Resistere si può. Riflessioni dopo il pandemonio pandemico

Cari amici di Duc in altum, a meno di due anni dalla pubblicazione di Libertà e coronavirus. Riflessioni a caldo su temi sociali, economici, politici e teologici, l’autore, don Beniamino Di Martino, ne propone una versione aggiornata e più agile. Si tratta di Stato e Covid. Minaccia alla libertà, saggio attraversato dalla preoccupazione verso quel centralismo politico e quell’interventismo statale che, scrive Di Martino, riescono a produrre più conseguenze negative di qualsiasi calamità, pandemie comprese. Per gentile concessione dell’autore e dell’editore, vi propongo qui la mia prefazione al libro.

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di Aldo Maria Valli

Le epidemie, o pandemie, vanno e vengono. Nella storia ce ne sono state tante e anche quella del Covid se ne andrà. Ma noi, dopo, come saremo?

Già adesso vediamo che non siamo più gli stessi. “Andrà tutto bene” si leggeva sui cartelli, all’inizio. Non è andato tutto bene. Non siamo diventati migliori. Anzi.

Il virus si indebolirà e si stancherà di inseguirci. Ma dentro di noi resteranno le scorie. Morali, politiche, culturali, sociali.

Quanto a scorie, noi italiani dovremo smaltirne più di altri, perché qui la paura ha agito di più. Qui il terrore è stato sparso e utilizzato alla grande, senza limiti, senza pudore.

Bisognerà ragionare su tutto ciò che è successo, sul come, il quando e il perché. Il compito spetta agli uomini di buona volontà. Che saranno dipinti, e già ora lo sono, come pazzi complottisti. Ma non importa. L’analisi andrà fatta. Lo dobbiamo prima di tutto a noi stessi, alla nostra dignità di persone e cittadini. E poi ai nostri figli e nipoti, nella speranza che avranno ancora la possibilità di interrogarsi.

Durante la cosiddetta pandemia abbiamo assistito alla liquidazione dei principali diritti di libertà, con interi sistemi politici che hanno virato da un giorno all’altro verso il totalitarismo. La Salute, trasformata in un assoluto, è diventato il Moloch al quale sacrificare tutto. E lo Stato ha assunto la forma del Leviatano che tutto controlla e tutto stabilisce, eliminando ogni spazio di libertà responsabile. Il cittadino è diventato suddito. Un suddito-paziente, bisognoso delle cure dello Stato-medico.

La società è stata divisa tra buoni e cattivi, tra virtuosi e reprobi. Nuove forme di razzismo – bisogna chiamare le cose con il loro nome – sono tornate a imperversare. L’odio sociale, alimentato ad arte, ha colpito senza pietà, senza ritegno.

La narrativa dominante ha contribuito in modo determinante a creare una cappa di terrore, con tutte le conseguenze del caso. Di fronte a una tale miscela, chi ha preteso di continuare a fare uso della ragione, magari illuminata dalla fede, è stato immediatamente catalogato come nemico ed emarginato. L’obbligo vaccinale è stato l’ultimo anello della catena di coercizione.

Il vero morbo, quello della paura, ha potuto impazzare perché il terreno era stato preparato a dovere. Ben pochi si sono interrogati sui diritti di libertà. La libertà non è sembrata importante. “Prima la salute!” è stato lo slogan. Scientismo e riduzionismo hanno imperversato. Abbiamo accettato di essere ridotti a organismi unidimensionali, preoccupati solo dell’immunizzazione. Ci siamo suicidati per paura di morire.

Ragioni di speranza? Non si pecca di visionarietà mettendo in luce la rete di rapporti e di resistenza che si è venuta a creare spontaneamente tra coloro che, nonostante tutto, hanno trovato il modo di non portare il cervello all’ammasso. Quelli che Giuseppe Prezzolini chiamava gli apoti, ovvero coloro che non se la bevono, non se la sono bevuta nemmeno questa volta. Resistere, dunque, si può, anche nelle condizioni più difficili. Anche quando ti tolgono il lavoro, anche quando cercano di fare di te un essere detestabile.

Il prezzo, per molti, è stato ed è salato. Ma spesso è proprio nel momento della prova che i caratteri e le sensibilità producono il meglio. I poteri che orientano il Nuovo Ordine Mondiale, illiberale e antidemocratico, sono convinti di aver messo a segno un punto decisivo: è stato dimostrato che la virata autoritaria, in nome dello stato d’eccezione, può avvenire rapidamente e con un’estensione senza precedenti. Ma forse non possono cantare completamente vittoria. I testimoni della verità e della libertà non si sono lasciati piegare del tutto. Molti, andati metaforicamente nel bosco, hanno allacciato amicizie, alimentato una narrazione alternativa, tenuto acceso il fuoco dei diritti di libertà.

Il pandemonio pandemico ha diviso profondamente la società, i gruppi, le parrocchie, le famiglie stesse. Le ferite non si rimargineranno facilmente. Forse non guariranno mai. Per i credenti il dolore è stato reso più acuto dall’atteggiamento di uomini di Chiesa che hanno vergognosamente svenduto la libertas Ecclesiae per mostrarsi più realisti del re. Nell’opera di ricostruzione bisognerà partire dai fondamentali: la persona che viene prima dello Stato, il bilanciamento fra i poteri, l’esecutivo che va rimesso al suo posto, il parlamento che deve ritrovare dignità, la politica che non può lasciarsi svuotare da una presunta scienza che è superstizione. Lavoro immenso, ma andrà fatto. E allora leggere l’opera di don Beniamino Di Martino sarà necessario e utile. Ci ricorderà che non tutti accettarono di lasciarsi ridurre a uomini a una dimensione. Ci darà consolazione e coraggio. Il coraggio della libertà.

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Beniamino Di Martino, Stato e Covid. Minaccia alla libertà, prefazione di Aldo Maria Valli, Editore Monolateral, 152 pagine, 10 euro. 

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