La Comunione ai fedeli affetti da celiachia. Quando la premura fraterna diventa abuso eucaristico

Caro Valli,

la fraterna premura di taluni sacerdoti nel distribuire l’Eucarestia ai fedeli affetti da celiachia (intolleranza al glutine) diventa quasi sempre, anche da parte di bravi sacerdoti, un grave abuso eucaristico.

Mia moglie è celiaca e ho notato che spesso avviene un’infrazione rispetto a quanto stabilito dall’Istruzione Redemptionis Sacramentum:

Non è consentito ai fedeli di «prendere da sé e tanto meno passarsi tra loro di mano in mano» la sacra ostia o il sacro calice (n. 94).

Sottolineo che tale infrazione nella Redemptionis Sacramentum (al n. 173) è ritenuta “atto grave”.

Il sacerdote in genere chiede ai fedeli affetti da celiachia di presentarsi per ultimi, poi, lasciato all’altare il sacro vaso contenente le ostie con glutine, prende il vaso con le ostie senza glutine, torna dai fedeli e, per non contaminare con le sue mani l’ostia senza glutine, permette che il fedele si serva da sé.

Quest’estate in Puglia mi è anche capitato di vedere che il sacerdote, precedentemente informato della presenza di un celiaco, ha portato con sé i due sacri vasi uno sopra l’altro e, dopo aver distribuito la Comunione ai fedeli non affetti da celiachia, ha permesso al fedele celiaco di servirsi da solo.

Va notato che le ostie definite “senza glutine” in realtà non ne sono prive, altrimenti sarebbero da definirsi di “materia invalida” perché il glutine è necessario per ottenere la “panificazione” (Lettera circolare ai Presidenti delle Conferenze Episcopali circa l’uso del pane con poca quantità di glutine e del mosto come materia eucaristica, 24 luglio 2003, Prot. N. 89/78 – 17498). Esse sono invece a basso contenuto di glutine. Quindi perché preoccuparsi tanto della contaminazione per contatto? Solo quei minuscoli frammenti scuotono lo zelo (oltretutto, solo verso le persone, dato che quei frammenti non devono andare dispersi)? E cosa dire del mancato utilizzo del piattino (o piattello)? Ricordo quanto richiesto dal nuovo ordinamento al Messale Romano (art. 118) e dalla stessa Redemptionis Sacramentum:

È necessario che si mantenga l’uso del piattino per la Comunione dei fedeli, per evitare che la sacra ostia o qualche suo frammento cada (n. 93).

Perché non ci si preoccupa di evitare che il Corpo di Cristo sia calpestato nei frammenti lasciati cadere a terra?

Ho visto anche un sacerdote tornare all’altare per lo scambio dei vasi, strofinarsi le mani col gel sanificante e distribuire le ostie a basso contenuto di glutine. Comportamento, anche questo, bizzarro, perché il glutine non è un virus, ma almeno è un tentativo di rispettare di più il Corpo di Cristo, impedendo che il fedele si serva da solo.

Mi chiedo: se proprio si vuole essere virtuosi verso il prossimo, perché non fare un piccolo annuncio prima della Comunione, così che i fedeli affetti da celiachia siano comunicati per primi?

È triste notare che da parte di alcuni sacerdoti troppo spesso la premura fraterna sovrasta lo zelo verso la Presenza Reale di Cristo.

San Giovanni Paolo II nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia scrive che questo sacramento, “spogliato del suo valore sacrificale, viene vissuto come se non oltrepassasse il senso e il valore di un incontro conviviale fraterno” (n. 10).

E voi fedeli non siate timorosi nel chiedere che il Corpo di Cristo sia rispettato. Non è forse Gesù il nostro Medico?

Laudetur Jesus Christus

Mauro Bonaita

Alleati dell’Eucarestia e del Vangelo, Reggio Emilia

 

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