Il Vaticano di domani e il documento di Demos II. Oggi alle 18

Un nuovo dirompente documento da alcuni giorni sta circolando tra i cardinali: firmato Demos II, fa chiaramente riferimento a Il Vaticano di oggi, memorandum diffuso tra i cardinali nel marzo 2022 che aveva la firma di Demos, rivelatosi poi il compianto cardinale George Pell, che sarebbe morto dieci mesi dopo.

Il documento del nuovo Demos propone all’attenzione e all’esame dei membri del collegio dei cardinali (i prossimi elettori in conclave) sette priorità per «recuperare e ristabilire le verità che sono state lentamente oscurate o perdute tra molti cristiani».

L’elenco delle priorità è seguito da spiegazioni pratiche, con la speranza di poter «aiutare a guidare le necessarie conversazioni su come dovrebbe essere il Vaticano nel prossimo pontificato».

Per iniziativa di Fede & Cultura, se ne parla oggi su YouTube alle ore 18 con Luigi Casalini del blog messainlatino.it.

Ed ecco il testo firmato Demos II.

Il Vaticano di domani

Nel marzo 2022 è apparso un testo anonimo – firmato “Demos” e intitolato “Il Vaticano oggi” – che sollevava una serie di gravi domande e critiche sul pontificato di  Papa Francesco.  Le condizioni della Chiesa da quando è apparso quel testo non sono cambiate materialmente, tanto meno sono migliorate. Pertanto, le riflessioni qui proposte intendono basarsi su quelle originali alla luce delle esigenze del Vaticano di domani.

Gli anni conclusivi di un pontificato, qualsiasi pontificato, sono un momento per valutare la condizione della Chiesa nel presente e i bisogni della Chiesa e dei suoi fedeli nel futuro. È chiaro che il punto di forza del pontificato di Papa Francesco è l’accresciuta enfasi che ha dato alla compassione verso i deboli, alla solidarietà verso i poveri e gli emarginati, alla preoccupazione per la dignità del creato e per le questioni ambientali che ne derivano, e agli sforzi per accompagnare i sofferenti e gli alienati nei loro pesi.

Le sue carenze sono altrettanto evidenti: uno stile di governo autocratico, a volte apparentemente vendicativo; una certa noncuranza nelle questioni di legge; un’intolleranza per il disaccordo, anche solo rispettoso; e – cosa più grave – un modello di ambiguità nelle questioni di fede e di morale che causa confusione tra i fedeli. La confusione genera divisione e conflitto. Mina la fiducia nella Parola di Dio. Indebolisce la testimonianza evangelica. E il risultato oggi è una Chiesa più fratturata che in qualsiasi altro momento della sua storia recente.

Il compito del prossimo pontificato dovrà quindi essere quello di recuperare e ristabilire le verità che sono state lentamente oscurate o perdute tra molti cristiani. Queste includono alcuni princìpi fondamentali, sebbene non si limitino ad essi:  (a) nessuno è salvato se non attraverso, e solo attraverso, Gesù Cristo, come Egli stesso ha chiarito; (b) Dio è misericordioso ma anche giusto, ed è intimamente interessato a ogni vita umana, Egli perdona ma ci ritiene anche responsabili, è sia Salvatore che Giudice; (c) l’uomo è una creatura di Dio, non una invenzione di se stesso, ed è una creatura non solo di emozioni e appetiti ma anche di intelletto, libero arbitrio e destino eterno; (d) esistono verità oggettive e immutabili sul mondo e sulla natura umana e sono conoscibili attraverso la Divina Rivelazione e l’esercizio della ragione; (e) la Parola di Dio, riportata nelle Scritture, è affidabile e ha forza permanente; (f) il peccato è reale e i suoi effetti sono letali; e (g) la Sua Chiesa ha sia l’autorità che il dovere di “fare discepoli tutti i popoli”. L’incapacità di abbracciare con gioia quest’opera di amore missionario e salvifico ha delle conseguenze. Come scrive Paolo in 1 Corinzi 9:16, “guai a me se non predicassi il Vangelo”.

Dal compito e dall’elenco di cui sopra scaturiscono alcune osservazioni pratiche.

Primo: la vera autorità è minata quando si utilizzano mezzi autoritari per il suo esercizio. Il Papa è il successore di Pietro e il garante dell’unità della Chiesa. Ma non è un autocrate. Non può cambiare la dottrina della Chiesa e non deve inventare o alterare la disciplina della Chiesa in modo arbitrario. Governa la Chiesa collegialmente con i suoi fratelli vescovi nelle diocesi locali. E lo fa sempre in fedele continuità con la Parola di Dio e l’insegnamento della Chiesa. I “nuovi paradigmi” e i “nuovi sentieri inesplorati” che si discostano da entrambi non sono da Dio. Un nuovo Papa dovrà ripristinare l’ermeneutica della continuità nella vita cattolica e riaffermare la comprensione del Vaticano II sul ruolo proprio del papato.

Secondo: così come la Chiesa non è un’autocrazia, non è nemmeno una democrazia. La Chiesa appartiene a Gesù Cristo. È la sua Chiesa. È il Corpo Mistico di Cristo, composto da molte membra. Non abbiamo l’autorità di modificare i suoi insegnamenti per adattarli al mondo. Inoltre, il sensus fidelium cattolico non è una questione di sondaggi di opinione e nemmeno l’opinione di una maggioranza di battezzati. Deriva solo da coloro che credono veramente e praticano attivamente, o almeno cercano sinceramente di praticare, la fede e gli insegnamenti della Chiesa.

Terzo: l’ambiguità non è né evangelica né accogliente. Al contrario, alimenta il dubbio e le pulsioni scismatiche. La Chiesa è una comunità non solo di Parola e sacramento, ma anche di credo. Ciò che crediamo aiuta a definirci e a sostenerci. Pertanto, le questioni dottrinali non sono fardelli imposti da insensibili “dottori della legge”. E non sono nemmeno un contorno cerebrale alla vita cristiana. Al contrario, sono vitali per vivere una vita cristiana autentica, perché riguardano le applicazioni della verità, e la verità richiede chiarezza, non sfumature ambivalenti. Fin dall’inizio, l’attuale pontificato ha resistito alla forza evangelica e alla chiarezza intellettuale dei suoi immediati predecessori. Lo smantellamento e la riorganizzazione dell’Istituto Giovanni Paolo II di Roma e la marginalizzazione di testi come Veritatis Splendor suggeriscono un’elevazione della “compassione” e dell’emozione a spese della ragione, della giustizia e della verità. Per una comunità credente, ciò è malsano e profondamente pericoloso.

Quarto: la Chiesa cattolica, oltre alla Parola, al sacramento e al credo, è anche una comunità di diritto. Il diritto canonico ordina la vita della Chiesa, armonizza le sue istituzioni e procedure e garantisce i diritti dei credenti. Tra i segni dell’attuale pontificato ci sono l’eccessivo affidamento al motu proprio come strumento di governo e una generale noncuranza e avversione per i dettagli canonici. Anche in questo caso, come per l’ambiguità della dottrina, il disprezzo per il diritto canonico e la corretta procedura canonica mina la fiducia nella purezza della missione della Chiesa.

Quinto: la Chiesa, come l’ha descritta splendidamente Giovanni XXIII, è mater et magistra, la “madre e maestra” dell’umanità, non la sua doverosa seguace; la custode dell’uomo come soggetto della storia, non il suo oggetto. È la sposa di Cristo; la sua natura è personale, soprannaturale e intima, non semplicemente istituzionale. Non può mai essere ridotta a un sistema di etica flessibile o di analisi sociologica e rimodellata per adattarsi agli istinti e agli appetiti (e alle confusioni sessuali) di un’epoca. Uno dei difetti principali dell’attuale pontificato è il suo ritiro da una convincente “teologia del corpo” e la sua mancanza di una convincente antropologia cristiana… proprio in un momento in cui si moltiplicano gli attacchi alla natura e all’identità umana, dal transgenderismo al transumanesimo.

Sesto: il viaggio globale è servito così bene a un pastore come Papa Giovanni Paolo II, grazie alle sue doti personali uniche e alla natura dei tempi. Ma i tempi e le circostanze sono cambiati. La Chiesa in Italia e in tutta Europa – la patria storica della fede – è in crisi. Il Vaticano stesso ha urgente bisogno di un rinnovamento della morale, di una pulizia delle istituzioni, delle procedure e del personale e di una riforma profonda delle finanze per prepararsi a un futuro più impegnativo. Non si tratta di cose da poco. Richiedono la presenza, l’attenzione diretta e l’impegno personale di qualsiasi nuovo Papa.

Settimo e ultimo punto: il Collegio cardinalizio esiste per fornire un consiglio di alto livello al Papa e per eleggere il suo successore alla sua morte. Questo servizio richiede uomini dalla personalità retta, dalla solida formazione teologica, dalla matura esperienza di leadership e dalla santità personale. Richiede anche un Papa disposto a chiedere consiglio e ad ascoltare. Non è chiaro fino a che punto questo si applichi al pontificato di Papa Francesco. L’attuale pontificato ha posto l’accento sulla diversificazione del collegio, ma non è riuscito a riunire i cardinali in concistori regolari volti a promuovere una genuina collegialità e fiducia tra i fratelli. Di conseguenza, molti degli elettori che voteranno nel prossimo conclave non si conosceranno veramente, e quindi potrebbero essere più vulnerabili alle manipolazioni. In futuro, se il collegio deve servire ai suoi scopi, i cardinali che lo compongono hanno bisogno di qualcosa di più di uno zucchetto rosso e di un anello. L’attuale collegio cardinalizio dovrebbe essere proattivo nel conoscersi a vicenda per comprendere meglio le loro diverse visioni della Chiesa, le situazioni delle rispettive chiese locali e le loro personalità: fattori tutti importanti per riflettere sul nuovo Papa.

È comprensibile che i lettori si chiedano perché questo testo è anonimo. La risposta dovrebbe essere ovvia per chiunque conosca l’attuale ambiente romano. La franchezza non è ben accetta e le sue conseguenze possono essere spiacevoli. Eppure queste riflessioni potrebbero continuare per molte altre pagine, sottolineando in particolare la forte dipendenza dell’attuale pontificato dalla Compagnia di Gesù, la recente problematica opera del cardinale Fernandez al Dicastero per la Dottrina della Fede e l’emergere di una piccola oligarchia di confidenti con un’influenza eccessiva all’interno del Vaticano – tutto questo peraltro nonostante le pretese di decentramento sinodale.

Proprio per questi motivi, le riflessioni qui riportate potranno essere utili nei prossimi mesi. Si spera che questo contributo possa aiutare a guidare le necessarie conversazioni su come dovrebbe essere il Vaticano nel prossimo pontificato.

Demos II

 

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