Santità è purezza / Rileggendo san Giovanni Bosco. 5

di don Marco Begato

Custodia dei sensi

Non mi dilungo sui consigli atti a favorire la custodia dei sensi. Evidentemente se i cinque sensi sono esposti alla tentazione e magari all’osceno, la purezza ha poca strada davanti a sé. Sono curiosi un paio di riferimenti allo stile di don Bosco. Il primo è un ever green: “Né si dica che i tempi son così, che bisogna seguire la corrente; e meno ancora si osi affermare che don Bosco oggi vi si adatterebbe”. Intelligenti pauca. E subito segue un aneddoto relativo al rapporto di don Bosco con la stampa: “Don Bosco vide un giorno un superiore con un giornale in mano, circondato dai giovani, e lo riprese pubblicamente; e si avverta che trattavasi di un giornale notoriamente cattolico. Con quale santa indignazione insorgerebbe oggi se vedesse chierici e giovani intenti a leggere con passione giornali sportivi od altri”. Non voglio estremizzare, ma lascio a voi di meditare quale dovesse essere l’apprensione di don Bosco e anche come dovesse essere custodito, anzitutto culturalmente, l’ambiente del primo Oratorio salesiano.

Ricaldone incalza anche i pericoli legati alla lettura di romanzi, e richiama al fatto che don Bosco “sconsigliava la lettura anche di quelli buoni perché portano, a lungo andare, a un vero squilibrio intellettuale e morale”.

Il cinema

“Lo so, non è possibile oggi negare l’indiscussa potenza di penetrazione e l’universalità del cinema: ammetto pure che vi sono certe applicazioni della cinematografia nel campo dell’istruzione tecnica e scientifica… ma quando si passa alla cinematografia teatrale, comica e drammatica, noi dobbiamo domandarci se risponda alle direttive della morale cristiana e, nel caso specifico, ai concetti pedagogici di don Bosco”. Dovremmo almeno domandarcelo. E don Ricaldone scrive negli anni Trenta, quando non era ancora avvenuta la virata anticattolica e rivoluzionaria del cinema Occidentale.

Don Ricaldone descrive cosa avviene nei giovani, quando sottoposti alla cinematografia anni Trenta: “Se presentate alla fantasia del giovane il vizio, la passione coi colori più smaglianti, e glielo inoculate per ore ed ore sotto le forme più seducenti, a nulla servirà poi la fugace smorfia di pentimento con cui si vuole coonestare il fango ributtante che ha sconvolto la mente e stimolato perversamente i più bassi istinti”. Questo vale per i film in bianco e nero, ora applichiamolo al mondo social. Ne avremo la perfetta descrizione dell’inutilità relativa di molti interventi educativi e capiremo come mai, a fronte di tentativi formativi sinceri e determinati, parenti e professori vedano naufragare sempre più l’impresa correttiva. Andate poi a prendere i casi di educazione di successo e scoprirete che dietro vi è un lavoro puntuale che ha toccato anche l’educazione allo sguardo, al costume e al digitale. Con tutto ciò, qual è la preoccupazione preminente? Don Ricaldone lo ha ribadito nelle ultime sue righe, l’incenerimento dei cuori.

Cuori aridi, cuori ridotti a cenere. Questo è il timore degli educatori pensando ai propri giovani. Se io penso alle baby gang o ai baby trans, rumorose e colorate varianti del mondo giovanile attuale, io penso a cuori aridi e ridotti a cenere. Aggiunge Ricaldone: “Chi non sa che la povera gioventù è circondata da tante occasioni, da così gravi pericoli, da fiamme così cocenti da non aver bisogno che altre se ne aggiungano per inaridirne e incenerirne il cuore?” Come se dicesse: educare è già difficile in contesti normali, figuriamoci in contesti alterati dalla propaganda rivoluzionaria e consumistica. Ma in qualche modo, se questi cuori vogliamo riconquistarli, dobbiamo tendere nuovamente alla custodia dei sensi e alla tutela della purezza. Non abbiamo alternative.

Seguono alcuni paragrafi in cui don Ricaldone ricorda ai suoi Salesiani attenzioni tipiche della vita religiosa. Le ripercorriamo sia per un interessante richiamo ad alcuni elementi di vita consacrata forse non del tutto noti, sia perché nelle debite proporzioni sono tutti consigli che giovano a custodire la purezza in qualsiasi stato di vita.

Il silenzio sacro

Anzitutto don Ricaldone richiama la forte raccomandazione di don Bosco “si osservi rigorosamente il silenzio sacro”, cioè quel tempo di silenzio che va dalla Buonanotte serale (cfr. supra) al compimento delle preghiere mattutine. “Non parlare più del necessario e sempre di cose utili all’anima”: la custodia della lingua e dei discorsi, fatti e uditi, ha a che vedere con la protezione del cuore e del proprio intimo.

La sobrietà

“Altro mezzo efficace per custodire la castità è la moderazione della gola” e del gusto in genere. Il punto è tanto dolente che il rettor maggiore precisa: “Se per le mutate condizioni dei tempi, se per la debolezza della nostra costituzione, o per necessità di salute, non ci sono consentite vere mortificazioni corporali, anzi siamo costretti ad averci speciali riguardi, cerchiamo tuttavia di non abusarne”. Come a dire che non si scampa da alcune regole fondamentali. E se il progresso ci impedisce di seguirle, questo vuol dire solo che ne perderemo i benefici connessi. Quindi, dato il principio, lo si tuteli il più possibile nelle mutate condizioni.

Mortificazione del cuore

Ma la mortificazione dei sensi è per molti aspetti solo una propedeutica, imprescindibile ma propedeutica, che “ci prepara alla più grande mortificazione, che è quella del cuore”. In ciò richiamando lo stesso Francesco di Sales, quando insegnava che “la castità del cuore è come le midolla, mentre la castità del corpo è la corteccia”. Questo porta a una certa severità – essa pure oggi impraticabile – nel colloquio con persone di altro sesso.

5.continua

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