Il papa e l’equivoco (voluto?) sulle “religioni abramitiche”

di Luis Sergio Solimeo

Durante il suo viaggio in Iraq (5-8 marzo), papa Francesco ha ripetuto più di una volta che Abramo è alla radice del Giudaismo, del Cristianesimo e dell’Islam.

Al suo arrivo, ha detto alle autorità civili che stava arrivando in quella terra “legata, attraverso il Patriarca Abramo e numerosi profeti…alle grandi tradizioni religiose dell’Ebraismo, del Cristianesimo e dell’Islam”[1].

Il Sommo Pontefice ha ribadito l’idea il giorno dopo in un incontro interreligioso presso le rovine di Ur, dichiarando che sarebbe tornato “alla nascita delle nostre religioni. Qui, dove visse Abramo nostro padre”. Nella preghiera dei figli di Abramo con cui ha concluso il suo discorso, ha detto che come “figli e figlie di Abramo appartenenti all’ebraismo, al cristianesimo e all’islam”, ringraziava  Dio “per averci donato come padre comune nella fede Abramo”[2].

Questa concezione nasce da passaggi confusi nei documenti del Vaticano II Lumen gentium (n. 16) e Nostra aetate (n. 3), che fanno credere che l’Ebraismo e l’Islam di oggi abbiano avuto origine dal patriarca Abramo.

Sono testi che mostrano l’influenza dell’orientalista francese padre Louis Massignon (1883-1962) e della sua teoria sulle “religioni abramitiche”, che presumibilmente includono giudaismo, islam e cristianesimo[3].

Abramo e l’Islam

I difensori della non dimostrata teoria secondo cui i musulmani discendono da Abramo affermano che ciò avvenne attraverso Ismaele. Tuttavia, bisogna ricordare che la benedizione del patriarca passò ai suoi discendenti attraverso Isacco e Giacobbe, non attraverso Ismaele, suo figlio con Agar. Di conseguenza, anche se i musulmani discendessero da Ismaele, l’Islam non potrebbe essere definito una “religione abramitica” in senso spirituale.

In effetti, il libro della Genesi ci dice: “Abramo disse a Dio: «Se almeno Ismaele potesse vivere davanti a te!».  E Dio disse: «No, Sara, tua moglie, ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco. Io stabilirò la mia alleanza con lui come alleanza perenne, per essere il Dio suo e della sua discendenza dopo di lui. Anche riguardo a Ismaele io ti ho esaudito: ecco, io lo benedico e lo renderò fecondo e molto, molto numeroso: dodici principi egli genererà e di lui farò una grande nazione.  Ma stabilirò la mia alleanza con Isacco, che Sara ti partorirà a questa data l’anno venturo»” (Gen. 17,18–21).

Sebbene la Rivelazione Divina escluda un legame spirituale tra Abramo e i musulmani, ciò escluderebbe quelli biologici?

Non ci sono prove di tali legami ancestrali. Padre René Dagorn fece uno studio meticoloso delle genealogie arabe prima della comparsa dell’Islam (nel 622 d.C.) e scoprì che i nomi Abramo (Ibrahim), Ismaele e Agar non erano stati mai usati. Se gli arabi discendevano da Ismaele, conclude p. Dagorn, avrebbero conservato il ricordo di quei nomi usandoli per i loro figli[4].

L’islamologo padre Antoine Moussali dimostra inoltre che l’Abramo biblico e quello coranico non hanno nulla in comune. La promessa di Dio ad Abramo della Scrittura si è adempiuta in Gesù Cristo. Il Corano presenta Abramo come il difensore dell’unità di Dio[5].

Un altro islamologo, padre François Jourdan, chiede: “Come può Abramo essere il padre di religioni diverse? … Sotto quale titolo Abramo è padre nella fede? Come può essere padre nelle nostre rispettive fedi, dal momento che sono fedi diverse?”. Egli spiega che è più appropriato definire l’Islam una “religione adamitica” poiché esso considera Adamo il primo profeta monoteista[6].

Abramo e i suoi veri discendenti

Abramo non fu il fondatore di una religione. Dio lo scelse come patriarca di quello che sarebbe diventato il Popolo Eletto, dal quale sarebbe nato il Figlio di Dio secondo la carne. L’alleanza di Dio con Abramo era dovuta alla sua fede, fedeltà e fiducia. Dopo la prova di sacrificare suo figlio Isacco, Dio lo benedisse, promettendogli un’enorme posterità e un grande potere e i suoi discendenti sarebbero stati benedetti grazie a lui (vedere Genesi 18).

Tuttavia, la sola eredità biologica non sarebbe sufficiente a rendere “figli di Abramo”. I suoi discendenti avevano bisogno di partecipare allo spirito di Abramo e alla sua fedeltà alla promessa di Dio. San Giovanni Battista rimproverò i farisei e i sadducei, che si credevano salvati perché discendenti da Abramo, dicendo: “Fate dunque frutti degni di conversione, e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre” (Mt 3, 8-9).

Gesù stesso ammonì i farisei che non era sufficiente essere un discendente di Abramo nella carne. “Gli risposero: «Il nostro padre è Abramo». Rispose Gesù: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo!” (Gv 8, 39).

Spiritualmente, il diavolo era il padre dei farisei, non Abramo, perché il Salvatore continuò dicendo: “Voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro” (Gv 8, 44).

Non avendo riconosciuto il promesso Redentore, gli ebrei smisero di essere “figli di Abramo” in senso spirituale perché rifiutavano lo scopo stesso della promessa data da Dio al patriarca, cioè la venuta del Messia, Nostro Signore Gesù Cristo.

Cristiani, i veri figli di Abramo

San Paolo insegna che quanti credono in Cristo sono i veri figli di Abramo. Scrive ai Galati: “perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse alle genti […] Ora è appunto ad Abramo e alla sua discendenza che furono fatte le promesse. Non dice la Scrittura: ‘e ai tuoi discendenti’, come se si trattasse di molti, ma ‘e alla tua discendenza’, come a uno solo, cioè Cristo (Galati 3,14.16).

Cornelio a Lapide, il grande esegeta, così commenta questo brano: “La promessa dello Spirito. Ai figli di Abramo, cioè a coloro che credono in Cristo, al discendente di Abramo fu promesso lo Spirito Santo per giustificarci e santificarci. Perché quando Dio disse ad Abramo, “te”, fu per la sua discendenza, che è Cristo, che la benedizione fu assegnata”[7].

Dialogo interreligioso e confusione

Invece di difendere l’ortodossia della Fede, rafforzare la fedeltà dei cattolici e ottenere così la conversione degli infedeli, papa Francesco si occupa solo di “dialogare” con questi ultimi. Il risultato è che né gli infedeli si convertono né i cattolici sono confermati nella fede.

La confusione è in costante aumento, e con essa l’apostasia, a causa delle omissioni del Supremo Pastore della Chiesa nel confermare i battezzati nella fede (vedere Lc 22, 32).

Allo stesso modo di Abramo, oggi dobbiamo avere assoluta fiducia in Dio e aspettarci il suo intervento, come quando mandò nell’Antico Testamento l’angelo per impedire l’immolazione di Isacco.

Preghiamo la Madonna della Fiducia, “Mater mea, fiducia mea”, perché ci aiuti in questi tempi terribili.

Note

[1] Viaggio Apostolico in Iraq: Incontro con le Autorità, la Società civile e il Corpo Diplomatico, 5 marzo 2021

[2] “Incontro interreligioso, Piana di Ur, 6 marzo 2021, Discorso Santo Padre e Preghiera dei Figli di Abramo

[3] Vedere Florence Ollivry-Dumairieh, “50 ans après Vatican II: La contribution de Louis Massignon au renouvellement du regard porté par l’Église sur l’islam,” Théologiques 22, no. 1 (2014): 189–217, https://www.erudit.org/fr/revues/theologi/2014-v22-n1-theologi02072/1033101ar.pdf; vedere anche Luiz Sérgio Solimeo, Islam and the Suicide of the West (Spring Grove, Penn.: The American Society for the Defense of Tradition, Family, and Property, 2018).

[4] René Dagorn, La geste d’Ismael d’après l’onommastique et la tradition arabes (Geneva: Librairie Droz, 1981), 377.

[5] Antoine Moussali, C.M., La Croix et le croissant: Le Christianisme face à l’Islam (Versailles: Editions de Paris, 1998), 55.

[6] François Jourdan, C.M.J., Dieu des Chrétiens, Dieu des Musulmans: Des repères pour comprendre (Paris: Éditions de L’Oeuvre, 2008), 42.

[7] II Corinthians and Galatians vol. 8, The Great Commentary of Cornelius A Lapide, tradotto ed edito da  W. F. Cobb (Edimburgo – John Grant, 1908), 275.

Fontetfp.org, traduzione a cura di Fatima Today

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