New Age, religione cosmica, Gesù galattico e quel filone gesuitico

di Francesco Lamendola

Da quando William Raymond Drake, un discepolo inglese di Charles Fort, ha pubblicato il primo dei suoi libri di argomento extraterrestre, dal titolo eloquente di Gods or Spacemen? (1964), seguito da altri ancor più fortunati, in senso commerciale, dello svizzero Erich von Däniken, a partire da Gli extraterrestri torneranno (1968), il pubblico si è familiarizzato con l‘idea di una possibile spiegazione extraterrestre dell’evoluzione umana e perciò, di riflesso, di una possibile interpretazione del fatto religioso in chiave aliena, in quanto gli uomini non sarebbero che il prodotto di un’operazione d’ingegneria genetica operata su di loro dai visitatori dello spazio,  e gli dèi adorati dagli uomini altro non sarebbero che le creature provenienti da altri mondi, ossia i loro “creatori”, trasfigurati dal ricordo e ben presto da essi mitizzati a causa della loro mentalità mitica e pre-scientifica.

È facile vedere come ciò abbia aperto la porta sia ad una nuova pseudoscienza, o meglio ad una serie di pseudoscienze, dalla paleo-astronautica alla cosiddetta archeologia misteriosa, sia a una serie di pseudo religioni, imperniate sul concetto che Dio e i suoi Angeli sono degli esseri fisicamente esistenti, o esistiti, su altri pianeti, i quali si sono fatti adorare dagli umani dopo aver trasmesso loro una serie di conoscenze cui, da soli, non sarebbero mai arrivati o sarebbero giunti nel corso di un’evoluzione intellettuale e tecnologica assai più lunga. Queste ipotesi sono state riprese ai nostri giorni da Mauro Biglino, che ha dato loro una seconda giovinezza; ma negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso erano ancora, relativamente parlando, una novità. Sono nati perfino dei gruppi parareligiosi, come il movimento raeliano, basati sulla credenza che degli extraterrestri assai evoluti, gli elohim dei quali parla la Bibbia, avrebbero creato l’uomo mediante l’ingegneria genetica, e che raggiungere l’immortalità è possibile grazie a una combinazione di clonazione e una tecnica di trasferimento della mente. Quasi inutile dire che il fondatore del movimento, il francese Claude Vorillon, che in seguito ha assunto il nome di Raël, sostiene di essere stato prescelto dagli alieni per farsi banditore delle nuove verità e che gli hanno fatto fare un viaggio a bordo delle loro astronavi, come ha scritto con la massima disinvoltura nel libro Gli extraterrestri mi hanno portato sul loro pianeta (1975).

Bisogna dire che in quegli anni era abbastanza frequente che qualcuno sostenesse di essere stato personalmente contatto dagli extraterrestri, le cui apparizioni somigliavano, almeno in parte, a quelle tradizionalmente associate alla sfera religiosa, anche se non sempre pretendeva di fondare un nuovo movimento religioso come Vorillon, salvo presentarsi comunque come un profeta della New Age. In tale prospettiva, il preteso (e promesso) “ritorno” degli alieni, da collocarsi in un futuro più o meno vicino, diveniva l’equivalente del ritorno del Signore per il Giudizio Finale, spogliato, però, dei tratti solenni e per certi aspetti inquietanti che ha nella religione cristiana (almeno dal punto di vista dei peccatori) e reso grazioso e simpatico da una vaga connotazione hippy, o se si preferisce russoviana, secondo la quale la bontà della natura umana, assistita e indirizzata dalla bontà delle sagge ed evolute creature aliene, avrebbero consentito d’instaurare una sorta di paradiso in terra, ovvero l’era dell’Acquario, caratterizzata da benevolenza, pace e rispetto per l’equilibrio ecologico del pianeta. Fra tutti possiamo ricordare l’americano George Adamski, coi suoi libri Gli extraterrestri sono atterratiA bordo dei dischi volanti e I dischi volanti torneranno; l’italiano Eugenio Siragusa, che ha avuto un discepolo, Giorgio Bongiovanni, che poi ha rotto col maestro ed è tuttora attivo e operante nella galassia New Age, peraltro rivendicando una certa continuità col messaggio cristiano (ed esibendo perfino delle pretese stimmate), lo svizzero Eduard Albert Meyer, che sostiene anch’egli di essere stato contattato da creature aliene, e anzi di essersi innamorato di un’affascinante ragazza extraterrestre.

Sul versante cristiano, ci sono stati tentativi d’interpretare l’asserita presenza aliena come un tentativo di suggestionare gli umani servendosi del loro repertorio simbolico e iconografico, evidentemente da parte di alieni male intenzionati che intendono sfruttare la credulità degli umani per poterli manipolare e infine sottomettere (vedi i nostri articoli: Dèi o alieni? Lo strano caso di Salvador Freixedo e La religione viene da Dio o dal diavolo?, pubblicati sul sito dell’Accademia Nuova Italia; oppure, lasciando da parte gli alieni ma tenendo fermo il concetto di una manipolazione genetica operata da Dio per mezzo della “materia prima” di un antenato non umano, idea divulgata da un sacerdote chiaramente in buona fede, il quale asseriva di aver avuto tale rivelazione grazie ad una serie di apparizioni soprannaturali (cfr. il nostro articolo: La Genesi biblica secondo don Guido Bortoluzzi, sempre sull’Accademia Nuova Italia).

Ma è naturalmente il misterioso Libro di Enoch, non incluso nel canone biblico dalla Chiesa cattolica (bensì dalla Chiesa copta) e che tuttavia non si può considerare alla stregua di un semplice apocrifo, dato che è stato tenuto in gran conto dalla Chiesa cristiana dei primi secoli ed è anzi citato nel Nuovo Testamento, precisamente nella Lettera di Giuda (1,14), a fornire il materiale più abbondante per chi voglia istituire un collegamento diretto fra la Rivelazione cristiana e le pretese rivelazioni delle creature extraterrestri che sono fiorite nel corso degli ultimi sessant’anni. Un posto speciale merita, nella costruzione di un siffatto e assai improbabile “ponte”, l’americano James J. Hurtak, classe 1940, dottore honoris causa (?) in Antropologia, autore di alcuni libri sensazionali e fondatore niente meno che di un’Accademia per la Scienza Futura, la quale, dietro compenso, fornisce appunto la chiave per l’autentica comprensione del Libro di Enoch che, naturalmente, dischiude all’umanità il roseo orizzonte di una poderosa e benefica evoluzione spirituale, tale da farla entrare trionfalmente nell’era della Luce.

Scrive il saggista Giordano Berti in Enoch l’entronauta, (Milano, Armenia, 2000, pp. 221-22; 223-24; 227-28):

«A partire dal 1977 negli ambienti New Age circola con crescente successo Il libro della conoscenza: le chiavi di Enoch, un’opera scritta da James J. Hurtak in seguito a un’esperienza di bilocazione avuta tra l’1 e il 2 gennaio del 1973. Questo libro spiega come la razza umana sia connessa con una struttura evolutiva superiore, un’intelligenza universale avanzatissima con la quale chiunque può mettersi in contatto, seguendo i corsi a pagamento divulgato dalla Academy for Future Sciences, che ha la propria sede a Los Gatos, California. Purtroppo non sono riuscito a ottenere informazioni biografiche su Hurtak, ma dall’analisi del suo libro ho potuto constatare la sua gigantesca cultura religiosa, che spazia in tutte le tradizioni del mondo ma è legata in particolare al giudeo-cristianesimo e alla sua corrente esoterica, la cabbala, della quale Hurtak mostra una conoscenza profondissima. Ma prima di entrare nel merito delle dottrine evolutive di Hurtak leggiamo il racconto della sua visione.

Mentre ero in preghiera e invocavo il Nome del Padre, chiedendogli di conoscere il significato della vita e per quale ragione io venni chiamato al mondo, la mia stanza improvvisamente si riempì di un differente tipo di luce. E in presenza di questa “Luce” un grande essere si presentò dinanzi a me e annunciò che egli era il Maestro Ofanim Enoch. Questo essere era dotato di Amore e Luce, e io mi sentivo come se fossi stato un figlio alla presenza del suo divino Maestro Ofanim.

Egli mi domandò se fossi stato pronto a seguirlo nel mezzo del Padre, e io dissi che lo ero. Così, un grande campo di luce venne posto attorno al mio corpo e io raggiunsi velocemente i cieli; prima in una regione di stelle chiamata Merak e Muscida. Mentre ero in quella regione dei cieli fui informato riguardo alla terra e alla mia dimora temporale sulla terra. (…)

Vidi come i Misteri del Regno del Padre permettono a infinite miriadi di creazioni di procedere fuori dall’Amore inesprimibile del Padre collegando tutte le modalità della creazione con la Strada infinita. Così, molti Misteri del Regno del Padre mi vennero rivelati, compresa la natura dell’Ufficio del Cristo, la storia delle Fratellanze sopra questo pianeta, la ragione per cui gli insegnamenti di YHWH sono codificati in un linguaggio di Luce, gli ordini e i domini dei Concili galattici, il ritorno del Messia e l’innesto del Cristo visto oltre il limite di Alfa e Omega» (J. Hurtak, The Keys of Enoch, p. ix).

Dopo avere osservato numerose altre scene stupefacenti, Hurtak venne invitato a scriver su una pergamena tutto ciò che, uscito dal rotolo di luce fiammeggiante, si era fissato nella sua mente. Vennero rivelate in questo modo le “64 chiavi di Enoch”, che spiegano i sette sigilli dell’”Apocalisse di Giovanni” e tutti i misteri delle scienze fisiche e astrofisiche, riunendole in un’unica rivelazione “nel Nome di Ehyeh Asher Eyheh, Io-Sono-Ciò-Che-Sono, cioè l’appellativo biblico di Dio (Esodo 3:14)”. Stando alle spiegazioni fornite a Hurtak, dallo stesso Enoch, le conoscenze contenute in quel rotolo faranno fare un salto “quantico” alla razza umana conducendola alla Nuova Era, allorché la Luce Vivente dell’Amore stabilirà la sua potenza non solo sulla terra, ma anche su altri pianeti. (…)

Ricapitolando, le “64 chiavi di Enoch” permetterebbero di comprendere tutti gli elementi di un programma di evoluzione individuale, planetaria e universale stabilito da HYWH, il Padre della Creazione. Grazie a esse, l’iniziato si trova a entrare gradualmente all’interno di un “network mentale” dove agiscono vari istruttori, ordinati secondo precise gerarchie una delle quali, la Fratellanza di Enoch, è preposta all’introduzione negli esseri umani dal livello più basso alla prima soglia del “network”, per poi condurli a livelli più elevati di “redenzione”, negli alti circoli galattici sopra i quali domina la figura del Cristo. Sarà proprio il Figlio di Dio a ripristinare nel singolo individuo il corpo adamitico, e a portare l’intero universo a una nuova era di Luce e di Amore.

In sostanza, le dottrine divulgate da Hurtak e dalla sua Accademia della Scienza Futura hanno come obiettivo la costruzione di una “rete universale” di comunità votate a orientare la razza umana in vista dell’apparizione dei Maestri di altri Mondi di Luce. Tutto ciò ha l’aspetto abbastanza evidente di una “religione cosmica” di carattere millenarista, anche se non vengono forniti precisi limiti temporali al progetto di evoluzione universale stabilito dal Padre della Creazione.

È degno di nota, a nostro avviso, che il Cristo per così dire galattico, visto e annunciato da James J. Hurtak, presenti qualche affinità con l’idea del Cristo cosmico divulgata da un altro singolare antropologo, che era anche un gesuita (come Salvador Freixedo: prendiamo buona nota di questa ricorrenza dei gesuiti nella galassia New Age), Teilhard de Chardin, il quale aveva familiarizzato con una tale idea un vasto pubblico, sia di cattolici sia di non cattolici, ma comunque di persone animate da una confusa esigenza di spiritualità, più ampia e inclusiva di quella consentita dalla Chiesa cattolica, almeno fino al Concilio Vaticano II (perché poi il discorso è diverso: si pensi solo all’orrido “presepio” allestito in piazza San Pietro nel Natale del 2020, con tanto di extraterrestre fra i pastori venuti ad adorare il Bambino divino). In fondo, se l’uomo è stato creato per mezzo di una manipolazione genetica, cosa vieta d’immaginare gli autori di una tale sperimentazione non in veste semplicemente di extraterrestri, ma addirittura di dèi? Creare, e creare proprio l’uomo, non è forse una prerogativa divina?

E viceversa, se colui o coloro che hanno “creato” l’uomo erano extraterrestri, come non vedere in essi delle manifestazioni di Dio, e magari di quel Cristo cosmico del quale padre Teilhard de Chardin aveva a suo tempo pontificato e blaterato, ponendosi oggettivamente in una posizione non tanto dissimile da quella dei fantasiosi personaggi che andavano proclamando il prossimo avvento dell’Era dell’Acquario? Basta scorrere alcuni titoli delle  innumerevoli pubblicazioni del gesuita francese per farsi un’idea di quanto la commistione fra i due ambiti divenisse facile per chi avesse preso sul serio le sue cervellotiche teorie, che fanno a pugni sia con la vera scienza, sia con la vera dottrina cattolica: La vita cosmica e Il Cristo nella materia (1916), La potenza spirituale della materia (1919), Cristologia ed evoluzione (1933), Sulla probabile esistenza, davanti a noi, di un oltre-umano e Riflessioni sull’oltre-umano (1950), Il Dio dell’evoluzione e La riflessione dell’energia (1952). Sono titoli che potrebbero riferirsi a libri di W. R. Temple, Erich von Däniken, Giorgio Bongiovanni e James J. Hurtak, senza scordare Mauro Biglino. In fondo, se chiunque può asserire d’aver visto il Cristo a bordo delle astronavi, perché no?

E leggendo il Vangelo con pari disinvoltura, non ha forse detto Gesù Cristo (Gv 10,34): “Voi siete dèi”?

Fonte: accademianuovaitalia.it

 

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