New York, Milano. Due storie. E tanta tristezza

Il mio amico Art mi scrive da New York. È triste. Nella cattedrale di Saint Patrick è stato celebrato un servizio funebre per un attivista transgender, ex prostituto, un uomo che si considerava donna.

Conosco Art. Non è un facinoroso. È solo un buon cattolico che vorrebbe restare tale. E si sente tradito dalla Chiesa.

Durante la celebrazione nella cattedrale, il funerale è diventato uno spettacolo pro Lgbtq eccetera. A parte i costumi, più da gay pride che da funzione religiosa, ci sono stati canti blasfemi (tra cui un’Ave Maria cambiata in Ave Cecilia, il nome femminile del morto) e la foto del defunto, con tanto di aureola, era circondata da parole che non voglio citare.

Davanti a tale scempio, il parroco di Saint Patrick, don Enrique Salvo, ha detto che non sapeva ed ha annunciato una messa di riparazione. Difficile però immaginare che davvero non sapesse. Il defunto era notissimo, anche come ateo dichiarato.

Il funerale è stato celebrato da padre Edward Dougherty, gesuita, che di fronte alla carnevalata ha esordito con queste parole: “Tranne la domenica di Pasqua, di solito non abbiamo un pubblico così ben vestito”. E mentre Dougherty ridacchiava, i compari del morto applaudivano.

Tralascio altri dettagli e torno sulla tristezza del mio amico. Chi si occupa dei cattolici come lui? Chi si prende cura di queste anime timorate di Dio? Nella Chiesa dell’accoglienza c’è ancora posto per chi vuole essere semplicemente cattolico?

Vengo ora a Milano, la mia Milano, dove l’arcivescovo e altri prelati hanno dedicato tempo e risorse a un “seminario” (si saranno resi conto dell’uso paradossale di questa parola?) con alcuni gran maestri della massoneria. Non sto a discutere i contenuti dell’incontro. Mi limito alla proposta avanzata dal cardinale Coccopalmerio alla fine: istituire un tavolo permanente per il confronto tra Chiesa e massoneria.

Sì, avete capito bene. Non un tavolo permanente, che so, per cercare di arginare l’abbandono della Chiesa cattolica e l’emorragia di vocazioni sacerdotali (due problemini che, dopo tutto, dovrebbero meritare qualche attenzione da parte delle gerarchie). No, un tavolo permanente per discutere con i massoni.

E che dire del signor arcivescovo, che ha chiesto e ottenuto che l’incontro fosse a porte chiuse, senza giornalisti? Ha già fatto un passo nell’occulto?

New York, Milano. Due città, due storie. Due motivi di tristezza.

Signore, vieni presto in nostro aiuto.

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