Sono stato intervistato da “La Verità”

Cari amici di Duc in altum, ieri La Verità ha pubblicato l’intervista che mi è stata fatta da Alessandro Rico. Per chi l’avesse persa…

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Cosa pensa delle indiscrezioni sulla volontà del papa di dimettersi? Sono voci attendibili?

L’uomo è imprevedibile e umorale, capace di colpi di scena. Però è bene stare ai fatti. E i fatti dicono che l’anno scorso, dopo il ricovero al Gemelli per l’operazione al colon, nell’intervista alla radio spagnola Cope, Bergoglio disse: «Dimettermi? Non mi è mai passato per la testa». E lo disse in spagnolo, la sua lingua. Dopo la rinuncia di Benedetto XVI, le dimissioni di un papa sono ormai un’eventualità che va presa in considerazione, ma le voci che vado raccogliendo in Vaticano escludono al momento una rinuncia di Bergoglio.

Può essere, come sostengono alcuni osservatori, che per Francesco le dimissioni sarebbero un mezzo per influenzare il prossimo conclave, mentre è ancora in vita?

Il conclave lo sta già influenzando con le nomine dei cardinali. Con i ventuno del prossimo concistoro di agosto (sedici gli elettori) il collegio cardinalizio prende un volto ancora più bergogliano. Un collegio composto in gran parte da figure discutibili sotto molti aspetti. Ma è bene ricordare che i cardinali scelti da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI costituiscono ancora il 37 per cento del totale. La situazione è quindi più fluida di come potrebbe apparire. Eventuali dimissioni di Francesco poi determinerebbero la presenza di due papi. E se già è stato difficile gestirne uno, si può immaginare che cosa potrebbe dire averne due.

A proposito delle condizioni di salute del pontefice, egli appare chiaramente fragile, ma alcuni suggeriscono che la situazione sia ben più grave della perdita di funzionalità del ginocchio. Che informazioni ha in proposito?

Ha problemi al ginocchio e all’anca, e ormai usa sempre la sedia a rotelle, ma lui stesso ha detto che governare è questione di testa, non di gambe. La fragilità c’è, è un uomo di ottantacinque anni che solo un anno fa subì un’operazione per la rimozione di una parte del colon. La rinuncia al viaggio in Africa, programmato per luglio, è significativa. Tuttavia non sono problemi che intaccano le facoltà di governo.

Oggi, qual è la «geografia» del conclave? I tradizionalisti hanno un candidato spendibile, o le nomine decise da Francesco sono sufficienti a garantire una successione «progressista»?

Se si guarda l’insieme del collegio cardinalizio viene facile pensare a una soluzione progressista e bergogliana. Ma il pontificato di Bergoglio, in realtà, ha provocato critiche e motivi di stanchezza anche tra coloro che vengono dipinti come fedelissimi della linea di Francesco. Un recente documento circolato tra i cardinali, firmato con lo pseudonimo Demos, ha tracciato un quadro impietoso della situazione della Chiesa e della Santa Sede. In Vaticano nessuno si augura una sorta di Bergoglio bis. Se con soluzione «progressista» si intende una fotocopia del presente pontificato, sembra difficile che si possa verificare.

A proposito di papabili tradizionalisti, è circolato il nome del cardinale ungherese Péter Erdő. Quei voti potrebbero convergere su di lui? E potrebbe godere di un qualche tipo di sostegno trasversale?

Dipenderà dai rapporti di forza che verranno a determinarsi nel Conclave e da chi sarà in grado di acquisire un ruolo da king maker. Erdő è molto stimato e probabilmente i suoi estimatori vanno oltre la cerchia «conservatrice», ma al momento è difficile ipotizzarlo seriamente come un candidato.

Cosa pensa dello scontro tra il cardinale George Pell e Angelo Becciu? Il primo suggerisce che la Segreteria di Stato avrebbe versato ingenti somme di denaro in Australia, probabilmente per alimentare le accuse di abusi che gli costarono quattrocento giorni di ingiusta carcerazione. Dall’altra parte, si ribatte che quei soldi servirono a pagare la difesa di Pell e un dominio Internet gestito da una società, Neustar.

Al di là della vicenda in sé, che ancora attende di essere pienamente chiarita, Pell e Becciu incarnano due anime vaticane. Pell quella del controllo e della trasparenza, Becciu quella di una gestione meno incline – per così dire – ad accettare una supervisione economica e amministrativa. Di qui il contrasto.

La situazione, nelle finanze vaticane, è migliorata? La sensazione è che le riforme avviate da Francesco si sono arenate.

Non è un mistero che la situazione finanziaria da almeno dieci anni è pesante. Non siamo al collasso, ma è evidente che le varie soluzioni adottate, e molto propagandate, hanno fallito. Ma la vera emergenza è morale e dottrinale. La Chiesa non ha una guida che possa chiamarsi propriamente cattolica. La confusione è enorme, la stessa leadership di Bergoglio, sia pure ancora sostenuta dalla stampa mainstream, è in caduta libera.

Che idea si è fatto della proposta del nuovo presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, di realizzare, entro novembre, un report sugli abusi, escludendo però gli episodi meno recenti?

Si tratta di un’operazione d’immagine, di facciata, buona per i titoli sulla stampa che appoggia la «chiesa in uscita». Nulla cambierà veramente senza una conversione dottrinale, morale e spirituale, senza un ritorno autentico al rispetto della legge divina, senza una parola chiara sul fatto che la Chiesa non deve dialogare con il mondo ma dire esplicitamente che cosa è peccato.

In Vaticano, qual è il sentiment a proposito della scelta del papa di spingere per i negoziati con la Russia, anziché promuovere la resistenza ucraina con l’invio di armi?

Credo che con quella dichiarazione sulla Nato «che abbaia alle porte della Russia» Bergoglio si sia solo apparentemente smarcato dalla narrazione dominante. Francesco procede imperterrito nell’asservire la Chiesa agli interessi dei gruppi di potere atlantisti incarnati dalla Nato, dall’Unione europea e dalle lobby che vi stanno dietro. Va detto che l’appello al negoziato è comunque rivelatore della consapevolezza da parte della diplomazia vaticana che l’uso strumentale della crisi ucraina è ormai prossimo al fallimento. Quello di Francesco è più che altro opportunismo, in vista di un possibile riposizionamento.

Questa mossa ha deluso alcuni dei sostenitori progressisti del Papa, che peraltro, proprio in questi giorni, è tornato a tuonare contro l’utero in affitto. Ormai i suoi ammiratori di sinistra lo hanno abbandonato?

Gli ammiratori di sinistra lo sostengono fino a quando fa loro comodo, ma non è una novità. Si comportano sempre così, perché non esaminano la realtà per quella che è, ma per come loro vogliono che sia. Sono strumentalizzatori seriali e abituali, e non fanno certamente eccezione per il papa.

Può tentare di tracciare un bilancio del pontificato dal punto di vista dei temi eticamente sensibili? Francesco è sembrato aderente ai principi del magistero su questioni come l’aborto e l’ideologia gender, mentre ha espresso posizioni più confuse, ad esempio, sulla comunione ai divorziati risposati.

Il bilancio del pontificato è disastroso, specialmente per l’enorme danno di immagine causato alla Chiesa dagli scandali del clero, e ancor più dal maldestro tentativo di insabbiarli o di negarne l’evidenza. La crisi è anzitutto nella gerarchia, che usa l’autorità per imporre «riforme» in contrasto con il magistero, pur di rendersi accetta al mondo. Porzioni sempre più vaste di fedeli non si sentono confermate nella fede. L’adesione del Vaticano alla narrazione dominante sulla «pandemia» è emblematica di una subalternità allo spirito del mondo, che ripugna alla vocazione della Chiesa e la riduce, ben che vada, al livello di una istituzione filantropica umana, privandola della sua missione divina e del ruolo di «segno di contraddizione» che essa ha sempre avuto nella società.

Fonte: La Verità

 

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