e culturali; ho realizzato documentari che trasmettevano la verità e la bellezza del cattolicesimo; ho predicato sulla Bibbia alla radio, alla televisione e su Internet; e alla fine ho sviluppato un istituto per la formazione dei laici”. Tutto ciò in risposta a quello che Barron definisce “cattolicesimo beige”, annacquato e sfumato.

“Sul liberalismo cattolico – afferma il vescovo – non ho mai cambiato idea e continuo a considerarlo, come dice il mio mentore, il cardinale Francis George, un progetto esaurito”. Tuttavia, Barron si dice convinto che anche il cattolicesimo conservatore sia inadeguato, perché “si rifugia in precedenti forme culturali di espressione della fede e le assolutizza”, rendendosi così incapace di incidere sul tempo presente e di coinvolgere la cultura in cui si trova ad agire.

A questo proposito, nell’articolo Barron denuncia: “Negli ultimi anni, all’interno del cattolicesimo americano è emerso un movimento ferocemente tradizionalista, che ha trovato casa soprattutto nello spazio dei social media. Ciò è avvenuto, in parte, come reazione allo stesso cattolicesimo beige che ho criticato, ma la sua ferocia è dovuta agli scandali che hanno scosso la Chiesa negli ultimi trent’anni, in particolare il caso McCarrick. Nella loro rabbia e frustrazione, in parte giustificata, questi cattolici tradizionalisti sono diventati nostalgici della Chiesa del periodo preconciliare e ostili verso lo stesso Concilio Vaticano II, papa Giovanni XXIII, papa Paolo VI, papa Giovanni Paolo II, e in particolare verso il nostro attuale Santo Padre”.

“La suprema ironia – scrive Barron – sta nel fatto che questi cattolici radicalmente tradizionalisti, nella loro resistenza all’autorità del papa e nella loro negazione della legittimità di un concilio ecumenico, hanno rischiato di uscire dai confini della Chiesa. Il loro non è certo un cattolicesimo beige, ma è davvero un cattolicesimo che si auto-divora. E forse intuendo questa contraddizione, sono arrabbiati con chiunque osi sfidarli”.

Dunque, dice Barron, la mia posizione è quella di chi dice un sonoro “no” sia al cattolicesimo beige che a quello auto-divorante. È la posizione di chi “sta con il Vaticano II, Giovanni Paolo II, papa Benedetto XVI, papa Francesco, il Catechismo del 1992, e ha come missione la Nuova evangelizzazione”. È la posizione di chi “non vuole né arrendersi alla cultura né demonizzarla, ma piuttosto, nello spirito di san John Henry Newman, vuole impegnarsi resistendo a ciò a cui si deve resistere e assimilando ciò che può, facendosi, come diceva san Paolo, tutto a tutti, per amore del Vangelo (1 Cor. 9: 22–23).

Secondo Barron, in conclusione, sia il cattolicesimo liberale sia quello di stampo tradizionalista sono “moribondi”. Ed ecco perché, spiega, ha cercato di collocare Word on Fire (il suo sito) “sulla via di un cattolicesimo evangelico, il cattolicesimo dei papi santi associato al Vaticano II, un cattolicesimo vivente”.

Ed ecco a questo punto la risposta di padre Richard Gennaro Cipolla.

“Seguo la tua carriera nella Chiesa da alcuni anni, con una buona dose di ammirazione per la tua posizione contro quello che chiami cattolicesimo liberale. San John Henry Newman, quel grande oppositore del liberalismo nella religione, approverebbe la tua battaglia contro il cattolicesimo beige. I tuoi numerosi video didattici mostrano chiaramente che comprendi il ruolo importante della Bellezza nella fede cattolica. Ovviamente sei un uomo di vera fede che ama la Chiesa”.

“Penso – prosegue Cipolla – che tu ti vedi come una via media tra cattolici conservatori e liberali. Ma devo avvertirti di non sposare alcuna via media, poiché lo stesso cardinale Newman ti metterebbe in guardia dalla sua esperienza con questo modo di pensare. Il problema non è il tuo matrimonio con un vigoroso cattolicesimo evangelico. Il problema è non solo che sei un figlio delle conseguenze del Concilio Vaticano II, ma anche e soprattutto che sei un prodotto del mondo novus ordo. La tua comprensione della liturgia, “il vertice verso cui è diretta l’attività della Chiesa”, si basa su una forma della Messa che è una rottura radicale con la Tradizione, un prodotto degli anni Sessanta, una forma che ha rilevanza solo per le due generazioni del post-Concilio. Sicuramente una delle ragioni del rapido calo della frequenza regolare alla Messa – in alcune diocesi meno del 15% – è che per tanti giovani uomini e giovani donne la Messa novus ordo non dice nulla rispetto a ciò che cercano spiritualmente. Stanno cercando il pane e il vino del paradiso, non il prodotto di un frullatore che sa di cibo per bambini”.

“Sei troppo giovane – dice padre Cipolla al vescovo Barron – per avere avuto qualche esperienza della Chiesa prima del Concilio Vaticano II. Avevi sei anni quando il Concilio finì. Eri un bambino piccolo quando i continui cambiamenti liturgici scuotevano la Chiesa, e avevi solo undici anni quando fu promulgato il Messale novus ordo di san Paolo VI e fu soppressa la Messa romana tradizionale che aveva almeno 1500 anni. Quel poco che hai sentito sulla Messa tradizionale è stato altamente filtrato da coloro che hanno accolto con favore la soppressione della Messa tradizionale e l’imposizione di una forma liturgica mai vista prima nella Chiesa cattolica. Ricordo abbastanza bene i catechisti che pensavano fosse loro dovere sopprimere ogni riferimento alla Messa tradizionale e alla fede nella Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia e negare che la Messa sia un vero e reale Sacrificio”.

“La tua è la generazione per la quale la liturgia tradizionale è stata cancellata. La cancel culture, di cui tanto si parla oggi, fu anticipata anni fa nell’immediato periodo postconciliare riguardo alla vita liturgica della Chiesa. Ma la cancellazione non può funzionare in una Chiesa collegata all’eternità e all’Eterno Dio. La scoperta della Messa romana tradizionale è stata un’esperienza spirituale sconvolgente nella mia vita di sacerdote: ha portato molti buoni frutti nel mio ministero e mi ha riempito di una gioia che nulla può togliere. I tanti seminaristi e giovani sacerdoti che sono attratti dalla Messa tradizionale sono fortunati in quanto appartengono a una generazione per la quale la Messa tradizionale non è stata annullata dall’autorità. Questi uomini, e anche molte donne, sia religiose che laiche, hanno trovato una perla di grande valore e questo li rende molto felici, spiritualmente felici”.

I più anziani, scrive poi padre Richard, hanno vissuto il crollo dell’educazione religiosa, degli ordini religiosi, del sacerdozio. La corruzione sessuale nel clero è stata solo una conferma: qualcosa è andato terribilmente storto negli anni successivi al Concilio Vaticano II.

L’evangelizzazione è la questione centrale, “ma, come sapeva papa Benedetto XVI, non puoi evangelizzare il mondo con una Messa novus ordo le cui radici e le cui motivazioni sono rinchiuse negli anni Sessanta del secolo scorso”.

“Io non sono – conclude padre Richard – un tradizionalista radicale. Sono un uomo felice che ama la Chiesa cattolica e il suo Signore e Salvatore Gesù Cristo. Mi rallegro che così tanti giovani seminaristi e sacerdoti scoprano da soli la bellezza e la profondità della Messa romana tradizionale. Mi rallegro che così tante famiglie cattoliche abbiano scoperto che cosa significhi il culto di Dio mentre lo sperimentano nella Messa romana tradizionale. Queste persone sono veramente evangeliche. Non assumono l’atteggiamento di quelli che dicono “abbiamo trovato ciò che ci piace e ciò che ci si addice e il resto della Chiesa può andare all’inferno”. Nient’affatto. Sono gioiosi e accoglienti e sono evangelici nel vero senso della parola”.

La conclusione di padre Richard è tutta da leggere. Scrive che andare a una tipica Messa parrocchiale cattolica, la domenica, molto probabilmente significa non trovare riverenza, umiltà e timore di Dio. Lì molto probabilmente vedrai un uomo, in piedi davanti a un tavolo, che sostiene di parlare a Dio mentre, chissà perché, sta di fronte alle persone a cui non sta parlando. Trovi un laico o una laica che fanno letture che spesso significano molto poco per chi ascolta. Ascolti musica tristemente mediocre e sentimentale che non può ispirare riverenza e soggezione. Ascolti una predica che consiste in battute per convincere la gente che ciò che viene detto non è serio.

“Monsignor Barron, penso che dovresti scrivere di meno e parlare di meno, uscire di più e incontrare persone. E per incontrare persone non intendo condurre conferenze e tenere discorsi importanti. Intendo ascoltare non solo i tuoi fan ma tutti gli uomini e le donne, di ogni condizione, e spero che ti avventurerai anche a sederti in coro in una parrocchia della tua diocesi che offra la Messa romana tradizionale”. Ma per fare ciò occorre mettere finalmente da parte, conclude padre Richard, i pregiudizi che risalgono alla metà del secolo scorso.

“Il grande vantaggio della Messa tradizionale romana è che puoi rilassarti. Non devi salire sul palco. Non devi tenere una predica brillante. Non devi rendere la Messa rilevante per i fedeli. Devi solo essere disposto a giocare nei campi del Signore”.

A.M.V.

Fonti: rorate-caeli.blogspot.com, wordonfire.org

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