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10 agosto / San Lorenzo e i tesori della Chiesa

di Aurelio Porfiri

Uno dei santi più vivi nella devozione popolare è certamente san Lorenzo, diacono e martire, festeggiato il 10 agosto. Il giorno della sua festa è anche legato alle stelle cadenti, come ci spiega don Luca Roveda: «La notte dedicata al martirio di san Lorenzo è legata ormai in modo indissolubile al fenomeno delle stelle cadenti, diverse sono le interpretazioni di questo binomio che nasce per motivi ovviamente estranei alle sue vicende agiografiche sebbene si possa azzardare un interessante legame.  Le stelle cadenti rappresentano le lacrime versate dal Santo durante il suo supplizio, lacrime che vagherebbero eternamente nei cieli, e scenderebbero sulla terra solo in questo giorno; oppure ricordano i carboni ardenti su cui il Santo, secondo la leggenda, fu martirizzato (su una graticola, il suo emblema). In ogni caso, la tradizione di questa notte ha creato un’atmosfera ricca di speranza: si crede infatti che si possano avverare i desideri di tutti coloro che si soffermino a ricordare il dolore di san Lorenzo, e il rituale più diffuso prevede che a ogni stella cadente si pronunci l’avvenimento auspicato. Celebre la poesia di Giovanni Pascoli, che interpreta la pioggia di stelle cadenti come lacrime celesti, intitolata appunto, dal giorno dedicato al santo, 10 agosto: “San Lorenzo, io lo so perché tanto / di stelle per l’aria tranquilla / arde e cade, perché si gran pianto / nel concavo cielo sfavilla”». La poesia del Pascoli, da molti di noi studiata a scuola, aggiunge ulteriori elementi alla popolarità di questo santo che visse nel III secolo e secondo alcune fonti fu arcidiacono di papa Sisto II (cioè il primo dei sette diaconi). La Roma di Lorenzo si caratterizzava per una certa crisi dell’impero e per le persecuzioni contro i cristiani. Nell’anno 258 il prefetto imperiale Valeriano gli chiede in consegna i tesori della Chiesa. In quella persecuzione aveva perso la vita già il papa Sisto II che venne decapitato. Lorenzo si affrettò a distribuire i beni ai poveri e poi, indicando una folla di derelitti al prefetto, disse che quelli erano i tesori della Chiesa. La leggenda dice che morì martire bruciato sulla graticola (da qui la frase che avrebbe detto ai suoi carnefici: «Da questa parte sono bruciato, giratemi dall’altro lato», che avrebbe dimostrato un senso dell’umorismo tutto romano). Secondo alcuni storici egli venne invece decapitato e sepolto sulla via Tiburtina, sul luogo in cui Costantino farà poi costruire la basilica a suo nome.

San Leone Magno in una sua omelia su san Lorenzo si rivolge direttamente al suo persecutore: «O persecutore, con le tue sevizie rendesti un gran servizio al martire e facesti più bella la sua vittoria raddoppiando le pene. Che cosa, infatti, tu non escogitasti per accrescere la gloria del vincitore, se anche gli strumenti del supplizio servirono ad abbellire il suo trionfo? Apriamo dunque il cuore, o miei cari, a una grande gioia, e per la fine beata di questo nobilissimo eroe rallegriamoci nel Signore che è davvero mirabile nei suoi santi, perché di essi ha fatto a un tempo i nostri protettori e i nostri modelli. Egli ha voluto esaltare a tal punto il suo nome glorioso in tutto il mondo, che dall’oriente all’occidente, nel fulgore vivissimo della luce irradiata dai più grandi diaconi, la stessa gloria che è venuta a Gerusalemme da Stefano, è toccata anche a Roma per merito di Lorenzo. Mai noi cesseremo di confidare nella potenza della sua preghiera e del suo patrocinio. Potremo così, dato che — come afferma l’Apostolo — tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati, rafforzarci nello spirito di carità e premunirci con una fede ferma e perseverante capace di superare tutte le tentazioni».

Tutti quelli che vogliono vivere pienamente in Cristo saranno perseguitati perché lotteranno contro le tre fonti del peccato: la carne, il mondo e il diavolo. E come afferma padre Chad Alec Ripperger, gli autori spirituali ci suggeriscono di guardare specialmente la carne, che è la porta delle altre due.

Ma che cosa significa che i tesori della Chiesa sono i poveri? Significa che la Chiesa ha il dovere di prendersi cura di loro. Non si tratta di esaltare la povertà e la sofferenza fisica, ma di darle un significato spirituale mentre si cerca di alleviare le sofferenze. Per questo nei secoli la Chiesa ha creato un’enormità di opere assistenziali: non per esaltare la povertà materiale, che è altra cosa dalla povertà in spirito, ma per cercare di alleviarne gli effetti.

Dom Prosper Guéranger ci dimostra anche il legame speciale fra san Lorenzo e Roma: «La tradizione vuole che Roma si sia definitivamente rivolta verso Cristo a partire dal giorno glorioso in cui, prima di spirare, san Lorenzo pregò per essa. L’Offertorio della Vigilia fa eco alla sublime preghiera che il poeta Prudenzio pone sulle labbra del beato martire e che noi ripeteremo in questo giorno: “O Cristo, Verbo unico, splendore, virtù del Padre, creatore della terra e del cielo, tu la cui mano elevò queste mura. Tu che hai posto lo scettro di Roma al vertice delle cose: tu volesti che il mondo si sottomettesse alla toga, per radunare sotto uniche leggi le genti divise per costumi, usanze, lingua, ingegno e sacrifici. Ecco che tutto il genere umano si è raccolto sotto l’impero di Remo; dissensi e discordie si fondono nella sua unità: ricordati del tuo fine, che fu quello di stringere in uno stesso legame sotto l’impero del tuo nome l’immenso universo. O Cristo, per i tuoi Romani, fa’ cristiana la città chiamata da te a ricondurre le altre alla sacra unità. Tutti i suoi membri in tutti i luoghi si uniscono nella tua fede; l’universo domato si fa docile: possa diventarlo anche il suo regale capo! Manda Gabriele, il tuo arcangelo, a guarire l’accecamento dei figli di Iulo, e che essi conoscano quale è il vero Dio. Io vedo venire un principe, un imperatore servo di Dio! Egli non sopporterà più che Roma sia schiava; chiuderà i templi, e li sigillerà con eterne catene”».

Dobbiamo quindi a Lorenzo, secondo Prudenzio, anche la spiegazione del destino eterno di Roma, caput mundi.

 

Aldo Maria Valli:
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