Il Piano Mattei, “Avvenire” e il riflesso pavloviano in linea con l’agenda BergogliOnu

di Fabio Battiston

Caro Valli,

permettimi una breve considerazione a margine dell’inizio dei lavori, a Roma, del vertice Italia-Africa destinato a dare corpo al Piano Mattei che, sin dall’inizio del mandato, la Meloni ha considerato uno dei cardini della sua politica estera.

Chi scrive non è mai stato tenero con l’amministrazione targata Draghina Melonsky; tuttavia non faccio certo fatica a considerare tale progetto come una delle migliori iniziative prese da questo esecutivo. La cosa che però volevo segnalare (e la lingua – in questo caso la testiera – batte sempre dove il dente duole) è il modo con il quale Avvenire dice la sua su questo evento e sul progetto che ne è il fulcro.

Dobbiamo ormai farci l’abitudine; ogni qualvolta si parla di limite all’immigrazione – specie quella clandestina o comunque priva di una governance effettiva, o peggio ancora si discute del “diritto dei popoli africani a non emigrare”, ecco scatenarsi immediata la reazione pavloviana del più volgare e benpensante mondo cattolico agli ordini di quanto stabilito dall’agenda BergogliOnu.

Aprendo la home page del quotidiano Cei ecco comparire in bella vista il commento politico sulla questione affidato a Paolo Lambruschi. Va letto integralmente per “sentire”, al di là del freddo susseguirsi della fraseologia, quel senso di fastidio e di malcelata critica che l’articolo trasuda da ogni parte. Ecco alcune perle:

Dopo tante parole arriva il momento del Piano Mattei. Con due mesi di ritardi rispetto agli annunci, Roma ospita la conferenza internazionale Italia-Africa con tante ambizioni – a partire dal rendere l’Italia un “ponte per la crescita comune” – e dubbi.

E ancora:

… con la diplomazia italiana al momento, almeno formalmente, in secondo piano in un vertice la cui organizzazione è stata presa in carico direttamente da Palazzo Chigi.

C’è poi l’immancabile presenza delle Ong fiancheggiatrici dei negrieri del Duemila. Quasi metà dell’articolo è infatti dedicata alle critiche e ai distinguo che questa nuova categoria di sepolcri imbiancati riversa sull’evento. Il sottotitolo che precede il testo è illuminante: L’appello delle Ong: «Non si facciano interessi privati».

Ti risparmio il contenuto; se vorrai potrai gustarlo in tutta solitudine e tranquillità.

Che dire? Il solco che mi separa da questo inqualificabile mondo è ormai divenuto incolmabile, e si approfondisce sempre di più.

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