Monsignor Gaetano Pollio, testimone di Cristo, perseguitato nella Cina comunista

A trent’anni dalla morte, la figura di monsignor Gaetano Pollio giganteggia più che mai, e certo non solo per la sua statura fisica. Verrà perciò celebrato nella diocesi di cui è stato arcivescovo per quattordici anni. San Giovanni Paolo II parlando di lui ebbe a dire che «va ricordato per quella sua fermezza, grazie alla quale non solo propagò la fede di Cristo con libertà e coraggio, ma anche la difese fino ad essere messo in carcere: per nulla si lasciò atterrire da minacce e pericoli». In questa sintesi del Papa santo troviamo tutte le ragioni della sua attualità inattuale.

Fu rinchiuso nelle prigioni di Mao, tiranno comunista sanguinario, che oggi qualcuno vorrebbe rivalutare proponendo a modello il regime criminale che fondò. La sua è una testimonianza dei crimini del comunismo e della sua indole anticristiana.

Ma soprattutto fu missionario instancabile e senza complessi, informato alla Maximum illud di Benedetto XV, che invitava all’apostolato di conversione – perché chi non crede in Cristo è un infedele e rischia la condanna eterna –, e mosso dal fatto che «da questo campo missionario, dove da mane a sera vivo tra pagani, dove vedo tutte le tenebre del paganesimo, non ho che ringraziare Dio per la luce del Vangelo da cui siamo illuminati. […] pregate per tutti questi milioni d’infedeli, che vengano nell’ovile di Cristo dove solo è vita e verità. Noi soffriamo, lavoriamo, moriamo per la conversione di questo immenso popolo: siamo pronti a dare il sangue […], non temiamo le fughe precipitose, i nascondigli, le catene e le fucilate dei briganti o dei bolscevichi, a tutto siamo pronti pur di attirare nella Chiesa Cattolica infedeli e infedeli. […] E così un giorno noi e voi il premio degli apostoli per aver dilatato il Regno Immortale di Cristo Re». Non temette per questo di apparire divisivo, e oggi ci ricorda come sia falso quell’irenismo sul cui altare viene sempre sacrificata la verità, pur di andare d’accordo con tutti, pur di non dispiacere nessuno. E senza rispetto umano di sorta, come quando rinfacciò al «cosiddetto vescovo della chiesa anglicana canadese», la sottoscrizione della riforma che infeudava la sua chiesa al regime, dicendogli «tu hai firmato contro Cristo», e alla di lui risposta «non siamo come voi sacerdoti cattolici: noi abbiamo moglie e figli», replicò, da vero uomo e sacerdote cattolico, «per amore di Cristo, bisogna rinunciare alla moglie e ai figli».

La Chiesa di Cristo ha bisogno di pastori di tale sostanza e coraggio, e in questo auspicio il prossimo 12 novembre, alla presenza dell’arcivescovo, si svolgerà nel seminario diocesano a Pontecagnano un convegno sulla sua figura.

Presiede S.E. monsignor Andrea Bellandi, arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno.

Modera Giovanni Formicola, Comunità Opzione Benedetto

Intervengono: don Biagio Napoletano, ordinato da monsignor Pollio; don Francesco Saverio Casa, curatore del libro Diario del viaggio dall’Italia alla Cina; Marco Di Matteo, Associazione Veritatis Splendor.

Venerdì 12 novembre 2021, ore 18:30
Seminario Metropolitano Giovanni Paolo II

Via Pompei, 122 – Pontecagnano Faiano (SA)

 

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