Lettera / Quell’Ostia Santa e le nostre tante profanazioni

di Mario Grifone

Caro Valli,

nella calda e afosa estate del 1263 don Pietro stava ritornando nella natia Praga dopo un faticoso pellegrinaggio a Roma, intrapreso per cercare una risposta alla domanda sul significato del suo ministero sacerdotale. Erano mesi che, ripetendo ogni giorno i medesimi gesti, si domandava se quella storia della transustanziazione fosse poi tutta vera, se effettivamente quella piccola ostia che maneggiava sull’altare si trasformasse veramente nel corpo di Cristo. Dal suo punto di vista non aveva mai notato alcun cambiamento dopo le formule liturgiche, che ormai aveva stampate nella memoria, è vero che, come gli avevano insegnato, gli effetti del pane e del vino rimanevano i medesimi e che era la sostanza a cambiare, ma era pur vero che i sensi non percepivano nulla di tutto questo.

La sera di quel 23 luglio arrivò dunque a Bolsena, dove si fermò per la notte, forse ospitato da un confratello. Il mattino subito dopo all’alba cominciò a prepararsi per celebrare la prima Messa del giorno, era contento di trovarsi presso la grotta di Bolsena dedicata a Santa Cristina, la sua santa preferita, proprio nel giorno della sua ricorrenza.

Entrò nella piccola sagrestia. Il suo maestro gli aveva insegnato che la Messa comincia proprio da lì col primo atto liturgico del lavabo delle mani che dovranno poi toccare i paramenti e soprattutto il corpo di Cristo. Lavate quindi le mani, indossata la veste, annodato l’amitto, baciata la stola, stretto il cingolo e infilata la pianeta, eccolo entrare nella chiesetta e, dopo aver baciato l’altare, iniziare la celebrazione. Anche quel giorno, come abitualmente faceva, elencava tra sé e sé i singoli atti liturgici a partire da quelli svolti in sagrestia domandandosi il perché di questa meticolosa ripetitività nei gesti e nelle parole. Arrivato il momento della consacrazione, prese fra le mani senza convinzione la particola e dopo aver pronunciato le parole del canone ecco che questa cominciò a sanguinare copiosamente bagnando il corporale. Sconvolto, don Pietro avvolse l’ostia in un lino e, terminata la funzione, uscì di corsa dalla chiesa, mentre dal lino cadevano ancora gocce di sangue sui gradini dell’altare e sul pavimento di marmo. Sapendo che il papa Urbano IV si trovava a Orvieto, lo raggiunse e gli raccontò l’accaduto. E il papa, dopo un’indagine accurata, gli credette ed estese a tutta la Chiesa la festa del Corpus Domini, allora celebrata solo localmente nella diocesi di Liegi, affidando a san Tommaso d’Aquino la composizione dei testi per la messa e la liturgia delle ore.

Possiamo immaginare come, dopo un fatto del genere, il povero don Pietro non solo sia guarito dalla tiepidezza, ma abbia incominciato a trattare il corpo di Cristo con speciale rispetto, comprendendo l’importanza di tutti i gesti liturgici che assumevano un nuovo significato per lui.

In particolare capì come solo le mani consacrate di un presbitero possano maneggiare quell’Ostia Santa senza mancare di rispetto al corpo del Signore.

Questa piccola storia della nascita della festa del Corpus Domini mi frulla in testa da quando, caduto il divieto di porgere direttamente in bocca al fedele l’Ostia Santa, vedo e leggo nel suo blog che alcuni sacerdoti pervicacemente si ostinano a dare la comunione in mano, senza voler sentir ragioni.

Ecco, quei presbiteri mi fanno venire in mente don Pietro prima del miracolo. Mi domando insomma se tale comportamento sia dettato da una paura, a mio avviso inconsistente, di contagio, dal fatto che a molti di loro dia effettivamente fastidio dare la comunione direttamente in bocca al fedele o se effettivamente non si rendano conto di quello che hanno in mano. Mi sembra che molti abbiano colto l’occasione per smettere completamente tale abitudine.

Ora mi domando e domando a costoro: ma se effettivamente quella particola è il corpo del Signore, che paura avete? Può il corpo di Cristo contaminarsi o contaminare qualcuno? Il fatto che prima e durante la Messa il sacerdote si lava liturgicamente le mani non significa che lui e lui solo ha il privilegio di toccare il corpo di Cristo? Ti puoi fidare a porgerla nelle mani di un fedele che non le ha necessariamente lavate prima di prenderla ma soprattutto non è consacrato? E che bisogno ha di disinfettarsi le mani prima di distribuire la Comunione? Qualcuno potrà rispondere che queste sono le direttive, ma come i primi apostoli risposero ai giudei che imponevano loro il rispetto della legge, mi piacerebbe sentire in risposta “È necessario obbedire a Dio prima che agli uomini”.

La realtà, caro Valli, è che ho l’impressone che alcuni sacerdoti non dico che non credano più, ma non pensino più ai gesti che compiono, esattamente come il nostro don Pietro. Sembra che per molti la Messa non sia più il momento più importante del giorno, quello che divide la loro giornata tra preparazione alla Messa e ringraziamento dopo averla celebrata, come diceva un grande Santo, ma una tra  tante incombenze quotidiane da svolgere possibilmente in fretta, e se qualche fedele retrogrado vuole ricevere l’ostia senza toccarla, la pianti e, suvvia, si guardi intorno, non c’è più nessuno che si impunta, tutti hanno finalmente capito che la Chiesa deve ammodernarsi, basta con queste pratiche medievali! Anche la Messa domenicale ruota ormai solo intorno all’omelia e non al miracolo quotidiano della “transustanziazione” cui nessuno bada (crede?) più.

Quest’estate ho avuto modo di partecipare a Sante Messe in varie parti d’Italia e devo dire che non ho mai avuto problemi a farmi dare la Comunione in modo classico, il che da una parte mi ha confortato, ma dall’altra mi ha rattristato perché ero il solo a farlo. Possibile che non importi più a nessuno, a parte quelli che come me le scrivono?

Non mi sogno di bandire una crociata, ma mi dispiace vedere tanta rassegnazione da parte di molti di noi fedeli. Posso capire che chi non ha il coraggio non se lo può dare, ma almeno costoro ci risparmino il sarcasmo verso chi alla tradizione crede ancora. Togliendo un mattone alla volta alla fine anche le più solide costruzioni cadono, ma forse è giusto così perché se no che senso avrebbe la frase di Gesù “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”(Lc 18, 1-8).

Non praevalebunt!

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