Pasqua da cristiani

Nostra autem conversatio in caelis est

Fil 3, 20

La scure

Nel considerare la profonda crisi attraversata dalla Chiesa militante, c’è la tentazione molto sottile di valutarne principalmente gli aspetti superficiali, tentazione che induce a porsi con superbia nella posizione di giudice inappellabile di tutto e di tutti, senza avvedersi fino a che punto i mali esecrati si siano radicati nel cuore stesso del giudicante. I difetti rilevabili nel campo modernista sono fin troppo noti: l’intellettualismo perduto in astratti ideali, il moralismo intessuto di parole vuote, la prassi incollata al pensiero dominante, le relazioni adulterate dallo spirito mondano, l’incapacità di un onesto confronto con la realtà interiore e con quella esterna. Questi vizi, ammantati da apparenti virtù, hanno per comune denominatore il ripiegamento sul proprio io, con un’attenzione ossessiva per il benessere fisico e psicologico, assurto a salvezza piena e definitiva dell’individuo, benché sul piano della pura immanenza e dentro il ristretto orizzonte di questa vita mortale.

Muri di gomma

Queste osservazioni, probabilmente, troverebbero gran parte dei moderni chierici e laici impegnati assolutamente consenzienti, dato che rimarrebbero confinate nell’ambito del mero discorrere, senza il minimo effetto sull’esistenza reale, come un sasso gettato nello stagno: la loro malattia spirituale li rende completamente immuni dalle eventuali scosse di un salutare richiamo. Qualunque cosa tu cerchi di spiegare loro per metterli sull’avviso, otterrà come reazione l’immediata approvazione di chi pensa di sapere già ciò che gli stai dicendo oppure, al massimo, una momentanea esitazione di smarrimento, rapidamente superato, però, col ricorso a qualche luogo comune subito ripescato dal prontuario ideologico di base. Ciò che più colpisce è l’emergere della deformazione mentale causata dall’antropocentrismo: perfino l’appello al primato di Dio è piegato in funzione dell’uomo, in vista della sua affermazione e del suo successo terreno.

La sensazione, a volte, è che solo un miracolo potrebbe cambiare queste persone, a cominciare dalla testa. Tale costatazione deve indurci all’umiltà e alla gratitudine, poiché in un contesto del genere, senza il provvidenziale aiuto della grazia, ci troveremmo certamente nella stessa condizione. È pur vero che non a tutti tocca la disgrazia di dover studiare in una facoltà teologica; tutti nondimeno, volenti o nolenti, subiscono gli effetti degli “studi” effettuati dai consacrati e dai loro collaboratori. Quando, per esempio, qualcuno rifiuta la comunione sulla lingua per qualche inconsistente ragione (che varia oltretutto da soggetto a soggetto), bisogna rendersi conto che questa non è semplicemente una trita espressione di atavico clericalismo, ma pure una diretta conseguenza di una disposizione interiore per la quale le opinioni e l’arbitrio individuali prevalgono in modo assoluto su qualsiasi altra considerazione, nonché sulle esigenze minime della carità.

A senso unico

Prima che, in modo del tutto illegittimo, fossero imposte quelle pretese misure sanitarie che tanti, nonostante la cosiddetta emergenza sia da tempo finita, continuano a osservare con ben più forte scrupolo dei Comandamenti divini, si imponeva ai sacerdoti di distribuire l’Eucaristia sulla mano per rispetto della sensibilità dei fedeli. Paradossalmente, il medesimo rispetto non c’è per quelli che desiderano riceverla sulla lingua. A parte quest’evidente contraddizione (che però gli attuali chierici non colgono affatto, in genere, avendo ammesso quell’errore logico come elemento costitutivo del loro “pensiero”), il vero problema è il ribaltamento dell’ordine: la dimensione soggettiva (il sentire personale) prevale su quella oggettiva (il valore di ciò che si riceve e lo stato dell’anima). Anche qui sarebbe riduttivo fermarsi alla superficie fenomenologica del fatto senza risalire alla sua causa più profonda: il dono celeste non porta più l’uomo a Dio, ma lo lascia dov’è e com’è.

L’accentramento antropologico, dunque, fa sì che tutto nella Chiesa – compresa l’azione divina – sia catturato e rimanga prigioniero del piano orizzontale. A lungo andare, tuttavia, si perde finanche la percezione del carattere soprannaturale di quanto compiuto nella Liturgia: tutto è concepito come operazione umana la cui efficacia dipende dalle modalità di esecuzione, mentre, in realtà, l’agente principale è Cristo, che mediante il ministro realizza in modo infallibile ciò che i riti significano, pur facendone dipendere la fruttuosità dalle disposizioni interiori dei fedeli. Così si crede necessario che la Messa, per produrre il suo effetto, sia animata in maniera adeguata, che ogni gesto liturgico sia spiegato con noiose monizioni che interrompono l’azione sacra, che ogni parola sia adattata alle circostanze mediante la scelta dei formulari o, magari, l’improvvisazione del celebrante, che sarà più o meno abile o geniale… proprio come in uno spettacolo.

Passaggio invertito

La Pasqua, in queste condizioni, non è più il passaggio dalla schiavitù del peccato al regno del bene, dal dominio del diavolo a quello della grazia, dalla vita mortale a quella immortale, bensì un ritorno in Egitto: quello, d’altronde, che gli ebrei liberati continuarono a sognare per decenni, nonostante il prodigioso attraversamento del Mar Rosso e gli innumerevoli altri portenti con cui Dio, per mezzo di Mosè, aveva provveduto ai loro bisogni. La nostalgia per la pentola della carne, da cui mangiare a sazietà (cf. Es 16, 3), li teneva interiormente avvinghiati a una società oppressa dalla stregoneria – quella stessa stregoneria che, ancora oggi, praticano i padroni del mondo per mantenere l’umanità assoggettata al loro potere. Sappiamo bene che cosa sono riusciti a imporre in tutto il mondo, prima con la paura di una malattia, poi col divieto di lavorare e spostarsi liberamente. Anche gran parte dei vertici della Chiesa Cattolica, purtroppo, ha collaborato a tale regresso alla schiavitù.

Questa paradossale inversione del senso di marcia non è certo una fatalità, ma risultato di una scelta deliberata: «Non osservarono l’alleanza di Dio e nella sua legge non vollero camminare» (Sal 77, 10). La radice di quanto abbiamo fin qui osservato è l’infedeltà alle promesse battesimali, che pur saranno verbalmente rinnovate questa notte, e la decisione di non conformare la condotta al volere divino, bensì alle proprie opinioni, che in realtà non sono altro che idee inculcate dal sistema sotto l’apparenza del progresso, senza che la gente se ne avveda. Che si tratti dell’Agenda 2030 o di altre sciocchezze, propagandate nelle scuole con fanatico zelo, il pensiero unico ha plasmato le menti dei nostri contemporanei rendendole refrattarie ad ogni buon senso e insensibili a tutto ciò che non sia materia. Ci sono poi perniciose imprese attuate in assenza di qualunque consenso, come la rete di quinta generazione, malgrado gli effetti devastanti sulla salute, specie di chi è “vaccinato”.

Con l’aiuto del Cielo, noi intendiamo rimanere fedeli all’alleanza battesimale anche a costo di patire persecuzione, riconoscenti e felici per l’immensa grazia di poter vivere secondo la volontà di Dio. I veri cristiani si sono sempre coraggiosamente opposti ad ogni tentativo di riportarli in Egitto, sotto il potere di Satana. Ogni volta che celebriamo la Santa Pasqua, non festeggiamo noi stessi per via di una presunta liberazione in senso materialistico e collettivistico; questa è l’alienazione giudaica, da cui tanta parte della Chiesa è stata contaminata col logoro pretesto di aprirsi al mondo. «La nostra cittadinanza è nei cieli, da dove pure aspettiamo, quale Salvatore, il Signore Gesù Cristo» (Fil 3, 20). Come aspiranti al Paradiso, che questa stupenda festa ci permette di pregustare, contiamo in tutto su di Lui, che ci ama di un’impagabile dilezione di carità e attira a Sé quanti sinceramente credono in Lui non soltanto con il cuore, ma anche con una vita fedele al Suo volere.

Fonte: lascuredielia

 

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