No al “realismo politico” che si dice contrario all’aborto ma giustifica la 194

di Massimo Viglione*

Basta leggere, sui social, i commenti dei lettori alle parole di alcuni leader politici o ideologici, tanto dei partiti asserviti a Draghi quanto della resistenza antiglobalista, per capire che, dinanzi alla recrudescenza delle fondamentali e vitali questioni morali sulla persona umana, sulla vita e sulla morte (aborto, eutanasia, gender, post-umanesimo), la via del moderatismo laico e del democristianismo modernista (il “194ttismo” potremmo qui in Italia definirlo per quanto concerne l’aborto, ma anche come concetto generale) porta alla disfatta.

Dai commenti risulta palese il disprezzo che costoro – condannando l’aborto come un male ma difendendo la legge 194 come necessaria tutela delle donne e come “male minore” – riscuotono tanto dai veri difensori della vita e dell’ordine naturale quanto dai cultori della morte e del caos.
“Spiacenti a Dio e a li inimici suoi”.

Dinanzi a questi temi, problemi, a tali scelte vitali, che sono totalmente di principio ma dai quali dipendono la vita e la persona umana, la spaccatura diviene automaticamente irreparabile: o di qua, o di là.

Le posizioni 194ttiste, specie se avallate da sedicenti “cattolici”, spesso anche chierici e magari esponenti di istituzioni ecclesiastiche che dovrebbero difendere la vita e l’ordine naturale, divengono ancora più ributtanti agli occhi degli assertori di una posizione integralmente cattolica, così come non sono gradite, in ambiente laico e ateo, dagli assertori della cultura della morte.

Ma attenzione!

Questo fatto, pur essendo giusto e auspicabile in sé (in quanto non esiste nulla di più diabolico del compromesso morale e politico e della confusione sui valori e sui principi eterni e inviolabili della legge naturale del creato), non comporta affatto una sorta di “mezza via” o “terza via” tra i due estremi. Ovvero: il 194ismo non è affatto equidistante tra la difesa dell’ordine naturale e della vita e l’abortismo, l’eutanasismo e il genderismo.

Il 194ismo, modernista, moderato o laicista che sia, è la porta spalancata verso queste ultime posizioni, quelle necrofile e anti e post-umane. Sotto il velo della “moderazione”, della “serietà”, del “realismo politico”, in realtà si è perfettamente funzionali alla cultura della morte e del post-umanesimo, come del resto la storia degli ultimi decenni ci insegna senza tema di errore.

Chi giustifica la legge 194 come un limite al diritto all’aborto delle donne, e quindi come un male minore, perde ogni diritto di opporsi all’eutanasia per le stesse ragioni per le quali accetta la legge 194.
Non solo: perde anche ogni diritto di opporsi all’ideologia gender, perché ha rivendicato l’ideologia dei diritti umani per giustificare il compromesso sull’abortismo, ma quella è la medesima ideologia che rivendicano i genderisti per imporre la loro sovversione antropologica.

Uno dei più stratosferici errori commessi dal clero vatican-secondista è stato l’aver tentato, dagli anni Settanta in poi, di frenare l’abortismo rivendicando il diritto alla vita, però scardinandolo dalla sua vera radice naturale e divina, ovvero il quinto comandamento: “Non uccidere” (meno che mai l’indifeso per antonomasia), che è appunto non un diritto, ma un obbligo, quindi un dovere, da cui scaturisce il diritto personale di vivere.

Il diritto alla vita esiste perché esiste il dovere del rispetto del quinto comandamento (anche il “non uccidere Caino” è sempre un comandamento di Dio, dato fin dagli albori dell’umanità), e nei termini esplicati dal magistero della Chiesa.

Il corpo del bambino nel grembo della madre non è il corpo della madre, è un altro corpo di un altro essere, solo per nove mesi ospitato in quel grembo: sopprimerlo vuol dire uccidere un altro essere. Il più debole per antonomasia, appunto. E chi lo uccide è chi gli ha dato la vita, tramite coloro che dovrebbero deontologicamente salvare le vite. Come può un cattolico (ma non solo il cattolico) giustificare la legge 194 dinanzi a tale evidentissima verità?

Per questa ragione reputiamo i 194isti peggiori degli aperti cultori della dissoluzione, in quanto appunto mascherati e quindi più subdoli e pericolosi, come subdolo e pericoloso è il loro ispiratore quando assume la sua usuale veste animalesca.

Ed è perfettamente logico, quindi, che gli esponenti politici dei partiti proni al globalismo siano per l’appunto “194isti”, Lega e Fratelli d’Italia in primis. Mentre appare veramente patetico il fatto che gli esponenti dei partiti che si dichiarano antiglobalisti su tali questioni vitali siano perfettamente allineati ai partiti draghiani e globalisti. Anzi, al globalismo post e trans-umanista.

Ma “appare” solo, perché è evidente, a chi non è cieco, la medesima radice laicista e anticattolica, e quindi antiumana, che li ispira.

E come si può fare a credere a chi dice di combattere il globalismo quando le proprie posizioni sono le medesime del globalismo, e proprio sulla questione del post-umanesimo?

Il Comitato Liberi in Veritate e la Confederazione dei Triarii dichiarano, invece, la loro assoluta e irrefutabile condanna dell’aborto e dell’eutanasia, proprio in obbedienza al quinto comandamento divino, e il loro rifiuto inderogabile dell’ideologia gender, in ossequio all’ordine naturale del creato.
Perché il nostro essere anti-globalisti è globalmente radicale, in tutto e per tutto, senza compromesso alcuno.

Leggete i venticinque punti programmatici e aderite e aiutateci nella lotta contro il nichilismo necrofilo e a favore della persona, della famiglia e dell’ordine naturali. E di tutti gli altri princìpi e le altre questioni indicate nel programma.

*presidente Confederazione dei Triarii, socio fondatore Comitato Liberi in Veritate

 

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