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Sul conferimento del primato all’apostolo Simon Pietro sul lago di Tiberiade

Quando Pietro è diventato papa?  Sulla vicenda storica del papato e del primato petrino, ecco un contributo tutto da leggere.

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di Silvio Brachetta

C’è una piccola precisazione da fare sul primato petrino o, in generale, sull’origine del papato.

Nell’episodio narrato nel Vangelo secondo Matteo (16, 13-20), in cui Gesù, a Cesarea di Filippo, cambia il nome dell’apostolo Simone di Giona (o di Giovanni) in Pietro, non vi è il conferimento diretto del primato petrino, ma soltanto la «promessa» di tale primato. Il conferimento solenne avviene, invece, dopo la Risurrezione di Gesù, sul mare – o sul lago – di Tiberiade (Gv 21, 15-17): «Pasci i miei agnelli», «Pasci le mie pecorelle», ecc…

Tra i due avvenimenti ce n’è un terzo, fondamentale per interpretare il primato petrino secondo la Rivelazione. Durante l’ultima Cena, Gesù si rivolge a Pietro e gli dice: «Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22, 31-34).

Innanzi tutto, Gesù si rivolge a Pietro chiamandolo ancora Simone – e lo chiamerà Simone (di Giovanni) fino a dopo la risurrezione, sul mare di Tiberiade. Ma, più importante ancora, gli dice di confermare i suoi fratelli «una volta ravveduto», non prima. Ravveduto da che? Ad esempio del triplice rinnegamento, che Gesù gli profetizza proprio durante l’ultima Cena. Simon Pietro, cioè, riceve da Gesù una promessa che non è in grado di realizzare fino al ravvedimento, che lo farà passare dalla condizione di «uomo di poca fede» (Mt 14, 31) a principe degli apostoli e della fede.

Nel 1964, Paolo VI parla [qui] del «conferimento del Primato all’Apostolo Pietro» proprio in occasione del mandato di Gesù sul lago di Tiberiade («Pasci i miei agnelli… Pasci le mie pecorelle», cit.). E ne parla proprio durante la cerimonia della posa della prima pietra del costruendo Santuario del Primato di Pietro di El Tabgha, sul lago di Tiberiade.

Giovanni Paolo II, nel 1992, precisa [qui] che «la promessa fatta da Gesù a Simon Pietro, di costituirlo pietra fondamentale della sua Chiesa, ha riscontro nel mandato che il Cristo gli affida dopo la risurrezione: “Pasci i miei agnelli”, “Pasci le mie pecorelle”». E aggiunge: «Vi è un oggettivo rapporto tra il conferimento della missione attestato dal racconto di Giovanni, e la promessa riferita da Matteo [«Tu sei Pietro, ecc…», ndr]. Nel testo di Matteo vi era un annuncio. In quello di Giovanni vi è l’adempimento dell’annuncio».

Del resto Leone XIII aveva già distinto la «promessa» del primato petrino dal «conferimento» nell’enciclica Satis Cognitum, nel 1896 [qui]. E, dunque – scrive Leone XIII –, «Cristo Signore mantiene poi la sua promessa [data a Pietro in Cesarea di Filippo, ndr] dopo la sua risurrezione, quando, avendo per ben tre volte domandato a Pietro se lo amasse», gli conferisce il mandato solenne. Il papa cita, nel merito,  Sant’Ambrogio di Milano: «Il Signore non dubita, perché non interroga per imparare, ma per insegnare, indicandoci colui che egli, prossimo a salire in cielo, ci lasciava per Vicario del suo amore […]. E poiché egli solo fra tutti professa [la sua fede], è a tutti preferito […] affinché il perfettissimo governi i più perfetti».

Il Vicario, dunque, è donato alla Chiesa da Cristo poco prima della sua Ascensione, presso il lago di Tiberiade, perché solo in quell’occasione – e a motivo dell’amore sommo che Pietro aveva nei confronti del Signore – c’è l’evidenza della consegna effettiva di un mandato. È, tuttavia, vero che Simone di Giovanni fu creato Vicario, in promessa, quando Gesù gli disse: «Tu sei Pietro».

 

 

 

Aldo Maria Valli:
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