“Vidimus stellam ejus in Oriente”. Omelia dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò nell’Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo

Et adorabunt eum omnes reges terræ;

omnes gentes servient ei.

Ps 71, 11

Sia lodato Gesù Cristo!

Questo giorno solenne è santificato da tre miracoli: l’adorazione dei Magi, la mutazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana e il Battesimo di Cristo nel Giordano. Questi segni prodigiosi ci mostrano la divinità di Nostro Signore e la Sua Signoria universale sul cosmo, sulla natura e su di noi. Non sono più soltanto i pastori ad essere chiamati dagli Angeli a riconoscere il Verbum caro factum, ma è l’intero genere umano, è tutto il creato che la voce di Dio stesso chiama ad adorarLo, ad ascoltarLo, ad obbedirGli. Una Signoria che alcuni riconoscono con umile Fede e che altri rifiutano per orgoglio.

Nel Martirologio della Vigilia di Natale abbiamo sentito cantare l’annuncio della Nascita del Salvatore secundum carnem, collocata nella Storia con una molteplicità di riferimenti cronologici precisi e dettagliati. Quel Toto orbe in pace composito che il cantore pronuncia con solennità poco prima di elevare il tono della voce per scandire la realtà storica dell’evento salvifico del Natale di Cristo, rimanda al triplice trionfo di Augusto, autore e pacificatore dell’Impero. Un trionfo umano e pagano, certamente; ma che doveva preparare il trionfo eterno del Rex pacificus, dell’Imperatore immortale, del Sole invitto. Per questo il 6 Gennaio, da festa civile istituita per celebrare la gloria umana di Roma, venne scelto dalla Chiesa per celebrare la gloria imperitura di Cristo Re dei re e Signore dei signori.

In quest’epoca di apostasia, segnata da guerre e da lacerazioni provocate dalla ribellione a Dio, è difficile comprendere come l’autorità terrena dell’Imperatore potesse costituire nel piano della Provvidenza il necessario presupposto alla venuta del Signore. Ci sembra più “normale” – per così dire – la risposta feroce e spietata di Erode, che nel suo folle tentativo di uccidere il Re Bambino fece sterminare i bambini di Betlemme che pochi giorni fa abbiamo ricordato nella Liturgia. Vita e morte, pace e guerra, luce e tenebre, grazia e dannazione: abbiamo costantemente sotto gli occhi le due grandi alternative per noi stessi, per le nostre famiglie, per la società civile. Ed è Cristo che Si pone come punto di riferimento, come pietra di inciampo, chiedendoci di compiere la nostra scelta morale, riconoscendoLo come nostra Vita, nostra Pace, nostra Luce, nostro tutto. Se così non fosse; se cioè rinunciassimo a compiere questa scelta, se volessimo dichiararci neutrali dinanzi alla battaglia che combattono le schiere angeliche contro le potenze infernali, compiremmo comunque una scelta da cui dipende la salvezza nostra e del mondo intero. Lo vediamo oggi: chi non scende in campo sotto i vessilli di Cristo finisce inesorabilmente per essere alleato dei Suoi nemici, rimane a guardare gli innocenti uccisi da Erode, e davanti alla mangiatoia si rifiuta di adorare il Signore, in nome di un concetto pervertito di libertà e di laicità in cui i diritti sovrani di Dio sono negati o taciuti.

Eppure, proprio nel contemplare i misteri di questo giorno santissimo, la Chiesa ci mostra la necessità dell’Epifania, della manifestazione della divinità di Gesù Cristo; una necessità per la quale la Provvidenza non esita a muovere gli astri, se una stella può condurre dei sapienti pagani verso la luce della Grazia e la conversione al vero Dio. Non bastava infatti l’adorazione semplice e fedele dei pastori, fatta di un’interiorità umile e povera: essa richiama l’atto di Fede del singolo, di ciascuno di noi, ma rimane incompleta per le sorti del mondo se non si accompagna all’adorazione pubblica e ufficiale di chi ricopre in terra l’autorità, dal momento che questa autorità è un riflesso dell’autorità di Dio, sommo Legislatore e Giudice. Come profetizza il Salmo: Et adorabunt eum omnes reges terræ; omnes gentes servient ei.

Stupisce, in qualche modo, che siano dei saggi provenienti dall’Oriente a rendere omaggio al Dio Bambino, mentre i rappresentanti dell’autorità imperiale sono assenti, così come non compaiono né il re di Israele né i Sommi Sacerdoti; i quali pure ebbero un ruolo determinante nel processare e condannare a morte il Signore. Presenti nel momento della morte, ma assenti nel momento della vita. Perché non vediamo il Procuratore romano, Erode, Anna e Caifa, i funzionari del Sinedrio e gli scribi del popolo intorno alla mangiatoia, mentre contempliamo Gaspare, Melchiorre e Baldassarre inginocchiati dinanzi al Bambino intenti ad offrire i loro doni?

La risposta è evidente in tutta la sua semplicità. I pastori adorarono Cristo con il fiducioso abbandono del semplice, che nulla ha da offrire se non se stesso e le povere cose della vita quotidiana e del suo umile lavoro. I Magi adorarono Cristo grazie alla Sua manifestazione prodigiosa nel corso degli astri, e la loro sapienza umana, la loro capacità di scrutare nel cosmo li condusse al Sole intramontabile perché anch’essi, con umiltà, seppero riconoscere la nascita di Dio nel mondo. Entrambi furono illuminati dalla Grazia, i primi tramite l’annuncio dell’Angelo, i secondi tramite i segni del cielo. Invece Erode e i Sommi Sacerdoti, che pure avrebbero dovuto conoscere benissimo le profezie messianiche custodite da Israele, non seppero vedere né credere, perché la loro prima preoccupazione era il potere. Da un lato, il potere temporale, esercitato sotto la dominazione della Roma pagana e dimenticando che i Sovrani ebrei erano vicari dell’unico Re di Israele, il Signore Dio degli eserciti; dall’altro, il potere spirituale, esercitato in quella che oggi chiameremmo “autoreferenzialità”, ossia per conservare se stesso e mantenere nell’ignoranza il popolo. Ce lo confermano gli aspri rimproveri ed i severi ammonimenti dei profeti, per bocca dei quali il Signore richiamava i Suoi sacerdoti ai loro doveri, mentre essi erano impegnati ad allungare i denti delle forchette con cui trattenevano parte delle carni sacrificali per sé stessi, o mentre lucravano sui traffici dei cambiavalute e dei mercanti introdotti nel Tempio. Sordi alla Grazia! Sordo Erode, che avrebbe dovuto vedere nel piccolo Gesù il ratificatore della propria autorità; sordi i Sommi Sacerdoti, che in Lui avrebbero dovuto riconoscere il Messia promesso, il Desiderato di tutti i popoli. Entrambi, significativamente, avevano preferito sottomettersi all’invasore, piuttosto di inchinarsi a Colui che tiene nella Sua mano le sorti del mondo e del tempo. Non habemus regem nisi Cæsarem.

La situazione presente non è in questo molto diversa da allora. Anche oggi le autorità civili ed ecclesiastiche si rifiutano di adorare Gesù Cristo, o lo fanno solo a parole tramando per la Sua uccisione, nel timore di perdere il proprio potere. Anche oggi vediamo i semplici e i capi di Nazioni lontane riconoscere il Salvatore, e a Lui conformare la propria vita privata e pubblica, mentre i leader mondiali preferiscono riunirsi a Davos per la loro agenda globalista, e i Prelati della setta bergogliana pensano a nascondere i propri scandali, a propagandare la sinodalità e incoraggiare i vizi più innominabili. Entrambi si sostengono l’un l’altro, si riconoscono reciproca legittimità. Entrambi considerano Gesù Cristo uno scomodo ostacolo al perseguimento dei loro piani di potere e di dominio. Eppure, come cantiamo nell’inno dell’Epifania, non eripit mortalia qui regna dat cœlestia. Non rapisce i regni terreni Colui che ci da quelli celesti.

Ma se da un lato i Magi, con il loro tributo di Fede hanno saputo adorare pubblicamente il Re dei re, non avendo nulla da temere per la propria autorità; dall’altro i governanti ribelli e indocili a Dio, non riconoscendo l’origine divina del potere che esercitano, si pongono contro la Sua Signoria e contro i propri sudditi, trasformando il saggio e giusto governo in strumento di odiosa tirannide. Contro costoro così si esprime il profeta Geremia:

26 Poiché tra il mio popolo vi sono malvagi che spiano come cacciatori in agguato, pongono trappole per prendere uomini. 27 Come una gabbia piena di uccelli, così le loro case sono piene di inganni; perciò diventano grandi e ricchi. 28 Sono grassi e pingui, oltrepassano i limiti del male; non difendono la giustizia, non si curano della causa dell’orfano, non fanno giustizia ai poveri. 29 Non dovrei forse punire queste colpe? Oracolo del Signore. Di un popolo come questo non dovrei vendicarmi? 30 Cose spaventose e orribili avvengono nel paese. 31 I profeti predicono in nome della menzogna e i sacerdoti governano al loro cenno; eppure il mio popolo è contento di questo. Che farete quando verrà la fine?

Ascoltando queste parole della Sacra Scrittura, ci chiediamo se non siano rivolte ai potenti di questo mondo, ai membri dell’élite globalista e a coloro che li servono per pavidità, per interesse, per complicità cortigiana. E a quanti, costituiti in autorità nella Chiesa per pascere il gregge loro affidato dal Signore, abusano del proprio potere per governare al cenno dei profeti del Nuovo Ordine Mondiale, che profetizzano pandemie ed emergenze di cui sono spietati artefici.

Che farete quando verrà la fine?, chiede il Signore. Creerete nuove emergenze, nuove crisi, nuove pandemie, nuove guerre con cui tenere soggiogato il popolo? Continuerete a sterminare bambini innocenti, a render sterili i padri e le madri, a defraudare l’operaio della mercede, a corrompere i giovani, a uccidere il malato e l’anziano perché considerati inutili per i vostri turpi interessi? Vi asserraglierete nelle vostre fortezze, sperando di sfuggire all’ira di Dio e al vostro giusto castigo? Cosa farete voi, servi del Grande Reset, quando i vostri padroni dovranno fuggire nelle loro tane, nascondersi nelle viscere della terra? Credete di potervi vendere a un nuovo padrone come avete fatto sinora? Poveri, miserabili illusi. Il giorno tremendo del Signore verrà per tutti, ed anche per voi: prima con il Giudizio particolare, e poi con quello universale. Se la giustizia terrena assiste inerte ai vostri crimini perché vi è asservita, la Giustizia divina sarà inesorabile e terribile, perché non rimangano impunite le vostre pubbliche colpe contro la Maestà di Dio e contro l’uomo che Egli ha creato a Sua immagine e somiglianza, e che ha redento con il proprio Sangue. E se le nostre povere forze non riescono a vincere le vostre congiure, sappiate che ciascuno di noi, ogni fedele della Santa Chiesa, ogni anima buona prega, digiuna e fa penitenza per invocare l’intervento del Signore, Re delle Nazioni, che voi vi rifiutate di riconoscere, adorare e servire. Che farete quando verrà la fine?

Figli carissimi: in questo giorno dell’Epifania, in cui celebriamo la manifestazione pubblica della divina Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo e il pubblico tributo dei Re Magi alla Sua universale ed eterna Signoria, rinnoviamo anche noi la nostra offerta. Un’offerta povera e misera, perché viene da noi che nulla abbiamo se non quanto la Provvidenza ci ha concesso; un’offerta preziosa, se presentata dalla Nostra Signora, Maria Santissima, Regina Madre e nostra Avvocata presso il Trono del Figlio. Un’offerta infinita, quando sale alla Maestà del Padre per le mani della Vittima pura e santa, il Sommo Sacerdote, l’Eterno Pontefice che rinnova il Sacrificio della Croce nel Santo Sacrificio della Messa. Deponiamo ai piedi dell’Altare le nostre penitenze, perché diventino l’oro dei re; le nostre preghiere, perché salgano al cielo come l’incenso che i sacerdoti bruciano a Dio; i nostri digiuni, perché la Santa Messa li converta nella mirra del sacrificio. E chiediamo al Re Bambino di convertire coloro che costituiti in autorità nella società civile e nella Chiesa, si trovano oggi a dover scegliere se seguire la stella verso Betlemme per adorarLo, o ignorare la Sua Nascita per sottrarsi alla Sua volontà e muoverGli guerra.

E così sia.

+ Carlo Maria, Arcivescovo

6 gennaio 2023

Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo

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