Dopo “Traditionis custodes” / Cardinale Burke: “Inconcepibile ritenere la Santa Messa Usus Antiquior una fonte di divisione”

Il cardinale Raymond Leo Burke ha diffuso una dichiarazione sul motu proprio Traditionis custodes e sulla situazione createsi nella Chiesa in seguito alla sua promulgazione.

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Molti fedeli – laici, ordinati e consacrati – mi hanno espresso la profonda angoscia che ha recato loro il motu proprio Traditionis custodes. Coloro che sono fedeli all’Usus Antiquior [UA], quella che papa Benedetto XVI ha chiamato la Forma straordinaria del Rito romano, sono profondamente avviliti dalla severità della disciplina che il motu proprio impone e offesi dal linguaggio che esso impiega per descrivere loro, i loro atteggiamenti e la loro condotta. Come fedele, che ha anche un intenso legame con l’UA, condivido pienamente i loro sentimenti di profondo dolore.

Come vescovo della Chiesa e come cardinale, in comunione con il Romano Pontefice e dotato di una particolare responsabilità di assisterlo nella sua cura pastorale e nel governo della Chiesa universale, offro le seguenti osservazioni.

  1. In via preliminare, ci si deve chiedere perché il testo latino o ufficiale del motu proprio non sia stato ancora pubblicato. Per quanto ne so, la Santa Sede ha promulgato il testo nelle versioni italiana e inglese e, successivamente, nelle traduzioni tedesca e spagnola. Poiché la versione inglese si chiama traduzione, si deve presumere che il testo originale sia in italiano. In tal caso, vi sono traduzioni di testi significativi nella versione inglese non coerenti con la versione italiana. Nell’articolo 1, l’importante aggettivo italiano “unica” è tradotto in inglese come “unique“, invece di “only“. Nell’articolo 4, l’importante verbo italiano “devono” è tradotto in inglese come “should“, invece di “must“.
  1. Innanzitutto, è importante stabilire, in questa e nelle due seguenti osservazioni (nn. 3 e 4), l’essenza di quanto contiene il Motu Proprio. Dalla severità del documento emerge che papa Francesco ha emesso il Motu Proprio per affrontare quello che percepisce come un grave male che minaccia l’unità della Chiesa, ovvero l’UA. Secondo il Santo Padre, coloro che adorano secondo questo uso compiono una scelta che rifiuta «la Chiesa e le sue istituzioni in nome di quella che viene chiamata la ‘vera Chiesa’», una scelta che «contraddice la comunione e alimenta la tendenza divisiva… contro la quale l’apostolo Paolo reagì così vigorosamente”.
  2. Chiaramente, Papa Francesco considera il male così grande che è intervenuto immediatamente, non informando preventivamente i Vescovi e nemmeno prevedendo la consueta vacatio legis, il periodo di tempo che intercorre tra la promulgazione di una legge e la sua entrata in vigore. La vacatio legis offre ai fedeli e soprattutto ai Vescovi il tempo per studiare la nuova normativa riguardante il culto di Dio, l’aspetto più importante della loro vita nella Chiesa, in vista della sua attuazione. La normativa, infatti, contiene molti elementi che richiedono uno studio per quanto riguarda la sua applicazione.
  3. Inoltre, la normativa pone delle restrizioni all’UA, che ne segnalano la definitiva eliminazione, ad esempio il divieto dell’uso di una chiesa parrocchiale per il culto secondo l’UA e l’istituzione di determinati giorni per tale culto. Nella sua Lettera ai Vescovi del mondo, Papa Francesco indica due principi che devono guidare i Vescovi nell’attuazione del Motu Proprio. Il primo principio è “provvedere al bene di coloro che sono radicati nella precedente forma di celebrazione e hanno bisogno di ritornare a tempo debito al Rito Romano promulgato dai Santi Paolo VI e Giovanni Paolo II”. Il secondo principio è «interrompere l’erezione di nuove parrocchie personali legate più al desiderio e alla volontà dei singoli sacerdoti che al bisogno reale del ‘popolo santo di Dio’».
  4. Apparentemente, la legislazione è diretta alla correzione di un’aberrazione imputabile principalmente al “desiderio e alla volontà” di alcuni sacerdoti. Al riguardo, devo osservare, soprattutto alla luce del mio servizio di Vescovo diocesano, che non sono stati i sacerdoti che, per loro desiderio, hanno esortato i fedeli a richiedere la Forma Straordinaria. Sarò, infatti, sempre profondamente grato ai tanti sacerdoti che, nonostante i loro già gravosi impegni, hanno generosamente servito i fedeli che legittimamente chiedevano l’UA. I due principi non possono fare a meno di comunicare ai fedeli devoti che hanno un profondo apprezzamento e attaccamento all’incontro con Cristo attraverso la Forma Straordinaria del Rito Romano, che soffrono di un’aberrazione che può essere tollerata per un certo tempo ma che alla fine deve essere sradicata.
  5. Da dove viene l’azione severa e rivoluzionaria del Santo Padre? Il Motu Proprio e la Lettera indicano due fonti: la prima, «la volontà espressa dall’episcopato» mediante «una minuziosa consultazione dei vescovi» condotta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2020, e la seconda, «il parere del la Congregazione per la Dottrina della Fede”. Riguardo alle risposte alla “consultazione dettagliata” o “questionario” inviato ai Vescovi, Papa Francesco scrive ai Vescovi: “Le risposte rivelano una situazione che mi preoccupa e mi rattrista, e mi persuade della necessità di intervenire”.
  6. Riguardo alle fonti, è da ritenere che la situazione che preoccupa e rattrista il Romano Pontefice esista in genere nella Chiesa o solo in certi luoghi? Data l’importanza attribuita alla “consultazione dettagliata” o “questionario”, e la gravità della materia trattata, sembrerebbe indispensabile che i risultati della consultazione venissero resi pubblici, insieme all’indicazione del suo carattere scientifico. Allo stesso modo, se la Congregazione per la Dottrina della Fede fosse dell’opinione che un provvedimento così rivoluzionario debba essere preso, avrebbe preparato un’Istruzione o un documento simile per affrontarlo.
  7. La Congregazione gode della competenza e della lunga esperienza di alcuni funzionari – in servizio prima nella Pontificia Commissione Ecclesia Dei e poi nella Quarta Sezione della Congregazione – che sono stati incaricati di trattare questioni riguardanti l’UA. C’è da chiedersi se il “parere della Congregazione per la Dottrina della Fede” rifletta la consultazione dei più grandi conoscitori dei fedeli devoti all’UA.
  8. Riguardo al grave male percepito costituito dall’UA, ho una vasta esperienza in molti anni e in molti luoghi diversi con i fedeli che adorano regolarmente Dio secondo l’UA. In tutta onestà, devo dire che questi fedeli in nessun modo rifiutano “la Chiesa e le sue istituzioni in nome di quella che viene chiamata la ‘vera Chiesa’”. Né li ho trovati fuori dalla comunione con la Chiesa o che dividono la Chiesa. Al contrario, amano il Romano Pontefice, i loro Vescovi e sacerdoti, e, quando altri hanno fatto la scelta dello scisma, hanno voluto rimanere sempre in piena comunione con la Chiesa, fedeli al Romano Pontefice, spesso a costo di grande sofferenza. Non si attribuiscono in alcun modo un’ideologia scismatica o sedevacantista.
  9. La Lettera che accompagna il Motu Proprio afferma che l’UA è stata autorizzata da Papa San Giovanni Paolo II e poi regolamentata da Papa Benedetto XVI con “il desiderio di favorire la guarigione dello scisma con il movimento di mons. Lefebvre.” Il movimento è la Fraternità San Pio X. Mentre entrambi i Romani Pontefici desideravano la guarigione dello scisma in questione, come tutti i buoni cattolici, desideravano anche mantenere in permanenza l’UA per coloro che erano rimasti nella piena comunione della Chiesa e non divennero scismatici. Papa San Giovanni Paolo II ha mostrato carità pastorale, in vari modi importanti, ai fedeli cattolici attaccati all’UA, ad esempio concedendo l’indulto per l’UA ma anche istituendo la Fraternità Sacerdotale di San Pietro, una società di vita apostolica per sacerdoti attaccati l’UA. Nel libro Ultime conversazioni con le sue stesse parole Papa Benedetto XVI ha risposto all’affermazione secondo cui “La riautorizzazione della Messa tridentina è spesso interpretata principalmente come una concessione alla Fraternità San Pio X”, con queste parole chiare e forti: “Questo è assolutamente falso! Per me era importante che la Chiesa fosse una con se stessa interiormente, con il proprio passato; che ciò che prima era santo per lei non è in qualche modo sbagliato ora” (pp. 201-202). Infatti, molti che attualmente desiderano adorare secondo l’UA non hanno esperienza e forse non conoscono la storia e la situazione attuale della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Sono semplicemente attratti dalla santità dell’UA. ”
  10. Sì, ci sono individui e anche alcuni gruppi che sposano posizioni radicali, anche come avviene in altri settori della vita ecclesiale, ma non sono in alcun modo caratteristici del numero sempre maggiore e sempre crescente di fedeli che desiderano adorare Dio secondo l’UA. La Sacra Liturgia non è una questione di cosiddetta “politica della Chiesa”, ma l’incontro più pieno e perfetto con Cristo per noi in questo mondo. I fedeli in questione, tra cui numerosi giovani adulti e giovani sposi con figli, incontrano Cristo, attraverso l’UA, che li avvicina sempre più a sé mediante la riforma della loro vita e la cooperazione con la grazia divina che scaturisce dal Suo glorioso Cuore trafitto nei loro cuori. Non hanno bisogno di esprimere un giudizio su coloro che adorano Dio secondo l’Usus Recentior (l’Uso Più Recente, ciò che Papa Benedetto XVI ha chiamato la Forma Ordinaria del Rito Romano) [UR], promulgato per la prima volta da Papa San Paolo VI. Come un sacerdote, membro di un istituto di vita consacrata, che serve questi fedeli, mi ha detto: mi confesso regolarmente a un sacerdote, secondo l’UR, e partecipo, in occasioni speciali, alla Santa Messa secondo l’UR. Ha concluso: perché qualcuno dovrebbe accusarmi di non accettarne la validità? in occasioni speciali, nella Santa Messa secondo l’UR.
  11. Qualora vi siano atteggiamenti o prassi contrari alla sana dottrina e disciplina della Chiesa, la giustizia esige che siano affrontate individualmente dai Pastori della Chiesa, dal Romano Pontefice e dai Vescovi in ​​comunione con lui. La giustizia è la condizione minima e insostituibile della carità. La carità pastorale non può essere servita, se non si osservano le esigenze della giustizia.
  12. Uno spirito scismatico o uno scisma effettivo sono sempre gravemente malvagi, ma non c’è nulla nell’UA che favorisca lo scisma. Per chi di noi ha conosciuto l’UA in passato, come me, si tratta di un atto di culto segnato da una bontà, verità e bellezza secolari. Conoscevo la sua attrazione dalla mia infanzia e in effetti ci sono diventato molto affezionato. Avendo avuto il privilegio di assistere il sacerdote alla messa sin dall’età di dieci anni, posso testimoniare che l’UA è stata una delle principali fonti di ispirazione della mia vocazione sacerdotale. Per coloro che sono venuti all’UA per la prima volta, la sua ricca bellezza, soprattutto perché manifesta l’azione di Cristo rinnovando sacramentalmente il Suo Sacrificio sul Calvario attraverso il sacerdote che agisce nella Sua persona, li ha avvicinati a Cristo. Conosco molti fedeli per i quali l’esperienza del Culto Divino secondo l’UA ha fortemente ispirato la loro conversione alla Fede o la ricerca della Piena Comunione con la Chiesa cattolica. Inoltre, numerosi sacerdoti che sono tornati alla celebrazione dell’UA o che l’hanno imparata per la prima volta mi hanno detto quanto profondamente abbia arricchito la loro spiritualità sacerdotale. Per non parlare dei santi lungo tutti i secoli cristiani per i quali l’UA è stato nutrimento di una pratica eroica delle virtù. Alcuni hanno dato la vita per difendere l’offerta di questa stessa forma di culto divino.
  13. Per me e per altri che hanno ricevuto tante grazie potenti attraverso la partecipazione alla Sacra Liturgia secondo l’UA, è inconcepibile che essa possa ora essere vista come qualcosa di dannoso per l’unità della Chiesa e per la sua stessa vita. Al riguardo, è difficile comprendere il significato dell’articolo 1 del Motu Proprio: “I libri liturgici promulgati da san Paolo VI e da san Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, sono gli unici (unica, nella versione italiana che pare sia il testo originale) espressione della lex orandi di rito romano”. L’UA è una forma vivente del Rito Romano e non ha mai cessato di esserlo. Fin dalla promulgazione del Messale di Papa Paolo VI, riconoscendo la grande differenza tra l’UR e l’UA, la celebrazione continua dei Sacramenti, secondo l’UA, era consentita per alcuni conventi e monasteri e anche per alcuni individui e gruppi. Papa Benedetto XVI, nella Lettera ai Vescovi del mondo, accompagnata dal Motu Proprio Summorum pontificum, ha chiarito che il Messale Romano in uso prima del Messale di Papa Paolo VI, “non è mai stato giuridicamente abrogato e, di conseguenza, in linea di principio , è sempre stato consentito”.
  14. Il Romano Pontefice può giuridicamente abrogare l’UA? La pienezza del potere (plenitudo potestatis) del Romano Pontefice è il potere necessario per difendere e promuovere la dottrina e la disciplina della Chiesa. Non è “potere assoluto” che includa il potere di cambiare la dottrina o di sradicare una disciplina liturgica che è viva nella Chiesa dai tempi di papa Gregorio Magno e anche da prima. La corretta interpretazione dell’articolo 1 non può essere la negazione che l’UA sia un’espressione sempre vitale della “lex orandi del rito romano”. Nostro Signore che ha dato il meraviglioso dono dell’UA non permetterà che essovenga sradicato dalla vita della Chiesa.
  15. Va ricordato che, dal punto di vista teologico, ogni valida celebrazione di un sacramento, per il fatto stesso di essere un sacramento, è anche, al di là di ogni legislazione ecclesiastica, un atto di culto e, quindi, anche un professione di fede. In tal senso, non è possibile escludere il Messale Romano, secondo l’UA, come valida espressione della lex orandi e, quindi, della lex credendi della Chiesa. Si tratta di una realtà oggettiva della grazia divina che non può essere cambiata con un semplice atto di volontà anche della più alta autorità ecclesiastica.
  16. Papa Francesco afferma nella sua Lettera ai Vescovi: “Rispondendo alle vostre richieste, prendo la ferma decisione di abrogare tutte le norme, istruzioni, permessi e consuetudini che precedono il presente Motu proprio, e dichiaro che i libri liturgici promulgati dal i santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, costituiscono l’unica [unica] espressione della lex orandi del Rito Romano”. L’abrogazione totale in questione, nella giustizia, richiede che ogni singola norma, istruzione, permesso e consuetudine venga studiata, per verificare se essa “contraddica la comunione e alimenti la tendenza divisiva… contro la quale l’apostolo Paolo reagì così vigorosamente”.
  17. Qui è necessario osservare che la riforma della Sacra Liturgia operata da papa san Pio V, secondo le indicazioni del Concilio di Trento, fu ben diversa da quanto avvenne dopo il Concilio Vaticano II. Papa San Pio V ha sostanzialmente riordinato la forma del Rito Romano come esisteva già da secoli. Allo stesso modo, qualche riordinamento del Rito Romano è stato fatto nei secoli da quel momento dal Romano Pontefice, ma la forma del Rito è rimasta la stessa. Ciò che accadde dopo il Concilio Vaticano II costituì un cambiamento radicale nella forma del Rito Romano, con l’eliminazione di molte delle preghiere, dei gesti rituali significativi, ad esempio le molte genuflessioni e i frequenti baci dell’altare, e altri elementi ricchi dell’espressione della realtà trascendente – l’unione del cielo con la terra – che è la Sacra Liturgia. Papa Paolo VI ha già lamentato la situazione in modo particolarmente drammatico con l’omelia che ha pronunciato nella festa dei Santi Pietro e Paolo nel 1972. Papa San Giovanni Paolo II ha lavorato durante tutto il suo pontificato e, in particolare, durante i suoi ultimi anni, per affrontare gravi abusi liturgici. Sia i Romani Pontefici, sia il Papa Benedetto XVI si sforzarono di conformare la riforma liturgica all’attuale insegnamento del Concilio Vaticano II, poiché i fautori e gli agenti dell’abuso invocavano lo “spirito del Concilio Vaticano II” per giustificarsi.
  18. L’articolo 6 del Motu Proprio trasferisce la competenza degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica dedicati all’UA alla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. L’osservanza dell’UA appartiene al cuore stesso del carisma di questi istituti e società. Mentre la Congregazione è competente per le risposte alle domande riguardanti il ​​diritto canonico per tali istituti e società, non ha competenza circa l’alterazione del loro carisma e delle loro costituzioni, al fine di accelerare l’apparentemente desiderata eliminazione dell’UA nella Chiesa.

Ci sono molte altre osservazioni da fare, ma queste sembrano essere le più importanti. Auspico che possano essere di aiuto a tutti i fedeli e, in particolare, ai fedeli che adorano secondo l’UA, rispondendo al Motu Proprio Traditionis custodes e alla Lettera ai Vescovi che l’accompagna. La severità di questi documenti genera naturalmente un profondo disagio e persino un senso di confusione e abbandono. Prego che i fedeli non si lascino andare allo scoraggiamento ma, con l’aiuto della grazia divina, perseverino nell’amore per la Chiesa e per i suoi Pastori, e nell’amore per la Sacra Liturgia.

A tal proposito, esorto i fedeli a pregare con fervore per Papa Francesco, i Vescovi ei sacerdoti. Nello stesso tempo, a norma del can. 212, §3, «[a]secondo della conoscenza, competenza e prestigio che possiedono, hanno il diritto e talvolta anche il dovere di manifestare ai sacri Pastori la loro opinione sulle cose che riguardano il bene della Chiesa e di far conoscere la loro opinione al resto dei fedeli cristiani, ferma restando l’integrità della fede e dei costumi, con riverenza verso i loro pastori, e attenti al bene comune e alla dignità delle persone”. Infine, in segno di gratitudine a Nostro Signore per la Sacra Liturgia, il più grande dono di Sé a noi nella Chiesa, continuino a custodire e coltivare l’antico e sempre nuovo Uso più Antico o Forma Straordinaria del Rito Romano.

Raymond Leo Cardinal Burke

Roma, 22 luglio 2021

Festa di Santa Maria Maddalena, Penitente

 

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