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Don Bosco e la Confessione / 6

di don Marco Begato

Il dolore per i peccati

L’esame di coscienza se da un lato  mostra  le  ferite  dell’anima,  dall’altro,  sotto l’influsso della grazia divina, porta a riconoscere la propria colpevolezza e quindi genera il dolore di avere offeso Dio. Don Bosco esortando i giovani a esaminare la propria coscienza, voleva appunto mettere nel loro cuore la capacità di sentire dolore per aver offeso il Signore. Parlando il 30 maggio 1875 ai giovani artigiani dell’Oratorio, egli diceva:

Bisogna pensare molto alle cose passate. Ripensare un po’ alle confessioni fatte, poiché, credetemi: 1. Per lo più ci sono delle cose dimenticate, che poi si trascurarono e a cui non si pensò più. 2. Ci sono delle cose cui non si dà molto peso, credendo che non siano un gran male ma che invece sono vere offese al Signore. Per questo bisogna richiamarle alla memoria, pentirsene e confessarsene. Ad esempio: vi sarà chi non guardava tanto per il sottile a molte cose che fin da fanciullo fece contro la modestia44. Altri rubarono, ma poco per volta, e dicono: “Questo non è peccato mortale”. Si ruba, ad esempio, qualche pacchetto di caffè, si rompe qualche vetro, o si rompe qualche cosa e si dice: “Nessuno mi ha visto” e non si confessa nulla. Ma vi ha visto Dio! È questo un danno! Un altro poi rovina dei lavori o fa qualcosa di nascosto per sé stesso. E così via. Se si può rubacchiare qualche cosa in cucina o nell’orto, lo si fa e si dice: “Sono tutte piccole cose”. Ma se [è vero che] una goccia posta in un bicchiere quasi non si vede, aggiungendo goccia a goccia il bicchiere si riempie. [Così pure se una persona si comporta male continuamente in queste piccole cose, ecco che] il peccato diventa grave e c’è bisogno assoluto di pentirsene e di confessarlo (MB, XI, 247-248).

Tutta la vita di don Bosco ci parla di odio al peccato e di lotta contro il peccato. Egli ha ricevuto il santo timor di Dio, per così dire, insieme col latte materno e ha consacrato tutte le sue forze a combattere il peccato e a far crescere anche nei giovani il santo timor di Dio, principio della sapienza, così da preservarli dalla colpa o insegnargli a ripararla con la Santa Confessione. Perciò continuamente, raccontando i suoi sogni, attraverso la Buona Notte, le prediche e i ritiri esorta i giovani a sentire il dolore per aver offeso Dio.

Nel sogno dell’Inferno egli vede molti giovani che si sono dannati per la mancanza del dolore dei propri peccati in confessione (MB, IX, 177).

In un’altra visione scopre che uno dei lacci che il demonio tende ai giovani per rovinarne le confessioni è la mancanza di dolore (MB, IX, 595).

Nel sogno del misterioso banchetto egli vede alcuni giovani che inutilmente cercano di arrampicarsi su una corda, la quale non li regge e sempre li lascia ricadere nel fango. E don Bosco riceve la spiegazione dello strano fatto:

La corda è, come tu predicasti, la Confessione, corda alla quale chi sa bene attaccarsi arriverà sicuramente al cielo: e questi che vedi sono quei giovani che vanno ancora spesso a confessarsi e si attaccano a questa corda per potersi innalzare; ma si attaccano alla corda, cioè vanno a confessarsi, senza tutte le condizioni necessarie, con poco dolore e poco proponimento e perciò non possono arrampicarsi; quella corda si rompe sempre e non possono mai innalzarsi, ma scivolano giù e restano sempre allo stesso piano (MB, XIV, 554).

Anche nei suoi pensieri per la buona notte don Bosco ritorna continuamente su questo argomento, sia esortando i giovani a far bene gli esercizi spirituali, sia invitandoli a esaminare le proprie confessioni per notare se vi era stato il dolore con tutti i suoi requisiti, sia ammonendoli sulla inefficacia delle confessioni fatte senza pentimento.

In una lunga predica, fatta nel 1878, egli accenna anche alla confessione:

Riguardo alla confessione però ho un suggerimento da darvi.  Si vede dai frutti se una pianta è buona o no: allo stesso modo possiamo riconoscere la qualità delle nostre confessioni dal frutto che portano.

Alcuni vanno a confessarsi sempre con le medesime mancanze. Ciò che cosa indica? Che la confessione, per il fatto che non porta frutto, non è buona? Eh sì! Quando ci si va a confessare, se proprio non c’è miglioramento, c’è decisamente da temere che le confessioni non siano buone e che quindi siano nulle.

Ciò indica o che non viene preso il proposito o che non lo si mette in pratica. Si direbbe qualche volta che si va a confessarsi per abitudine e che si vuole prendere in giro il Signore. Io dunque raccomando molto che ognuno si prepari alla confessione col sentire veramente un grande dolore dei peccati commessi. E poi di tanto in tanto si verifichino i frutti delle confessioni passate (MB, XIII, 804).

Commento

La tazza di caffè, il vetro rotto…  ma qui don Bosco fa il moralista o il maestro spirituale? Bisogna stare attenti a non confondere. Sarebbe moralismo rimproverare i penitenti per errori passati, più o meno dimenticati, più o meno frequenti o gravi, fissandosi su dettagli fini a sé stessi. È spiritualità dare esempi concreti – la tazza di caffè, il vetro rotto ecc. – per risolvere un problema fondamentale e radicale, insomma un problema spirituale: lo spirito infatti non si ferma mai ai dettagli superficiali, ma non si può nemmeno sviluppare a prescindere dalle circostanze concrete della nostra vita. Ecco che don Bosco usa quei dettagli come strumenti per far giungere i ragazzi alle vette della vita spirituale.

D’accordo con la Rivelazione, il Magistero, l’esempio dei santi e l’esperienza di ognuno possiamo dire: c’è un solo dolore che tutti devono assolutamente riuscire a guardare in faccia e affrontare, è il dolore dei peccati commessi. Chi impara a fare i conti con questo particolare dolore ha messo le fondamenta stabili contro ogni altra sorta di ostacolo e di sofferenza.

D’altro canto è chiaro che non bisogna confondere il dolore per i peccati con qualche forma di frustrazione o senso di colpa. Questo lo si può notare almeno da un dettaglio, piccolo ma importantissimo: il dolore dei peccati commessi non sembra essere spontaneo, le altre forme di disagio invece nascono come funghi.

E infatti il buon don Bosco deve insistere continuamente perché i suoi giovani imparino a sentire questo dolore, il dolore dei peccati. I ragazzi – e non solo loro – si rattristano spesso e volentieri per tanti motivi, ma raramente per il peccato, cioè per aver offeso Dio. Eccezion fatta per chi sia stato abituato fin da piccolo, e abbia quindi sviluppato in sé con facilità la capacità di soffrire per il proprio peccato.

6.continua

Aldo Maria Valli:
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