Anche se tutti… noi no! Piccolo manuale di resistenza e contrattacco

di Fabio Battiston

L’interessante e approfondito articolo di Aldo Maria Valli sulla psicologia del totalitarismo (Duc in altum del 15 ottobre scorso) mi ha spinto a definire un modello di “comportamento” con il quale questo mostro, così ben delineato dall’autore, imposta le proprie strategie, finalizzate a un unico obiettivo: la sottomissione prima e la sopraffazione poi dei popoli per ottenere la loro totale obbedienza ai voleri del proprio potere.

Personalmente sono d’accordo con quanti affermano che l’Occidente nel quale siamo costretti a convivere è da tempo diretto da un cartello totalitario sovranazionale, di stampo scienti-tecnocratico e – come si addice a ogni dittatura – con accentuati lineamenti etici (sia pure rovesciati). Le sue “armate” sono costituite da un coacervo di istituzioni e organismi che agiscono su tutti i principali ambiti dell’esistenza umana. Essi operano in modo solo apparentemente autonomo ma in realtà risultano coerentemente funzionali alla “vita” di questa sorta di “entità multicellulare” socio-etico-politica e, ovviamente, economico-finanziaria. Qualche nome? Li abbiamo visti tante volte comparire nelle pagine di questo blog, ripeterli sarebbe probabilmente tedioso. Tuttavia ho provato a mettere insieme i loro loghi in un unico simbolo; sarà la copertina di una raccolta di pensieri che sto scrivendo, naturalmente e solo per me stesso, che si chiamerà Der Westen Macht Frei (L’Occidente rende liberi); ogni riferimento è puramente voluto. Ciò che ne è venuto fuori lo potete vedere nell’illustrazione sopra il titolo; con un po’ di pazienza quei nomi li ritroverete tutti.

Credo sia interessante notare come questo “essere” sviluppi e mantenga il proprio potere grazie a un crudele (e neanche troppo sofisticato) meccanismo; esso è basato su una sorta di procedura la cui attuazione, passo dopo passo, consente di raggiunge l’obiettivo principale. Eccone gli steps fondamentali:

  • creazione artificiosa di fenomeni – o utilizzazione strumentale di situazioni effettivamente presenti – dai quali far scaturire un pericolo grave e incombente per tutti (malattia, povertà, fame, distruzione, regressione, morte);
  • necessità di risposte immediate che obblighino il “sistema” ad attuare provvedimenti subitanei a causa degli strettissimi tempi di reazione disponibili;
  • presentazione di soluzioni che “appaiano” il più possibile rapide, efficaci e univoche, comunque incontestabili (meglio se eticamente giustificabili; da qui l’opportunità del supporto, quando necessario, di una religione compiacente);
  • conseguimento della piena operatività ed efficacia delle soluzioni proposte, grazie alla progressiva collaborazione delle persone, prima spinte poi forzate – con svariati provvedimenti – ad adottare cambiamenti di tipo comportamentale, sociale, relazionale, affettivo ed etico;
  • condizionamento, individuale e di massa, mediante la parallela adozione di massicce e pervasive strategie di comunicazione, informazione e persuasione (quello che, una volta, si chiamava lavaggio del cervello);
  • consequenziale e incondizionato consenso acritico di massa alle soluzioni adottate;
  • isolamento, insulto e discriminazione, fino all’eliminazione (non c’è più bisogno che sia fisica) di singoli soggetti o gruppi sociali dissidenti.

Questo meccanismo è già da anni in corso di sperimentazione e applicazione su una serie di scenari, ciascuno dei quali è caratterizzato da specifiche forme di “terrore” in grado di condizionare le popolazioni. Dalla sapiente strumentalizzazione delle paure – singole e collettive – che ne scaturiscono nasce il consenso all’adozione di soluzioni “salvifiche”. Ecco gli scenari nei quali il Deep State (per usare una terminologia cara a monsignor Viganò) ha sperimentato le sue orrende strategie nei primi vent’anni di quest’inizio di terzo millennio. A ciascuno di essi compete lo specifico terrore (meglio se strabordante nel panico) da instillare nella società:

  • sanitario (adesione di massa alla gestione globale della pandemia). Paura della malattia e della morte;
  • ambientale (adesione di massa all’ecologismo e alle politiche green). Paura della regressione;
  • climatico (adesione di massa alla dottrina dell’origine antropica del riscaldamento globale). Paura della catastrofe planetaria.
  • energetico (adesione di massa all’antinuclearismo e al feticcio delle energie rinnovabili). Paura del futuro prossimo;
  • economico (adesione di massa all’Euro e al modello irreversibile, unico e indiscutibile delle politiche liberiste di stampo euro-globalista). Paura della povertà e della fame;
  • politico-strategico (adesione di massa all’approccio imperialista occidentale nella crisi russo-ucraina e nello scenario cino-taiwanese). Paura della Guerra totale o atomica;
  • etico-valoriale (adesione di massa alla visione e alle strategie mondialiste LGBTQIA+). Paura dell’isolamento e della discriminazione sociale verso chi dissente;
  • religioso (adesione di massa al progetto bergogliano di una nuova religione universale di matrice pantesita, neopagana, massonica e sincretistica). Paura della dannazione eterna; da qui l’entusiasmo nell’abbracciare una fede comoda, sicura e soprattutto facile che consenta di lucrare un meta-perdonismo redentivo a buon mercato. Non importa se ciò accade in fraterna compagnia di pagani, panteisti, buddisti e musulmani (“…tanto Gesù Cristo non era nemmeno cattolico!”).

Come si può ben vedere, in questi scenari troviamo gli spettri che popolano le paure della società occidentale di quest’inizio di terzo millennio. I quattro cavalieri dell’Apocalisse ci sono tutti: Guerra, Carestia, Pestilenza, Morte e… dopo morte. Ci sono poi altri “cavalieri” non direttamente connessi con il Nuovo Testamento; sono sottospecie di flagelli da infliggere a tutti coloro i quali non intendono partecipare a quelle adesioni di massa, unico modo per dimostrarsi vassalli incondizionatamente fedeli alla tirannide. Eccoli, questi “cavallini neri” del terzo millennio: discriminazione, insulto, isolamento, denuncia, delazione, aggressione psicologica, eccetera

Di fronte a tali minacce, così pervasive, profonde e apparentemente invincibili, cosa si può realmente fare? È possibile resistere, lottare e reagire? Io penso di sì. La battaglia è e sarà certamente lunga e dall’esito incerto ma da subito possiamo attivare diverse contromisure, almeno per ottenere una sorta di “inversione di tendenza”. Cosa voglio dire? Iniziamo intanto a far capire al nostro prossimo, a partire da quello più vicino a noi, che il cosiddetto pensiero unico poi così unico proprio non è. Finiamola di stare sulla difensiva ogniqualvolta esprimiamo i nostri pareri, la nostra visione della vita e tutto ciò che consideriamo “valore”. Diciamo senza remore che l’aborto è un assassinio volontario premeditato. Che l’Occidente ha di fatto introdotto quell’eugenetica che il nazismo era riuscito (per fortuna) solo a teorizzare. Che esiste una famiglia normale costituita da un padre (uomo), una madre (donna) e dei figli (maschi e femmine). Che l’Unione europea è costituita da un’aggressiva oligarchia di tiranni che ha reso molte nazioni più povere, meno libere e più oppresse. Che è giusto e sacrosanto difendere identità, valori, tradizioni e costumi della nostra terra; che di fronte a questa convinzione consideriamo multietnicità e multiculturalismo tremende forme di sostituzione etnica, razziale e culturale e che, come tali, intendiamo contrastarle con ogni mezzo. Attacchiamo con forza quei “diritti” che sono invece altrettante mostruosità, come le adozioni per coppie LGBTQ…UVZ (sì, cominciamo a usare anche del sarcasmo contro queste assurde definizioni) o come tutte le aberranti forme di procreazione più o meno assistita e artificiale. Diciamo basta all’imposizione di un nuovo vocabolario con il quale il ciarpame intellettualiota e radical chic (dentro cui vi è una parte non banale del nuovo cattolicesimo new age di marca bergogliana) vuole insegnarci come parlare e dialogare in modo eticamente corretto. E ancora, bolliamo senza remore – come paranazisti e intolleranti – movimenti e ideologie come il Black Lives Matter, la Cancel Culture, il Mee Too o il Woke.  Sosteniamo con forza la posizione per la quale i veri nemici di questo pianeta, coloro che stanno portando letteralmente alla fame diversi paesi, una volta definiti “in via di sviluppo”, sono proprio i movimenti ecoambientalisti “gretini” e tutto il pan-ecologismo radicale sostenuto dalla nuova religione amazzonica di padre Jorge; denunciamo come sia proprio la dittatura union-europeista quella che maggiormente sostiene questo progetto con le sue green politics e la sua transizione energetica.  Potrei continuare su molti altri aspetti ma preferisco chiudere questo mio contributo con un piccolo, umilissimo, decalogo resistenziale. Lo definisco Catena di Reazione, un insieme/sequenza di atteggiamenti, comportamenti e azioni per dare voce e corpo, con intensità progressivamente crescente, al nostro voler iniziare ad essere concretamente contro questo sistema. Ecco qua:

  • dichiarare il proprio dissenso dal pensiero unico in ogni circostanza e con qualunque mezzo, veicolando nel contempo idee e posizioni alternative;
  • individuare, seguire e diffondere ogni tipo di struttura, organizzazione e iniziativa che nei diversi contesti (religioso, politico, informativo, web, editoriale, educativo, sanitario, sportivo) sia portatrice di istanze resistenziali antitotalitarie e antisistema;
  • partecipare attivamente e dare visibilità a qualunque evento pubblico venga organizzato per dar voce e corpo alle suindicate istanze;
  • finanziare, nei limiti delle possibilità di ciascuno, tali organismi;
  • promuovere e realizzare, con iniziative sia individuali sia sociali, forme di boicottaggio mirato (ad esempio: non acquistare prodotti “bio” o “ecosostenibili”; non dare l’8 x 1000 alla Chiesa cattolica né a qualunque organizzazione, anche umanitaria, che sia allineata con le politiche, le strategie e i “valori” ethically correct; non partecipare più a qualsiasi rito cattolico novus ordo; contrastare e boicottare qualunque iniziativa, pubblica o privata, orientata alla promozione di istanze vicine alla Cancel Culture ed al Deep State);
  • scegliere per i propri figli proposte scolastiche ed educative che siano sicuramente fuori dai “circuiti” gender ed ecoambientalisti;
  • ogniqualvolta possibile, abbandonare, isolare e discriminare dal proprio contesto sociale persone che siano manifestamente portatrici di istanze figlie del pensiero unico totalitarista;
  • attivare azioni, anche drastiche, di silenziamento massmediale. Una di esse, ad esempio, potrebbe essere quella di eliminare i collegamenti televisivi (digitale e sat) dalla propria casa evitando il quotidiano inquinamento provocato dalle oltre venti reti unificate, pubbliche e private, totalmente asservite al pensiero unico e che rappresentano la quasi totalità dell’informazione. Al tempo stesso individuare e seguire le (peraltro pochissime) fonti di comunicazione alternativa presenti su web ed editoria tradizionale. Chi scrive ha già attuato questa misura;
  • aiutare nelle forme per ciascuno possibili persone e organizzazioni che, a motivo delle loro drastiche scelte resistenziali, si trovino a operare concretamente e rischiosamente contro il sistema totalitario;
  • attivare e promuovere forme di disubbidienza civile nei confronti di decisioni e misure adottate dal potere totalitario. Ad esempio: rifiutarsi di compilare moduli burocratici nei quali al posto di “padre” e “madre” vi sia l’orrenda notazione “genitore 1” e “genitore 2”; rifiutarsi di pagare la sanzione per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale (cosa che farò da non siringato).

È necessario iniziare a muoverci, anche individualmente, qui e ora. Occorre farlo, io penso, anche come credenti. Non possiamo attenderci un’improvvisa presa di coscienza (con relativo cambiamento) che renda gruppi sociali più o meno vasti e importanti improvvisamente consapevoli del disegno oppressivo di cui sono vittime.

Mark Twain scrisse (anche se non tutti ne riconoscono la paternità, a me piace pensare che l’abbia realmente affermato): “È molto più facile ingannare la gente, piuttosto che convincerla che è stata ingannata”.

E allora, come disse Giovanni Paolo II ai sacerdoti romani (e questo lo disse davvero): “Damose da fa e volemose bene!”.

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