Scoprire l’Eucaristia con san Giovanni Bosco / 8. La santa Comunione: disposizioni richieste al fedele

di don Marco Begato

I consigli di don Bosco sull’Eucaristia terminano con la sezione dedicata alle “disposizioni del corpo e dell’anima richieste in chi si accosta alla Santa Comunione”. Si parte con la raccomandazione riguardante la pulizia.

“Prima dobbiamo essere puliti nel corpo, puliti negli abili. Certamente non ci accostiamo in modo deforme a qualche gran personaggio della terra; oseremmo accostarci in tale stato al Signore dell’universo? I morbi naturali peraltro non ci possono impedire di accostarci a Gesù”.

Quindi si riprendono le norme del digiuno eucaristico, il tempo di digiuno da osservare prima di accostarsi alla Comunione sacramentale.

“Secondariamente dobbiamo osservare il digiuno che dicesi naturale, cioè dalla mezzanotte in giù non dobbiamo aver gustato cosa alcuna, quantunque piccolissima nè per modo di cibo nè per modo di bevanda. Questo digiuno fu stabilito dagli stessi Apostoli, come crede s. Agostino, e confermato da più concili. E con grande convenienza fu decretato, che nulla entri in noi prima di Gesù, sia per riverenza, sia per indicare che Gesù deve avere nel nostro cuore il primo posto, come dice s. Tommaso di Aquino”.

Don Bosco insiste in modo minuzioso sui dettagli di tale digiuno, riprendendo la casistica in voga nel suo tempo. Per quanto possa apparirci eccessivamente puntigliosa, la classificazione che segue deve pur farci riflettere circa la cura e il senso di rispetto che i cristiani han sempre mostrato dinanzi al grande privilegio del Pane Celeste dato in dono.

“Il digiuno naturale non si rompe coll’entrarci o metterci qualche cosa solo in bocca, senza che discenda anche nella gola: perché, finché niente discende nella gola, nè si mangia nè si beve. Neppure si rompe quando qualche cosa scende nella gola, nei quattro casi seguenti cioè:

1° Si inghiottisce il sangue o altro umore che esce di dentro alla bocca.

2° Si inghiottiscono involontariamente i frammenti di cibo preso prima della mezzanotte, rimasto nei denti o in altre parti della bocca: oppure qualche goccia di acqua o di altra cosa usata a lavarci la bocca o a nettare i denti.

3° Si inghiottiscono involontariamente goccie di acqua o fiocchi di neve che ci entrano in bocca quando piove o nevica, oppure animaletti che sono per l’aria.

4° Le cose che ci entrano anche volontariamente nella gola, se non hanno virtù alcuna di alimento, non possono essere né cibo, né bevanda, come sono i metalli, e la terra, i cappelli, le ossa e ceneri, non lo rompe, come dice s. Tommaso, se le suddette goccie fossero inghiottite a caso, e non sieno tuttavia in grande quantità. Riguardo ai fragmenti di pane o di carne o simili rimasti nei denti, se si staccano che noi ce ne accorgiamo è bene che li sputiamo via; ma se per caso l’inghiottissimo non ci dobbiamo prendere scrupoli, perchè essi non ci rompono il digiuno, essendo passati per modo di saliva.

5° Quello che s’inghiottisce, affinchè rompa il digiuno, bisogna che si prenda per modo di cibo o di bevanda, perchè solo in tal caso, secondo il senso comune, si rompe il digiuno. Perciò se alcuno respirando per bocca o per naso tranguggiasse polvere, pioggia, neve, ed anche qualche animaletto, non romperebbe tuttavia il digiuno, poichè questa non sarebbe commestione, ma respirazione. Se poi tali cose s’inghiottissero a bella posta, il digiuno si scioglierebbe. Per lo contrario il digiuno rompesi quando:

1° Si inghiottisce il sangue o altro umore uscito da qualche parte del nostro corpo fuori della bocca.

2° Volontariamente si introduce nella gola qualunque sia cosa digeribile, come sono le medicine. In quanto al tabacco si deve tenere che il tabacco da naso non rompe il digiuno, ancorchè qualche poco scenda nello stomaco, poichè non si prende per modo di cibo; nè lo rompe parimente il fumare, nè anco il masticare, sebbene cosa tutt’altro che decente il fumare, e peggio il masticare tabacco prima di accostarsi a si augusto Sacramento”.

Una terza raccomandazione, essa pure significativamente da riscoprire nel contesto contemporaneo, riguarda il pudore e la decenza della propria persona.

“Terza disposizione del corpo è la compostezza. Questa consiste nella decenza e modestia degli occhi, della faccia, del camminare e del vestire specialmente. Quindi s. Carlo negava la comunione a quelle persone che vi si accostavano vestite immodestamente: ed è al tutto cosa necessaria che le persone del sesso femminile, benchè ancora ragazze, si presentino alla comunione col capo velato e coperto in modo che non si veggano i capelli”.

Quindi si passa alle disposizioni interiori. Vero è che oggi si tende a pensare che la cura dell’interiorità sia più che sufficiente e che le preoccupazioni esterne siano oziose. Sorpassando sul fatto che tale pensiero ha una qualche sfumatura di tipo spiritualista e non riflette abbastanza la sapienza cristiana attorno al valore del corporeo, mi limito a osservare che da quando si è andato trascurando l’aspetto esteriore, ecco che vediamo esser decadute anche le attenzioni alla condotta interiore. Don Bosco le richiama con fermezza.

“In quanto alle disposizioni dell’anima non basta la fede, bisogna ancora essere mondo da ogni peccato mortale. Laonde l’apostolo Paolo inculca che ciascuno provi, cioè esamini se stesso prima di accostarsi a ricevere questo cibo divino, a questa mensa degli Angeli, e soggiunge: imperocchè colui il quale mangia di questo pane e beve di questo calice indegnamente, si mangia e si beve la propria condanna. E s. Agostino diceva ai cristiani de’ suoi tempi: all’altare portate l’innocenza. Questa innocenza, questa mondezza da ogni colpa grave, è quella veste nunziale di cui ha da essere vestito chiunque voglia accostarsi al banchetto del divino Agnello, e chi osasse presentarvisi senza di essa, verrebbe legato mani e piedi, e gettato nelle tenebre esteriori, nelle tenebre dell’inferno”.

Colui il quale si accosti ai sacramenti, pur essendo spiritualmente corrotto, è paragonato direttamente a Giuda Iscariota il Traditore.

“Nessuno adunque segua l’esempio di Giuda che sarebbe questo il giorno il più infelice della sua vita, nè tarderebbe a provare il giusto sdegno di Dio. Se accadesse che taluno dopo una confessione ben fatta, si ricordasse di qualche peccato mortale, dimenticatosi, se senza incomodo alcuno nè di sè, nè del confessore può ritornare alla confessione, sarebbe cosa buona ma non comandata. Qualora poi non potesse ciò fare comodamente si accosti pure senza timore alla Comunione; poichè tal peccato gli fu già perdonato cogli altri. Basta che egli lo confessi poi alla prima occasione che gli si presenti. Queste sono in breve le disposizioni del corpo e dell’anima, colle quali accostarci dobbiamo alla santa Comunione”.

Infine, concluso l’elenco delle disposizioni coroporee e spirituali, il Santo torinese richiama alla debita preparazione che i cristiani devono preporre al sacramento. La prima preparazione si identifica con la stessa vita cristiana, coerente e costante.

“Resta ancora a dire alcuna cosa della preparazione remota e prossima. Due sono le preparazioni alla santa Comunione: una remota, l’altra prossima. La remota consiste in una vita innocente, e veramente cristiana”.

La preparazione immediata si realizza invece dedicando del tempo alla preghiera in preparazione della Comunione, iniziando fin dalla sera quando ci si corica e proseguendo fino al momento del sacramento vero e proprio.

“La prossima consiste nel raccoglimento, nella divozione, a cui ciascuno deve eccitarsi alcun tempo prima della Comunione, onde preparare nel proprio cuore un albergo degno di quel grand’Ospite. A fine di eccitarci a questo raccoglimento, a questa divozione gioverà leggere nell’Imitazione di Cristo i qui citati capitoli. (Lib. IV, Proemio e cap. I, IV, XII, XIII, XIV, XVI, XVII). Se tu desideri, o cristiano, di prepararti bene a fare questa Comunione, procura il giorno primo di leggere i citati capitoli o altre opportune orazioni; pensa sovente alla grande azione, che avrai da compiere; solleva di quando in quando la tua mente e il tuo cuore al dolcissimo Sposo dell’anima tua, fa, se puoi, qualche limosina; offrigli qualche mortificazione. Alla sera nel coricarti raccomandati alla Beata Vergine, al tuo Angelo Custode, e prendi riposo abbandonandoti nelle braccia di Gesù. Svegliandoti nella notte pensa a Gesù, al mattino appena svegliato il tuo primo pensiero, il primo tuo affetto sia di Gesù, tuo ospite divino. Portati quindi alla chiesa e con grande impegno preparagli nel tuo cuore un’abitazione degna di Lui. Egli stesso ti aiuterà, ti porgerà mano la Beata Vergine, e gli Angeli ed i Santi ti assisteranno”.

Così si conclude lo scritto di don Bosco sulla santa Comunione.

8.continua

 

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