Su Ratzinger neo-modernista

di don Andrea Mancinella*

Caro Aldo Maria Valli,

mi permetta una riflessione su quanto scritto da Fabio Battiston nell’articolo pubblicato da Duc in altum e intitolato Ratzinger colpito al cuore. Sulle posizioni di Enrico Maria Radaelli.

Il fatto è che il signor Battiston non sa molte cose su Ratzinger, come invece le sa il professor Radaelli, e come le sa anche il sottoscritto.

Ratzinger fu, al Concilio Vaticano II, uno dei teologi più giovani (dopo Hans Küng, il più giovane in assoluto) ma anche più estremisti, in senso neo-modernista.

Tanto che quando il gruppo di osservatori protestanti invitato al Concilio da Papa Paolo VI dovette scegliere qualcuno per presentare ai Padri conciliari un loro documento, in cui suggerivano di usare l’espressione “subsistit in” anzichè “est” (in riferimento alla Chiesa cattolica, che secondo loro sarebbe solo “sussistita” nella Chiesa di Cristo anziché “essere” la Chiesa di Cristo) scelsero come intermediario proprio Joseph Ratzinger, il quale consegnò la richiesta degli eretici al suo vescovo, il cardinale di Colonia Frings.

La proposta fu poi disgraziatamente approvata dai Padri (l’episcopato tedesco aveva anche allora, come oggi, gran peso tra i vescovi, purtroppo), e così oggi abbiamo un Concilio ecumenico che contiene almeno un’idea chiaramente protestante (il documento Lumen gentium al capitolo 8). Ma contiene anche altre cose pessime.

E il noto professor Barth, luterano, uno degli osservatori suddetti, in un’intervista postconciliare a una domanda del giornalista che manifestava, come fa oggi il Battiston, meraviglia per la scelta di Ratzinger così “tradizionale” (secondo lui) il Barth rispose: “Oh, no. Era estremamente progressista…”.  E lui, come anche gli altri protestanti del suo gruppo, se ne intendeva.

Ma – dirà il signor Battiston – quello era il Ratzinger “giovane”. Poi è diventato “saggio e tradizionale”.

Sta di fatto invece che egli non ha mai mutato le sue posizioni neo-moderniste “conciliari”.

Nel volume Rapporto sulla fede, pubblicato con gran rumore negli anni Ottanta a cura di Vittorio Messori, e che non è stato molto capito dai più, Ratzinger confessava apertamente, riguardo ai suoi rapporti posteriori con i suoi colleghi al Vaticano II (per esempio. Hans Küng o Karl Rahner): “Non sono cambiato io: sono cambiati loro”. Cioè, io sono rimasto il neo-modernista di allora, mentre “loro” hanno cominciato, dopo il Vaticano II, a correre troppo in avanti. Lui invece era per “una evoluzione tranquilla della dottrina”.

Capito, signor Battiston? Solo questione di velocità, non di contenuti.

Non a caso – e qui mi sto limitando solo all’argomento Vaticano II – proprio nell’ultimo discorso di commiato prima dell’abdicazione Ratzinger fece un vero e proprio panegirico del Concilio, quel Concilio che lo aveva visto come uno dei protagonisti più accesi, sostenendo – comicamente, devo dirlo, mi dispiace – che la colpa del disastro nella Chiesa cattolica subito dopo il Vaticano II era da ricercarsi non nel Concilio stesso e neppure nelle guide della Chiesa (papi, cardinali e vescovi conciliari) bensì – risum teneatis, amici – nei “mass media”.

Insomma se la Chiesa dopo il Concilio è andata in pezzi la colpa è stata dei giornalisti.

Non mi dilungo. Per chi volesse, ci sarebbe il mio libro, scritto circa tredici anni fa, sulla crisi della Chiesa cattolica prima, durante e dopo il Concilio Vaticano II. L’ultimo paragrafo riguarda proprio Ratzinger, anche se in sintesi, come il resto del libro fa anche per gli altri elementi del puzzle ecclesiale che tenta di ricostruire.

Il libro si intitola 1962. Rivoluzione nella Chiesa, edito da Civiltà di Brescia. Mi pare che sia ora esaurito, ma quell’editrice ne fornisce, del tutto gratuitamente, una versione in PDF anche stampabile, qui.

Sono più di trecento pagine, ma il mio stile è giornalistico per cui è di facile lettura.

Se vuole, il signor Battiston (e anche lei, caro Valli, come anche altri eventuali lettori) può dargli un’occhiata, anche se io consiglio la lettura completa. Così si avrà una visione abbastanza esauriente dell’iter rivoluzionario nella Chiesa, dai prodromi modernisti di fine Ottocento e primi del Novecento fino, appunto, al pontificato ratzingeriano.

Dalla vendita del mio libro (pubblicato anche in francese e in polacco) non ho ricavato assolutamente nulla, perché ho rinunciato spontaneamente ai diritti d’autore.

Cari saluti in Gesù, Maria SS.ma e San Giuseppe!

*eremita diocesano

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