Lettera dalla Francia / Il Regno sociale di Gesù Cristo o il globalismo? Dobbiamo scegliere

di Brice Michel

Secolarismo, guerra all’insegnamento cattolico, promozione di costumi contro natura, apologia della blasfemia, divieto di Messa durante i cosiddetti lockdown. I tempi di apostasia in cui viviamo vedono moltiplicarsi gli attacchi al Regno sociale di Gesù Cristo. La Repubblica si ostina oggi a cancellare ogni traccia di cultura cristiana nello spazio pubblico. Ma questo non deve stupirci, non è una deriva: bisogna capire che la Repubblica in questo modo persegue solo la sua vocazione iniziale.

La Repubblica di ispirazione massonica nasce infatti dal desiderio di porre fine all’ordine cristiano: abbattere il Trono (la Regalità) per distruggere l’Altare (la Chiesa). Nella mente dei rivoluzionari, la Repubblica era solo un palcoscenico (si veda Anacharsis Cloots, La République universelle ou adresse aux tyrannicides, 1792). L’obiettivo finale era l’istituzione di un governo mondiale. Tuttavia, l’instaurazione di un Nuovo Ordine Mondiale passa necessariamente attraverso la distruzione della sovranità delle nazioni e dell’ordine morale cristiano.

È in questo progetto a lungo termine che si inserisce la missione che a Macron è stata affidata dall’oligarchia globalista. La sua azione politica sarebbe incomprensibile se non avessimo in mente questo progetto globalista. Basta osservare.

– Sul piano istituzionale: decostruzione della Francia per completare la sua conversione in una regione dell’Unione Europea.

– Sul piano economico: vendita di attività industriali all’estero (Alstom, Alcatel-Lucent, Technip, aeroporto di Toulouse-Blagnac)

– Sul piano morale: difesa del “diritto” alla blasfemia o del “diritto” all’aborto

– Sul piano culturale: far sentire i francesi in colpa attraverso il pentimento permanente e la negazione esplicita della cultura francese (“ non c’è una cultura francese”)

– Sul piano internazionale: strategia della tensione, ad esempio gettando benzina sul fuoco nel conflitto in Ucraina (consegna di armi).

In sintesi: distruzione della sovranità politica, distruzione dell’autonomia e del potere economico della Francia, perversione dell’ordine morale, caos sociale, cancellazione della cultura nazionale e discredito della Francia a livello internazionale. Tutto nell’azione di Macron contribuisce a indebolire la Francia e a minare le condizioni per la sua sopravvivenza come nazione.

Macron sta solo completando l’opera di decostruzione avviata dalla Rivoluzione del 1789. Sotto giacca e cravatta e curriculum da banchiere, statene certi, abbiamo davvero a che fare con un rivoluzionario, un marxista. Il saggio da lui pubblicato nel 2016, poco prima di intraprendere la campagna elettorale, non si intitolava forse Rivoluzione?

Arrivati ​​a questo punto, o la Rivoluzione si concluderà con il caos e la distruzione definitiva della nostra nazione, o si tornerà al cristianesimo per ricostruire la Francia, non c’è alternativa: “Sempre più si porrà la questione del Regno sociale di Cristo, sempre più se ne discuterà, perché scatterà la lotta tra i partigiani dichiarati di Cristo e della sua civiltà e i sostenitori della civiltà pagana e atea” (padre Théotime de Saint Just, La Royauté sociale de Notre Seigneur Jésus-Christ, 1923).

Se il bersaglio della Rivoluzione era il Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, allora logicamente per resistere alla Rivoluzione dobbiamo lavorare per restaurare questo Regno sociale, studiando la dottrina della Regalità di Gesù Cristo, professandola e mettendola in pratica.

La dottrina della Regalità sociale di Cristo è senza dubbio una delle dottrine più fraintese tra le dottrine cattoliche. In questo articolo, quindi, ricorderemo i punti principali ei fondamenti di questa dottrina e vedremo cosa possiamo fare noi, come laici, per lavorare per il Regno sociale di Gesù Cristo.

Ci affideremo in particolare agli scritti dei papi Leone XIII, Pio X e Pio XI, in particolare alle sue encicliche Ubi arcano Dei consilio e Quas primas (enciclica con cui Pio XI istituì la festa di Cristo Re), nonché agli scritti del cardinale Pio [1] e del vescovo Albert Nègre [2] .

L’importanza della dottrina del regno sociale di Gesù Cristo ricordata dai papi

Il regime in cui viviamo oggi in Occidente è quello dell’ateismo legale, cioè l’esatto opposto del regime del Regno sociale di Gesù Cristo, regime in cui, al contrario, vengono proclamati ufficialmente i diritti di Gesù Cristo sulla società. Lo stato moderno emerso nel 1789 è uno stato di apostasia in cui la società è separata da Dio e disconnessa dalla sua fonte spirituale. Cerchiamo di capire che se non viene fornito alcun rimedio, la morte spirituale delle società occidentali porterà inevitabilmente alla loro morte temporale. Questo processo è già a buon punto per la Francia, che oggi si trova in quella che si potrebbe definire una fase terminale, in un momento di immigrazione di massa, terrorismo, impoverimento, violenza quotidiana e insicurezza.

Già Benedetto XV (1854-1922) aveva dichiarato a suo tempo: “… ai dì nostri l’empietà delle pubbliche cose, l’ateismo eretto a sistema di pretesa civiltà, ha piombato il mondo in un mare di sangue”(discorso al Sacro collegio, Natale 1917).

In seguito papa Pio XI spiegò che l’abbandono dei principi politici dello Stato cristiano era la causa principale dei problemi del nostro tempo.

Nella sua enciclica Ubi arcano Dei consilio (23 dicembre 1922) Pio XI elencava i mali del tempo: guerre internazionali, lotte interne alle nazioni (lotta di classe, guerra fra partiti), terrorismo, criminalità, epidemie, distruzione della famiglia, povertà, insubordinazione, chiusura dell’industria, crisi del commercio internazionale, declino della letteratura e dell’arte, in breve “un disordine e un caos universali” in mezzo al quale “l’umanità sembra tornare alla barbarie”. Affermò esplicitamente in questa enciclica che il caos generale era dovuto al fatto che l’autorità di Dio non era più riconosciuta come base dell’ordine politico: “Gli uomini si sono allontanati da Dio e da Gesù Cristo e per questo sono caduti al fondo di tanti mali; per questo stesso si logorano e si consumano in vani e sterili tentativi di porvi rimedio, senza neppure riuscire a raccogliere gli avanzi di tante rovine. Si è voluto che fossero senza Dio e senza Gesù Cristo le leggi e i governi, derivando ogni autorità non da Dio, ma dagli uomini; e con ciò stesso venivano meno alle leggi, non soltanto le sole vere ed inevitabili sanzioni, ma anche gli stessi supremi criteri del giusto, che anche il filosofo pagano Cicerone intuirà potersi derivare soltanto dalla legge divina. E veniva pure meno all’autorità ogni solida base, ogni vera ed indiscutibile ragione di supremazia e di comando da una parte, di soggezione e di ubbidienza dall’altra; e così la stessa compagine sociale, per logica necessità, doveva andarne scossa e compromessa, non rimanendole ormai alcun sicuro fulcro, ma tutto riducendosi a contrasti ed a prevalenze di numero e di interessi particolari”.

Il rimedio, spiega Pio XI, è ovvio: bisogna tornare a mettere Dio a fondamento della politica e al centro della vita sociale. È solo a questo prezzo che l’ordine tornerà: “Quando dunque governi e popoli seguiranno negli atti loro collettivi, sia all’interno sia nei rapporti internazionali, quei dettami di coscienza che gli insegnamenti, i precetti, gli esempi di Gesù Cristo propongono ed impongono ad ogni uomo; allora soltanto potranno fidarsi gli uni degli altri, ed aver anche fede nella pacifica risoluzione delle difficoltà e controversie che, per differenza di vedute e opposizione d’interessi, possono insorgere”.

Il papa riassume il suo programma con una semplice formula che riprende quella di Benedetto XV e di Pio X prima di lui: “La pace di Cristo nel regno di Cristo”. E nella Quas primas (1925) scrive: “Affinché la società cristiana possa godere e conservare tutti questi preziosi vantaggi, è necessario che si faccia conoscere il più possibile la dottrina della dignità regale del nostro Salvatore”.

Questo programma di restaurazione del Regno sociale di Cristo voluto da Pio XI trovò la sua traduzione in particolare nell’istituzione della festa di Cristo Re con l’enciclica Quas primas, l’11 dicembre 1925. Questa enciclica dettaglia la nozione della Regalità sociale di Gesù Cristo e invita i cattolici ad appropriarsi di questa dottrina e a promuoverla.

Qual è la dottrina del Regno sociale di Gesù Cristo?

In una parola, questa dottrina significa che Gesù Cristo è Re de jure e de facto di tutte le nazioni e che esse devono quindi riconoscere tale regalità e organizzarsi sulla base di questo principio per conformare a esso le loro istituzioni e le loro leggi. Questo è l’ideale seguito dal Medioevo e che cominciò a essere abbandonato con la rivolta degli imperatori di Germania e di Filippo il Bello in Francia.

Papa Leone XIII riassume questa dottrina come segue: “Colui che è il Creatore e anche il Redentore della natura umana, il Figlio di Dio, è il Re e padrone dell’universo e possiede il potere sovrano sugli uomini, sia presi separatamente che uniti in società. La legge di Cristo deve quindi avere un valore tale da servire a dirigere e governare non solo la vita privata, ma anche quella pubblica…” (enciclica Tametsi futura prospicientibus, 1900).

La Regalità di Gesù Cristo è dunque questo “potere di governare i suoi sudditi” che Egli possiede come Creatore e Salvatore, quindi “il potere di governare un popolo, una nazione”.

Questo titolo di Re che Gesù Cristo possiede va distinto dagli altri suoi titoli: Signore, Salvatore, Redentore, Pontefice e Dottore. Gesù Cristo, infatti, non è solo

– Signore, come padrone di tutte le creature

– Salvatore, come garante della nostra salvezza eterna

– Redentore, perché ha pagato per noi il riscatto del peccato originale

– Pontefice, come vittima immolata e sacerdote nel Sacrificio della Croce

– Dottore, perché ci insegna,

ma è anche Re per governare e comandare.

Questa Regalità che Cristo possiede sulle nazioni è un vero potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Ed è una buona cosa, spiega monsignor Nègre, che ci sia “una giurisdizione reale, un’autorità dotata del triplice potere di legiferare, di pronunciare giudizi sugli osservanti e sui trasgressori di queste leggi, di assegnare premi e pene secondo meriti e demeriti e, di conseguenza, di istituire nella società delegati o magistrati che partecipano al potere pubblico e al governo” (Albert Nègre, La royauté sociale du Sacré-Cœur, 1921).

Questa Regalità integra i diversi titoli di Gesù Cristo come una sorta di salvaguardia alla volontà degli uomini fragili nell’applicazione delle virtù e a quella dei capi delle nazioni, spesso refrattari alla promozione del bene comune.

Per essere precisi, spiega monsignor Nègre, è necessario distinguere tra la Regalità di Gesù Cristo e il Regno di Gesù Cristo. La Regalità è il potere, il diritto di governare, mentre il Regno è l’effettivo esercizio di questa Regalità in atto, nell’ordine dei fatti: “La regalità è il potere di governare; il regno è l’esercizio di questo potere, o l’atto di governare” (op. cit.).

Si noti che Cristo è re di diritto, ma delega questo potere ai poteri costituiti, non lo esercita direttamente. Il regime difeso dalla Chiesa non è una teocrazia. “Come re di tutte le società di questo mondo, Gesù Cristo è detentore di diritto, non solo del potere spirituale, ma anche del potere temporale. Ma, di fatto, voleva esercitare il suo potere temporale sulla società civile, e farlo da sé o dalla sua Chiesa? No, rispondiamo, né da lui stesso né per autorità ecclesiastica. Non era sua intenzione usare il suo potere temporale in questo modo. Ne abbandona l’uso allo Stato, ai magistrati civili” (op. cit.).

Il potere che alcuni uomini hanno di legiferare, giudicare ed esercitare l’autorità all’interno delle nazioni è in realtà loro delegato da Gesù Cristo ed è quindi esercitato in virtù di una delega di poteri. Come i capi della Chiesa nel regno spirituale, essi rappresentano i loro popoli davanti a Dio nel loro ordine, l’ordine temporale, ed è in nome di Dio che esercitano l’autorità sulle nazioni.

Gesù Cristo trasferisce così parte dei suoi poteri e delle sue responsabilità a coloro che gli sono subordinati e che sono quindi suoi delegati. Gli uomini che esercitano questa autorità renderanno conto davanti a Dio di questo potere che hanno ricevuto, poiché devono esercitarlo in conformità ai suoi comandamenti e in vista del bene, cioè della salvezza delle anime.

Vediamo, inoltre, che questa dottrina si oppone direttamente al concetto di sovranità popolare che è condannato dal Magistero della Chiesa: l’uso legittimo del potere non richiede assolutamente il consenso degli interessati. Al contrario, secondo la dottrina del Regno sociale di Gesù Cristo, la legittimità di un capo gli viene da Dio, e non dal popolo.

Se Cristo non esercita direttamente la sua regalità sull’ordine temporale, come si esercita questo regno? “Indirettamente”, risponde monsignor Nègre, attraverso l’intermediazione della morale e dell’autorità della Chiesa alla quale i rappresentanti dello Stato devono sottomettersi: “[Egli] regna, diciamo con fermezza, sulla società civile, sullo Stato; non però per la sua potestà temporale, di cui non si serve, ma per la sua potestà spirituale. E questo potere spirituale lo esercita sullo Stato in tre modi: imponendo la sua religione, la sua morale e l’autorità della sua Chiesa” (op. cit.).

La forma del governo è così lasciata libera. E, d’altra parte, qualunque sia questa forma deve essere subordinata alla legge divina.

Principi della dottrina del Regno Sociale di Cristo

Riassumendo, possiamo così elencare i diversi principi che compongono questa dottrina del Regno sociale di Gesù Cristo:

– Riconoscimento da parte di ogni popolo che Gesù Cristo è di diritto e deve essere di fatto il Re della nazione,

– Sottomissione, nell’ordine spirituale, del sovrano come dei sudditi, al Vicario di Cristo che implica il riconoscimento dell’autorità del papa da parte dell’autorità pubblica

– Collaborazione del papa e del sovrano per ottenere la prosperità temporale e la preparazione alla vita eterna (fine di ogni società cristiana)

– Conformità delle leggi umane alla legge divina per regolare la morale, reprimere il male, promuovere il bene (Il Vangelo deve essere la fonte delle leggi civili)

Quali sono le conseguenze di questa dottrina del Regno sociale di Cristo e come si traduce concretamente? 

– I popoli e i loro capi devono fare pubblica professione della religione cattolica. La neutralità dello Stato in campo religioso è di fatto una bestemmia: dare gli stessi diritti a tutte le religioni non è legittimo, poiché oltre a essere un attentato alla verità (l’unica religione voluta e approvata da Dio è quella cattolica) questa significa che Cristo non è riconosciuto come Re. Questo riconoscimento della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo deve, al contrario, tradursi in un riconoscimento ufficiale della Chiesa cattolica nella Costituzione come la vera e unica Chiesa.

– Lo Stato è tenuto a rendere pubblico culto a Dio: vale a dire che oltre a riconoscere la regalità di Cristo nei testi ufficiali, i governanti devono partecipare al culto pubblico e alle feste religiose. Devono rendere pubblico omaggio a Dio come governanti, a nome della nazione.

– I governanti e i popoli devono conformare i loro atti, le loro istituzioni e le loro leggi alla religione cattolica.

“La sua regalità esige che tutto lo Stato sia regolato dai comandamenti di Dio e dai principi cristiani, sia nella legislazione che nel modo di amministrare la giustizia e nella formazione della gioventù alla sana dottrina e alla buona disciplina morale” (Pio XI, Quas primas).

I governi in carica devono quindi, ad esempio, abolire le leggi che garantiscono il diritto all’aborto. A riprova che questo è possibile, nel 2022 gli Stati Uniti lo hanno appena fatto: la Corte Suprema ha abolito il diritto costituzionale all’aborto il 24 giugno 2022, festa del Sacro Cuore!

– È stretto dovere delle autorità vietare per legge tutto ciò che mina l’ordine social-cristiano:

– In generale, lo Stato deve astenersi da ogni azione lesiva del bene spirituale dei sudditi e quando può, deve agire al servizio di questo stesso bene religioso e morale.

Prove della dottrina del regno sociale di Gesù Cristo

La dottrina del regno sociale di Gesù Cristo si basa su tre tipi di prove: prove dalla Scrittura, dalla tradizione e dalla ragione.

Prove scritturali della regalità di Gesù Cristo e del suo impero sulle nazioni 

“Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui, che gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto”  (Daniele 7,13-14).

“Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo, e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre. Egli regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine” (Luca 1, 31-33).

“Il Signore mi ha detto: Tu sei mio figlio, oggi io t’ho generato. Chiedimi, io ti darò in eredità le nazioni e in possesso le estremità della terra (Salmi 2,7-8).

“”Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo” (Mt 2.2).

“Allora Pilato gli disse: Dunque tu sei re? Rispose Gesù: Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce” (Gv 18,37).

“Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: Gesù il Nazareno, il re dei Giudei” (Gv 19.19).

“… e hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi. Avendogli assoggettato ogni cosa, nulla ha lasciato che non gli fosse sottomesso. Tuttavia al presente non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa” (Lettera agli ebrei, 2.8).

“Gesù si avvicinò e parlò loro così: Mi è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque, ammaestrate tutte le nazioni” (Mt 28,18).

In san Giovanni appare come il “principe dei re della terra” (Apocalisse 1, 5) e il “Re dei re e Signore dei Signori” (Apocalisse, 19, 16).

“Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno;
sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra” (Mt 6,9-10).

A proposito delle parole del Padre nostro, il cardinal Pie scrive: “Gesù Cristo, nel tracciare la preghiera del Signore, ha ordinato che nessuno del suo popolo potesse compiere il primo atto di religione, che è la preghiera, senza mettersi in contatto, secondo il proprio grado di intelligenza e secondo l’ampiezza dell’orizzonte aperto davanti lui, con tutto ciò che può anticipare o ritardare, favorire o ostacolare il regno di Dio sulla terra” (Homélie sur le Panégyrique de Saint Aemilianus, 1859).

Non si tratta solo di un regno spirituale, si tratta anche di un regno “sulla terra”, un regno temporale e sociale di Cristo.

Testimonianze nella tradizione

I Padri della Chiesa ma anche i canoni dei Concili, le Decretali e le Lettere dei papi e gli ordinamenti dei re confermano questa dottrina. Possiamo anche citare il testamento di Saint-Rémi che istituisce la regalità di Clodoveo e la fonda sull’autorità di Dio, o la triplice donazione di Giovanna d’Arco con Carlo VII che venne a rinnovare questo patto tra la regalità francese e Dio nel 1429.

Tra i Padri della Chiesa, citiamo sant’Agostino che già insegnava questa dottrina, in particolare il dovere che hanno i capi di Stato di fare leggi che garantiscano protezione alla Chiesa, ma anche sant’Ilario, san Martino, sant’Atanasio e sant’Ambrogio. Tutto ciò prova che la legge cristiana e il principio dello Stato cristiano esistono fin dall’inizio della storia della Chiesa.

Prova secondo ragione

Dio è l’autore degli individui ma anche delle società. Dio è l’autore delle società nel senso che dà loro le leggi. Li ha fondati e li governa. In virtù di questa dipendenza che le società hanno da Dio, gli devono un omaggio pubblico, non solo individuale.

Il vescovo Pie spiega inoltre che, in quanto persone morali, le nazioni sono soggette alle stesse leggi delle persone fisiche: “Il dominio di Dio sui popoli non è meno assoluto del suo dominio sugli individui; i suoi diritti si estendono tanto agli esseri collettivi quanto alle esistenze individuali. Ogni nazione è una persona morale: non può quindi fare a meno di dare ai suoi atti il ​​valore morale che consiste nella loro conformità alla legge di Dio” (lettera pastorale che annuncia la sospensione del Concilio ecumenico, 31 ottobre 1870.

A livello teologico questi diritti di comandare le nazioni sono detenuti da Gesù Cristo in due modi:

– per diritto di natura: in quanto persona divina, è Dio, Creatore e quindi Maestro supremo

– per diritto di conquista: per l’opera di redenzione che operò

“L’autorità di Cristo non gli viene solo per diritto di nascita, in quanto unico Figlio di Dio, ma anche in virtù di un diritto acquisito. Egli stesso, infatti, ci ha strappato al potere delle tenebre. Egli stesso ha dato se stesso per la redenzione di tutti. Non solo i cattolici, non solo coloro che hanno ricevuto il battesimo cristiano, ma tutti gli uomini senza eccezione diventano per lui un popolo conquistato” (Leone XIII, enciclica Annum sacrum, 1899).

Come restaurare il Regno sociale di Cristo?

In generale, il cristiano non può ritirarsi nella sua vita interiore e vivere in società come se la sua religione fosse solo un affare privato. Una tale visione non è cattolica.

Deve fare il possibile per promuovere il regno temporale di Dio sulla terra e combattere contro ciò che si frappone: “Il cristiano non è dunque, come sembra si creda e come afferma ogni giorno e in tutti i toni un certo mondo contemporaneo, non è dunque un essere che si isola in se stesso, che si sequestra in un oratorio indistintamente chiuso a tutti i rumori del secolo e che, soddisfatto purché si salvi l’anima, non si cura del movimento delle cose quaggiù. Il cristiano è l’opposto di quello. Il cristiano è l’uomo pubblico e sociale per eccellenza, lo indica il suo soprannome: è cattolico, che significa universale(cardinale Pie, Opere, III, 500-501).

Il cardinale Pie sta solo riproponendo qui l’insegnamento dei papi su questo argomento, non si tratta di una visione personale. “Dite ai vostri fedeli del laicato che quando essi, uniti ai loro sacerdoti ed ai loro Vescovi, partecipano alle opere di apostolato individuale e sociale, per far conoscere e amare Gesù Cristo, allora più che mai essi sono ‘la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato’. Allora più che mai sono essi pure con Noi e con Cristo, benemeriti essi pure della pace del mondo, perché benemeriti della restaurazione e dilatazione del regno di Cristo. Poiché solo in questo regno di Cristo si dà quella vera uguaglianza di diritti per la quale tutti sono nobili e grandi della stessa nobiltà e grandezza, nobilitati dal medesimo prezioso Sangue di Cristo; e quelli che presiedono non sono che ministri del bene comune, servi dei servi di Dio, degli infermi specialmente e dei più bisognosi, sull’esempio di Gesù Cristo Signor Nostro!” (Pio XI, Ubi arcano Dei consilio, 1922).

Il problema è che la Chiesa conciliare risultante dal Vaticano II non cerca più il regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo. Al contrario, ha partecipato in gran parte alla distruzione degli Stati cattolici incoraggiando la separazione della Chiesa e dello Stato.

[…]

Quali sono i diversi mezzi per realizzare il Regno sociale di Gesù Cristo?

Formazione

– Per prima cosa è necessario formare: Pio XI, nella già citata enciclica Ubi arcano Dei consilio, avverte che uno dei pericoli è la mancanza di formazione e l’ignoranza della dottrina cattolica, in particolare sui rapporti del potere religioso con il potere civile, sui diritti della Santa Sede e del pontefice, e sui diritti di Cristo su tutti gli uomini e su tutti i popoli. Deplora in alcuni cattolici “la totale ignoranza di Cristo” o “l’infedeltà alla sua dottrina integrale e autentica come pure all’unità che ha voluto”.

È quindi necessario studiare e conoscere questa dottrina del Regno sociale di Gesù Cristo: “Il primo dovere dei fedeli, per aiutare la restaurazione sociale cristiana, è soprattutto quello di far regnare Gesù Cristo nella loro intelligenza mediante l’istruzione religiosa” (Théotime de Saint-Just, La royauté sociale de Notre Seigneur Jésus-Christ).

Come cattolici dobbiamo sapere e credere che Gesù Cristo deve regnare sulle istituzioni sociali e che queste devono conformare le loro leggi alle leggi del Vangelo.

Ruolo della famiglia

– Per regnare nella società, Cristo deve prima regnare nelle famiglie. Deve quindi essere fatto regnare mediante le pie immagini esposte nel focolare, nella preghiera, l’educazione cristiana dei fanciulli, la benedizione dei pasti.

Confessione pubblica di fede

La fede deve essere confessata pubblicamente sia frequentando il culto ma anche con la condotta cristiana in tutti gli atti della vita, per non vergognarsi della propria fede nella società.

Preghiera

Preghiamo per l’avvento del Regno sociale di Cristo. Circa il modo di pregare i papi hanno insistito sulla nozione di espiazione e riparazione nei confronti dei diritti di Dio che sono calpestati dai moderni stati laici.

È in questo spirito di riparazione che Leone XIII consacrò il genere umano al Cuore di Gesù l’11 giugno 1899 e che san Pio X ordinò il 22 agosto 1906 che tale consacrazione fosse rinnovata ogni anno nella festa del Sacro Cuore di Gesù in tutte le chiese parrocchiali.

Si noti che questa consacrazione includeva precisamente un riconoscimento dei diritti di Nostro Signore Gesù Cristo sulla Francia, una richiesta di perdono dell’apostasia ufficiale e un appello a ristabilire il suo regno nel nostro paese mediante la fede nella sua dottrina e l’obbedienza alle sue leggi.

L’atto di riparazione al Sacro Cuore allegato all’enciclica Miserentissimus Redemptor di Pio XI, 8 maggio 1928, che prescrive di recitarlo ogni anno nella festa del Sacro Cuore, contiene anche formule molto esplicite sul Regno sociale di Gesù Cristo: “Vorremmo espiare per tante deplorevoli colpe, riparare per ognuna di esse: disordini di condotta, indecenza delle mode, scandali, corruttori di anime innocenti, profanazione delle domeniche e delle feste, esecrabili bestemmie contro di voi e contro i vostri Santi , ingiurie al tuo Vicario e ai tuoi sacerdoti, odiosamente sacrilego abbandono e violazioni del divin Sacramento del tuo amore, peccati pubblici infine delle nazioni che si rivoltano contro i diritti e l’autorità della tua Chiesa”.

Purtroppo, finora i rappresentanti degli Stati non vi hanno mai preso parte; ma il riconoscimento da parte dei fedeli e del clero non basta. Per fare bene sarebbe necessario che l’autorità pubblica si unisse a queste preghiere. I laici possono quindi contribuire affinché le autorità pubbliche si uniscano a questa consacrazione.

Attivismo

Possiamo e dobbiamo militare anche per l’abrogazione di leggi che minano la Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo, come le leggi sull’aborto, l’eutanasia, il matrimonio omosessuale, la “neutralità” dell’insegnamento nell’educazione nazionale, o le leggi contrarie al riposo domenicale.

Oggi, quando l’home schooling è stato praticamente proibito nel 2021 da Macron, il nostro dovere è fare campagna contro questa legge criminale e iniqua e chiederne l’abolizione.

Inoltre, in un tempo in cui la messa è vietata, le statue della Vergine Maria o di san Michele Arcangelo vengono rimosse dallo spazio pubblico in nome del secolarismo, il presepe è spesso vietato nei luoghi pubblici, la Regalità sociale di Gesù Cristo è attaccata da tutte le parti, è nostro dovere, come laici cattolici, opporci.

Doveri speciali delle élite politiche e intellettuali

È la mancanza di formazione, spiega monsignor Pie, la causa degli errori politici. Sono infatti lo scetticismo in materia di fede e l’ignoranza della verità che ha portato i leader a varare leggi che garantiscono il diritto all’errore, l’ateismo di Stato, la libertà di culto, la libertà di stampa. Per rimediare a ciò, il vescovo Pie raccomanda quindi che queste élite siano formate nella filosofia tomista, nel diritto naturale e nella teologia. La loro formazione deve essere più ampia di quella degli altri laici.

Inoltre, le élite politiche devono dare l’esempio partecipando ufficialmente al culto della Chiesa e gli insegnanti devono essere cristiani nel loro insegnamento e non adottare una falsa neutralità o nascondere la loro fede.

Conclusione

Concludiamo con san Pio X la cui parola d’ordine era: “Restaurare tutto in Cristo” e che ci dà i dettagli del suo programma per il ripristino dell’ordine sociale cristiano in una delle sue encicliche, Il fermo proposito. Questo programma costituisce una buona tabella di marcia, che possiamo fare nostra in vista della restaurazione del Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo: “Combattere con ogni mezzo giusto e legale la civiltà anticristiana; riparare con ogni mezzo i gravi disordini che ne derivano; ricollocare Gesù nella famiglia, nella scuola, nella società ristabilire il principio dell’autorità umana come rappresentante di quello di Dio avere a cuore sovranamente gli interessi del popolo e in particolare quelli della classe operaia e agricola, non solo inculcando al centro di tutto il principio religioso, unica vera fonte di consolazione nelle angosce della vita, ma sforzandosi di asciugare le loro lacrime, addolcire le loro pene, migliorare la loro condizione economica con misure sagge, lavorare, quindi, far le leggi pubbliche conformi alla giustizia, per correggere o sopprimere quelle che non lo sono” (San Pio X, Il fermo proposito. Diretta ai Vescovi d’Italia per l’istituzione e lo sviluppo dell’Azione Cattolica, associazione laica per la propaganda cattolica religiosa nel mondo profano, 1905).

[1] Père Théotime de Saint Just, La Royauté Sociale de Notre Seigneur Jésus-Christ 

[2] Mgr Albert Nègre, Le Règne social du Sacré-Coeur

Fonte: contre-revolution.fr

 

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