Novena liturgica del Santo Natale (16 – 24 dicembre)

Storia della Novena di Natale

La prima volta in cui fu eseguita la Novena del Santo Natale con il canto delle Profezie, la cui caratteristica melodia gregorianeggiante inizia con il Regem venturum Dominum, fu il Natale del 1720. Essa si tenne nella chiesa dell’Immacolata, che era stata fatta costruire, tra il 1673 e il 1695, dai missionari di Torino ed era stata edificata a fianco del convitto ecclesiastico che i missionari gestivano per la formazione del clero.

Fra i missionari maggiormente stimati del convitto vi era il padre Carlo Antonio Vacchetta (1665-1747, nel ritratto), che era “maestro di sacre cerimonie e prefetto della chiesa e del canto”, come recita la biografia manoscritta conservata negli Archivi della Casa della Missione di Torino: “Alla sua industria devesi la vagha (diletta) chiesa, che hà la Congregazione nostra in Torino: la cappella del nostro santo Institutore nobilitata in buona parte con finissimi marmi, con pitture ed altri belli ornamenti; la nobil sagristia e buona parte dei sagri arredi: meritevole perciò che li superiori secondassero il di lui genio, con perpetuarlo nell’uffizio di Prefetto della Chiesa sino alla morte”.

Amico e frequentatore della casa dei missionari era il beato Sebastiano Valfré. Entrambi avevano una particolare pietà verso l’umanità di Gesù e ne propagavano la devozione invitando i fedeli a contemplare e ad adorare il mistero dell’Incarnazione e della Natività di Cristo. E’ da quest’ambiente fervoroso nella pietà e particolarmente attento a vivere liturgicamente il Mistero di Gesù, Verbo Incarnato, che fu scritta e per la prima volta eseguita in canto la Novena del Santo Natale.

La tradizione in maniera concorde attribuisce a padre Vacchetta la redazione dei testi e della musica. La cosa non è affatto improbabile, visto il particolare ufficio da lui esercitato per oltre quarant’anni.

Le profezie della nascita di Gesù sono tratte da brani della Sacra Scrittura e particolarmente dal profeta Isaia. In esse è espresso non solo il profondo desiderio messianico dell’Antico Testamento che Dio abbia a rendersi presente sulla terra, ma in maniera espressiva è cantata l’attesa spirituale del Messia nel cuore degli uomini. Varie sono le metafore che alimentano la gioia dell’attesa: Gesù verrà come luce, come pace, come rugiada, come dolcezza, come novità, come re potente, come dominatore universale, come bambino, come signore giusto. Uno solo è l’atteggiamento del credente: fermarsi ad adorarLo.

Grazie alle missioni popolari, la novena così organizzata con il canto delle profezie, l’inno dell’En clara vox redarguit e le Antifone Maggiori, che introducono il Magnificat, fu diffusa in Piemonte, e da qui in tutta Italia. Il fascino del suo canto fu strumento efficace per la catechesi del popolo, che ne ha sempre gustato la facile melodia.

A favorirne la devozione e la diffusione fu Gabriella Marolles delle Lanze, marchesa di Caluso. Questa, che aveva vissuto una giovinezza spensierata, e si era sposata prima con Carlo Agostino di Sale delle Lanze, e poi con il marchese di Saluzzo, rimasta vedova, e venuta ad abitare nei pressi della casa dei missionari di Torino, scelse come direttore spirituale il superiore dei missionari di Torino, padre Domenico Amosso. E frequentando la chiesa dell’Immacolata restò particolarmente commossa dalle funzioni di preparazione al Natale, per cui stabilì nelle sue disposizione testamentarie che si facesse “ogni anno et in perpetuo la suddetta Novena” (testamento notarile 2 ottobre 1724).

Fonte: centrostudifederici.org

 

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