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Don Bosco ci presenta san Giuseppe / 1

di don Marco Begato

In occasione della festa di san Giuseppe lavoratore vorrei far conoscere ai lettori di Duc in altum quanto san Giovanni Bosco scrisse in onore del padre putativo del Signore Gesù.

La Vita di san Giuseppe è un fascicolo che il patrono dei giovani pubblica nel 1867. In esso si ricostruiscono gli episodi del santo attingendo soprattutto a quanto già riportato nel Nuovo Testamento. La narrazione è poi arricchita da vari aneddoti rinvenuti nella tradizione ecclesiale. Il testo è disponibile qui.

Noi ci limiteremo a rievocare alcuni paragrafi di introduzione e conclusione, nei quali don Bosco fissa alcune osservazioni di carattere più generale e devoto.

Nella pagina di apertura troviamo subito un riferimento prezioso, in cui ci è mostrato il carattere della missione di san Giuseppe:

Giuseppe aveva ricevuto da Dio una missione tutta opposta a quella degli apostoli. Questi avevano incarico di far conoscere Gesù; Giuseppe doveva tenerlo celato; quelli dovevano essere fiaccole che lo mostrassero al mondo, questi un velo che lo coprisse. Quindi Giuseppe non era per sé ma per Gesù Cristo. Era adunque nell’ economia della Divina Provvidenza che s. Giuseppe si mantenesse oscuro mostrandosi solamente quanto era necessario per autenticare la legittimità del matrimonio con Maria, e sgombrare ogni sospetto sopra quella di Gesù.

Così si risponde a una duplice domanda. La prima è: come mai di un santo tanto importante sappiamo così poco? E appunto don Bosco risponde individuando la specificità della missione di san Giuseppe nella storia della salvezza. La seconda è speculare alla prima: come mai se conosciamo così poco di san Giuseppe egli è divenuto tanto importante per la vita dei cristiani? Risponde il santo torinese:

Siccome la vera perfezione cristiana consiste nel comparire tanto grandi davanti a Dio quanto più piccoli avanti agli uomini, s. Giuseppe, che passò la sua vita nella più umile oscurità, si trova in grado di fornire il modello di quelle virtù che sono come il fiore della santità, la santità interiore.

Al termine dell’opuscolo (capitolo 21) troviamo invece riflessioni che fissano il tenore e il senso della devozione verso il casto sposo di Maria Vergine. Don Bosco celebra con grandi lodi san Giuseppe, legando la sua importanza anzitutto alla riconoscenza di Gesù: è il Signore che vuole premiare il proprio padre putativo per averlo servito in terra. Viene in mente il passo evangelico “passerà a servirli” (Lc 12,37):

Il figliuol di Dio che ha scelto Giuseppe per suo padre, per ricompensarne tutti i servigi e dargli in cambio le dimostrazioni del più tenero amore nel tempo della sua vita mortale, non l’ama meno in cielo di quello che lo amasse sopra la terra. Felice di aver l’intiera eternità per compensare il diletto suo padre di tutto quello che egli ha fatto per lui nella vita presente, con uno zelo così ardente, con una fedeltà così inviolabile ed un’umiltà tanto profonda. Ciò fa che il divin Salvatore è sempre disposto ad ascoltar favorevolmente tutte le sue preghiere, ed a soddisfare a tutti i suoi desiderii.

Don Bosco riprende poi il classico parallelo tra Giuseppe d’Egitto e Giuseppe di Nazareth, quello viene visto come prefigurazione e ombra di questo:

Il Faraone per ricompensare i servigi, che da Giuseppe figliuolo di Giacobbe aveva ricevuto, lo stabilì intendente generale della sua casa, padrone di tutti i suoi beni volendo che ogni cosa si facesse secondo il suo cenno. Dopo averlo stabilito vicerè dell’Egitto gli affidò il sigillo della sua autorità reale, e gli donò il pieno potere di concedere tutte le grazie che volesse. Ordinò che fosse chiamato il salvatore del mondo, affinché i suoi sudditi riconoscessero che a lui dovevano la loro salute; insomma mandava a Giuseppe tutti coloro che venivano per qualche favore, affinchè li ottenessero dalla sua autorità, e gli dimostrassero la loro riconoscenza: Ite ad Ioseph, et quidquid dixerit vobis, facile[8]; Andate da Giuseppe, fate tutto quello che egli vi dirà, e ricevete da lui quanto egli vorrà donarvi.

Ma quanto più ancora sono maravigliosi e capaci d’inspirarci un’illimitata confidenza i privilegi del casto {84 [364]} sposo di Maria, del padre adottivo del Salvatore! Non è un re della terra come Faraone, ma è Dio onnipotente colui che ha voluto ricolmare de’ suoi favori questo nuovo Giuseppe. Comincia per istabilirlo padrone e capo venerabile della santa famiglia; vuole che tutto gli obbedisca e gli sia sottomesso, perfino il proprio suo figlio a lui eguale in ogni cosa. Lo fa qual suo vicerè, volendo che rappresenti la sua adorabile persona sino a dargli il privilegio di portare il suo nome e di essere chiamato il padre del suo Unigenito. Mette nelle sue mani questo figlio, per farci conoscere che gli dà illimitato potere di far ogni grazia. Osservate come fa pubblicare nel vangelo per tutta la terra ed in tutti i secoli, che s. Giuscpppe è il padre del re dei re: Erant pater et mater eius mirantes[9]. Vuole che egli sia chiamato il Salvatore del mondo essendo che egli alimentò e conservò colui che è la salute di tutti gli uomini. Finalmente {85 [365]} ci avverte che se desideriamo grazie e favori, a Giuseppe dobbiamo rivolgerci: Ite ad Ioseph, poiché egli è che ha ogni potere presso il re dei re per ottenere tutto ciò che domanda.

Mi sia concesso un appunto. Si nota da parte di don Bosco una fiducia enorme nei confronti di san Giuseppe, che lo porta ad affermare che egli avrebbe “illimitato potere di far ogni grazia” e anche che egli “ha ogni potere presso il re dei re per ottenere tutto ciò che domanda”. Non prendiamo tali frasi come dichiarazioni teologiche puntuali, la qual cosa chiederebbe più di una precisazione, ma piuttosto come validi incentivi ad affidarsi praticamente all’intercessione del Santo con slancio personale generoso e confidente.

1.continua

Aldo Maria Valli:
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