“Miserére mei, Deus!”. La nostra preghiera nell’ora della prova. Con un pensiero a Giovannino Guareschi

di Rita Bettaglio

Siamo alle Tempora di settembre: tre giorni di digiuno e penitenza, mercoledì 22, venerdì 24 e sabato 25.

La Chiesa, che è Madre, ci propone il Miserere e questo salmo ognuno di noi lo prega e lo declina non solo riguardo alla propria anima, ma anche alla situazione in cui versa la nostra Italia e il mondo.

Líbera me de sanguínibus, Deus, Deus salútis meæ: * et exsultábit lingua mea iustítiam tuam (Psalmus 50,16). “Liberami dal sangue, Dio, mia salvezza, e la mia lingua esalterà la tua giustizia”.

Quanti stanno soffrendo per il clima di menzogna, di ricatto, per la mancanza di libertà che sta diventando ogni giorno più evidente…

Soffrono i piccoli, legno verde, i bambini che sono stati privati della loro infanzia, che sono stati scandalizzati, in senso evangelico, dalle inumane norme partorite dal satrapo per le scuole.

“Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: ‘Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. Allora cominceranno a dire ai monti: cadete su di noi! E ai colli: copriteci! Perchè se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?” (Lc 23, 26-32).

Soffrono i grandi, i padri e le madri, perché se non cedono al ricatto del siero salvifico, non sapranno cosa dare da mangiare ai loro figli. O, almeno, gli si è fatto credere così.

Gli è stato fatto credere così perché molti, troppi, non sono più capaci di alzare lo sguardo al cielo e accorgersi che gli uccelli del cielo e i gigli del campo non filano, non lavorano, ma il Padre li nutre e li riveste di splendore. Crediamo noi alle parole di Gesù? Crediamo veramente che tutti i capelli del nostro capo sono contati?

“Se voi, dunque, che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!” (Mt 7,11).

Le domandiamo? E, se le domandiamo, siamo disposti a riceverle dalla mano provvidente di Dio?

“Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri” (Gc 4,2-3).

Domandiamoci allora, in questi giorni difficili, se chiediamo a Dio e come chiediamo.

Io sono un’infermiera che, dopo trent’anni di servizio, è stata sospesa dall’ordine professionale e dal servizio per non aver offerto il proprio corpo, tempio dello Spirito Santo, a chi voleva iniettarvi un siero sperimentale che porta con sé molti problemi morali e di sicurezza. Certo, è una prova difficile, specie per chi ha famiglia e bambini piccoli. Molti colleghi stanno seriamente pensando di emigrare, di lasciare l’Italia.

Chissà quali saranno i disegni di Dio…

Intanto ascoltiamo le parole scritte da Giovannino Guareschi nel lager polacco: “La verità non s’insegna; bisogna scoprirla, conquistarla. Pensare, farsi una coscienza. Non cercare uno che pensi per voi, che vi insegni come dovete essere liberi. Qui si vedono gli effetti: dagli effetti risalire alle cause, individuare il male. Strapparsi dalla massa, dal pensiero collettivo, come una pietra dall’acciottolato, ritrovare in se stessi l’individuo, la coscienza personale. Impostare il problema morale” (Diario clandestino, p. 158).

E se lo potevano fare in un lager, pieni di fame e di pidocchi, lo possiamo, lo dobbiamo fare anche noi. Perché non temiamo chi ha il potere di uccidere il corpo, ma chi uccide l’anima.

Sursum corda!

 

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