La prova e il silenzio

di Rita Bettaglio

Dum médium siléntium tenérent ómnia, et nox in suo cursu médium iter háberet, omnípotens Sermo tuus, Dómine, de cælis a regálibus sédibus venit.

Questo l’introito della Messa della domenica nell’Ottava di Natale.

La prima venuta del Salvatore avviene nel silenzio. Così Egli continua a fare, da allora fino ai giorni nostri.

Lo dobbiamo ricevere nel silenzio, perché così Egli ha voluto. Egli si comunica all’anima nel silenzio. I sacramenti sono ricevuti nel silenzio esteriore ed interiore.

Il silenzio è conditio sine qua non per l’azione di Dio.

Il silenzio è l’unica dimensione religiosa.

Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, sentì una voce (1 Re 19,12-13): è la voce di Dio. In questo mormorio leggero siamo chiamati a immergerci in Dio, non panteisticamente, ma per incontrarlo personalmente. Egli viene a noi nel segreto dell’anima, nel canto continuo dell’Ufficio: parole eterne che lavano l’anima e la porgono al Creatore.

L’unica via d’incontro reale con Dio è la via monastica, cioè la via della solitudine e del silenzio. Può essere abbracciata per brevi periodi, per ritiri o tempi di discernimento, ma ancora meglio è abitare per sempre negli atri del Signore, stare alla scuola del servizio divino tutta la vita.

Essa sarà lunga e al tempo stesso breve: i giorni scorreranno ritmati, nutriti, dalla liturgia. Saremo come otri versati e lo saremo per scelta e con gioia. Più ci svuoteremo, più Lui ci riempirà…e non capiremo neanche come sia possibile perché molto spesso ci sentiremo così slogati, così opachi e nulla di speciale.

Come acqua sono versato, sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si fonde in mezzo alle mie viscere (Sal 22, 15).

Dice il libro delle Lamentazioni: Bonum est præstolari cum silentio salutare Dei (Lam 3, 26): è bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore.

Deus providebit, infatti. Ma Dio non provvede solo, con la Sua Provvidenza, a dipanare le vicende della nostra vita, a darci l’aiuto necessario in ogni istante, a guidare la Sua Chiesa a dispetto dei suoi stessi membri. Dio provvede anche e soprattutto alla nostra anima, a lavorarla secondo i suoi metodi.

I metodi di Dio e della Regola bastano per provare gli animi [1]. Non occorre altro, se non la disposizione all’obbedienza, via che mena a Lui con sicurezza e prontezza

Ricordo che una volta conobbi un monaco: quello che più mi colpì in lui fu la sua assoluta fiducia che Dio avrebbe agito, senza bisogno di altro, solo perché è Dio e a Lui tutto appartiene. Fu quindi di poche parole e rimasi un po’ sconcertata. Dio è Dio: le sue vie non sono le nostre vie e distano così tanto da noi che non riusciamo, pur con la migliore volontà, neppure a immaginarle.

In monastero l’assenza di distrazioni e di diversione ci abbandona totalmente al nostro cruccio. (…) La sofferenza dei contemplativi somiglia al purgatorio: il fuoco penetra fino alle midolla, sino alle più intime fibre: è cottura a lento fuoco, a vaso chiuso, alla soffocazione. Tutti i movimenti divengono dolorosi, come a un uomo a cui si fosse levata l’epidermide: versa ut reversa in tergum et in latera et in ventrem; et duram sunt omnia (Volta e rivolta sul tergo, sui lati, sul ventre; ma tutto è duro). Sì, è doloroso il contatto con Dio, il contatto della nostra bruttezza con la sua Bellezza, delle nostre tenebre con la sua luce [2].

Il contatto con Dio è doloroso, è una scarnificazione oltremodo necessaria. Il monastero è l’officina per farlo, dove tutto è stabilito dalla santa Regola a questo salutare scopo.

Questa scarnificazione, però, non è richiesta solo ai monaci, ma ad ognuno di noi, in qualunque stato di vita. Potranno cambiare i mezzi, ma lo scopo è l’unione a Dio. È necessario purificarsi, come nettiamo con cura una superficie e la sgrassiamo perché possa aderire completamente ad un’altra.

Eloquia Domini, eloquia casta; argentum igne examinatum, probatum terræ, purgatum septuplum (Psal 11,7), i detti del Signore sono puri, argento raffinato nel crogiuolo, purificato nel fuoco sette volte.

Fino al giorno in cui Dio diventa la nostra gioia sovrana, Egli è la grande prova [3].

Una prova che si svolge nel silenzio, lontano dagli occhi degli uomini, secondo l’invito del Signore: entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà (Mt 6,6).

Dum médium siléntium tenérent ómnia: il silenzio non durerà sempre. La seconda venuta di Cristo sarà gloriosa, tra squilli di tromba, gaudio per i giusti, condanna per i peccatori.

Approfittiamo di questo silenzio: ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza! (2 Cor 6,2)

[1] Delatte P., Commentario alla Regola di san Benedetto, Bergamo, pag 420

[2] Idem, pag. 421.

[3] Idem, pag.241.

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