Sull’essere in comunione con il papa

di Gianfranco Artale

Carissimo Valli,

leggendo l’articolo di Eric Sammons che lei ha tradotto per i lettori di Duc in altum, me n’è venuto subito in mente uno che avevo letto tempo fa, di don Curzio Nitoglia.

In confronto, il testo di Sammons, anche se ha il pregio della concisione, è fin troppo scarno, soprattutto nell’elencazione delle malefatte bergogliane, fra le quali forse mancano le più sacrileghe.

Comunque, il tema dell'”essere in comunione con il papa” mi pare del tutto simile a “riconoscere Tizio come papa”, no? Infatti ecco un passaggio dell’articolo di don Nitoglia che potrebbe benissimo trovar posto in quello di Sammons: “Si può, quindi, essere Papa pur non avendo la volontà oggettiva di fare il bene della Chiesa, ossia avendo la volontà di tradire Cristo… Quindi non ripugna poter dire che Francesco I è Papa ed è ‘un diavolo’ quanto al modo di agire, perché nemico della Dottrina e della Chiesa di Cristo”.

Dunque, è una tesi sostenuta da molti, ed è una questione assai scottante da quando Bergoglio si è installato sul Soglio.

Ma mi viene da chiedere: per me, cattolico “della strada”, riconoscere come papa un diavolo, o essere in comunione con lui, cosa significa in concreto? Vediamo un po’.

Posso io unirmi spiritualmente al sacerdote celebrante, al momento del tanto discusso “una cum”, se so che il “Tuo servo e nostro papa…” pensa a tutt’altro che a pregare Dio per la salvezza delle anime e della Santa Chiesa?

Posso accogliere i suoi documenti asseritamente “magisteriali” (da Amoris laetitia in poi), se so che il suo scopo è di allontanarmi dal mio Signore e dalla religione cattolica, perché, tanto, vanno bene tutte? Posso ritenere valide le sue eventuali bolle di scomunica? Troppo comodo sarebbe, per lui, scomunicare tutti quelli che vogliono restare fedeli alla Verità: resterebbero solo gli apostati, e avrebbe fine la Chiesa. Posso accompagnarlo con il cuore, nei suoi contorsionismi verbali e gestuali, sapendo che si propone non certo di convertire al Signore Gesù gli altri ma semmai di corrompere la fede dei cattolici? Posso prendere esempio dai suoi gesti, di encomiastica accoglienza verso certi personaggi, e di ripulsa verso altri?

Nel caso di Bergoglio, poi, nemmeno posso considerarlo Vicario di Cristo, avendo egli stesso riposto questo titolo in soffitta, fra le cianfrusaglie polverose.

E badi bene, ignoro deliberatamente i tantissimi “Cavillieri di Gran Croce” sempre alla ricerca del sofisma più sottile per vagliare la legittimità formale dell’investitura del papa-diavolo.

Ora, dico: trattandosi di una questione non marginale riguardante la Sua chiesa, non le pare obbligatorio chiedersi che cosa ci insegnerebbe il Signore, se fosse tuttora fra noi? E non le sembra semplicemente ridicolo, assurdo, supporre che Egli ci manderebbe a imparare a memoria i canoni n ed m del Codice di diritto canonico (oh, ma… ultima edizione, mi raccomando). Suvvia!

Non ci direbbe piuttosto: “Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi?” (Mt 16,3). O più semplicemente: “Dai loro frutti li riconoscerete” (Mt 7,16)?

Comunque, per far piacere a Sammons, non avrei nulla in contrario a dichiarare che anch’io sono in comunione con Bergoglio. Fermo restando che ignorerò i suoi “insegnamenti”, chiuderò gli occhi davanti ai suoi gesti scandalosi, supporterò i sacerdoti che restano sordi ai suoi richiami, eccetera. Contento, Sammons?

Guardiamo alla sostanza: a mio avviso, riconoscere papa un Tizio, essendo consapevoli che si comporta da diavolo è, in concreto, del tutto vuoto di significato.

Avanti con Duc In altum!

 

 

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