Lettera di una mamma / Io e miei figli cantori. Al cuore della Bellezza
di Elena
Caro Valli,
exsultate justi in Domino, rectos decet collaudatio. È uno dei canti preferiti di mio figlio di sette anni: un nanerottolo vivacissimo che non tace mai. Eppure sono due ore che lo vedo stare ritto e immobile con lo sguardo rapito dai gesti del suo maestro.
Quest’anno il coro di cui fa parte insieme ai due fratelli maggiori, i Wiltener Sängerknaben [1] (WSK), presenta il Vespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi [2]. A dirigere sarà Johannes Stecher, l’organista, insegnante, cantante e compositore che guida questo coro di voci bianche e giovanili di Innsbruck da oltre trentatré anni, rendendolo uno dei più rinomati, oltre che più antichi, d’Europa.
Sono emozionata. La porta della grande basilica barocca di Wilten solleva i suoi frontali e lascia entrare un’interminabile fila di ragazzini immersi nella calda luce del sole che sta tramontando alle loro spalle. Questa giovane processione silenziosa e ordinata raggiunge il presbiterio, dove, a un cenno del maestro, tutti, come un unico corpo, si inchinano profondamente e lentamente davanti al tabernacolo. “Ricordatevi che cantiamo per la gloria di Dio” aveva spiegato il professor Stecher ai suoi ragazzi qualche giorno prima, durante una prova.
Eccoli lì: in prima fila i bimbi più piccoli, dai sette agli undici anni; subito dietro i ragazzi dai dodici ai sedici anni; sullo sfondo, in nero, gi uomini, dai sedici ai venticinque anni. Saranno un centinaio.
Regna un silenzio carico di attesa, durante il quale tutto l’uditorio sembra trattenere il respiro, diventando simile alle statue degli angeli che lo sovrastano. Ed eccolo: uno sguardo intenso e un gesto impercettibile del dito del direttore compiono il miracolo. Il locus iste [3], il luogo che è stato creato da Dio, questo sacramento inestimabile e perfetto, si riempie di turbini di note!
Laudate, pueri, Dominum, laudate nomen Domini… Dal sorgere del sole al suo tramonto
sia lodato il nome del Signore.
Come acque di un fiume che si gonfiano, le voci di questi fanciulli si alzano verso il cielo, spinte da un’architettura che ne amplifica in modo naturale la potenza. Come onde, i suoni si susseguono infrangendosi sulle navate per poi risalire verso l’alto e raccogliersi nella rotondità della cupola. Su tutte le genti eccelso è il Signore, più alta dei cieli è la sua gloria. Da qui ricadono verso il basso, come una cascata vibrante. Chi è come il Signore, nostro Dio, che siede nell’alto e si china a guardare sui cieli e sulla terra?
Mi sento letteralmente immersa nella natura dell’armonia celeste, per usare un’espressione di santa Ildegarda di Bingen. Le voci chiare e brillanti dei bambini (soprani e contralti) si mescolano a quelle forti dei bassi e dei tenori. Toni alti e toni bassi si fondono gli uni negli altri. Incredula, ripenso alle parole che mi disse una volta il loro maestro: “Durante un concerto riesco a riconoscere la voce di ogni ragazzo anche a occhi chiusi”.
Guardo i miei tre figli e mi commuovo: da anni mio marito ed io li accompagniamo ogni giorno alle prove. Ogni volta corrono eccitati nella sala in cui li accoglie il loro maestro, Johannes, chiamando ognuno per nome. Il coro conta circa 185 membri! Eppure il maestro conosce non solo le loro voci una a una, ma anche le loro storie, le loro debolezze e le loro ambizioni. Un insegnante non solo di musica, ma anche di vita, una sorta di don Bosco laico.
Ho assistito a centinaia di prove: il canto, il respiro, la disciplina, l’ascolto, l’amore per la bellezza vengono coltivate dall’età di quattro anni. Johannes è un maestro esigente ma che ha una grande fiducia nei bambini e nei giovani. E non potrebbe essere altrimenti: in caso contrario, non riuscirebbe mai a far cantare a un centinaio di ragazzi di età diverse un repertorio vastissimo che spazia dal canto gregoriano alla musica contemporanea, attraversando l’intera storia della musica e includendo brani di Vivaldi, Haydn, Mozart, Schumann, Schubert, Orff, Bruckner, Isaak, Dvorak, Brahms, Monteverdi, Bach, solo per citarne alcuni.
È lui stesso a spiegare la sua pedagogia durante una recente intervista con Ina Tartler [4]: “Quando i bambini vogliono fare boxe e noi, come adulti, ci comportiamo come una tenda che cede semplicemente, non è divertente. Se al contrario agiamo come un sacco da boxe che oppone resistenza, che mostra un confine entro cui il bambino può orientarsi, il risultato sarà molto positivo. I bambini vogliono avere un limite, una linea di demarcazione, che deve essere giusta. Entro quel limite si sentono a loro agio”. E in questo clima di fiducia i bambini vengono incoraggiati, come spiega il maestro: “Se un bambino durante le prove non raggiunge la nota giusta, non gli faccio notare che è sbagliata, ma suono la sua nota sul pianoforte e lo invito a cantarla di nuovo. Ovviamente, questa volta riuscirà a cantare la nota giusta e io lo loderò, dicendogli che ha un buon orecchio. Reagisco al tono del bambino, altrimenti avrà sempre la sensazione di non farcela. Sono convinto che i bambini piccoli debbano essere motivati ed avere la sensazione di potercela fare, di poter imparare. Non si può dare per scontato che abbiano un talento, bisogna cercare di aiutarli a svilupparlo o almeno a rafforzarlo”.
Lauda Jerusalem, Dominum… i movimenti leggeri delle mani del maestro sembrano attingere da una tavolozza di voci. Manda sulla terra la sua parola, il suo messaggio corre veloce. Sette voci diverse si rincorrono, seguendo con docile obbedienza le dita del direttore. Fa scendere la neve come lana, come polvere sparge brina. Getta come briciole la grandine… manda una sua parola ed ecco si scioglie… fa soffiare il vento e scorrono le acque.
Non posso fare a meno di pensare ancora alle parole della santa di Bingen: Adamo, nella cui voce prima del peccato c’era ogni suono armonioso e tutta l’arte della musica, fu formato dal dito di Dio, ossia dallo Spirito Santo […] Ma quando si lasciò ingannare dal diavolo, opponendosi per suggestione di costui alla volontà del suo creatore, Adamo perse la somiglianza con le voci angeliche che aveva nel Paradiso. […] Quando il diavolo ingannatore udì che l’uomo aveva cominciato a cantare per ispirazione di Dio stesso e capì che attraverso quest’arte si sarebbe trasformato sino a recuperare la dolcezza dei canti della patria celeste, vide dissolversi le macchinazioni della sua astuzia e ne fu così spaventato da tormentarsi non poco […].
Dopo uno dei concerti di musica sacra, ho chiesto ai miei figli cosa provassero mentre cantavano, soprattutto perché tornavano sempre colmi di entusiasmo e gioia, nonostante avessero piedi e mani congelate per il freddo e l’immobilità prolungata. Le loro risposte furono sorprendenti: “È come andare in trance, come uscire da questo mondo… a volte pare di volare”. Quello di undici anni mi rivelò che mentre cantava il Magnificat di Monteverdi gli era sembrato di essere stato catapultato in paradiso. Lo stesso gli successe durante l’esecuzione dei mottetti di Arvo Pärt [5].
Magnificat anima mea Dominum… Et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo.
Non mi è difficile crederlo e nemmeno immaginarlo, ora che sono qui, circondata da angeli dorati che volano tra stucchi bianchissimi e cullata dalle voci dei ragazzi, all’inizio quasi impercettibili e che, con ritmo calmo e incessante, come le onde dell’oceano, si innalzano incredibilmente per poi rifluire e spegnersi nel silenzio.
Il professor Stecher nell’intervista citata in precedenza affermava: “Molto accade inconsciamente con i più piccoli. Sentire sé stessi o imparare a sentire sé stessi sono esperienze importanti. I bambini percepiscono molto e vanno al cuore delle cose […] Ci sono diversi modi di avvicinarsi alla musica: si può analizzarla intellettualmente o sentirla nel cuore, o ci si può semplicemente unire ad essa quasi in una sorta di trance senza sapere cosa ci stia succedendo. Alcuni bambini vedono colori o sognano storie mentre cantano. È un’esperienza diversa per ogni bambino. Cantare fa bene al sistema nervoso autonomo. Si raggiunge l’equilibrio attraverso il canto, la respirazione consapevole, l’allungamento dell’espirazione. Questo ha lo stesso effetto equilibrante dello stare a contatto con la natura. Un ragazzo che canta deve diventare calmo per poter ascoltare correttamente”.
Uno scroscio di applausi mi riporta alla realtà, un po’ come Giacobbe che, svegliatosi dal suo sonno, disse: Certamente, l’Eterno è in questo luogo … Com’è impressionante questo luogo! Questa non è altro che la casa di Dio, e questa è la porta del cielo!
L’applauso è travolgente tanto quanto il sorriso che si dipinge sul volto dei bambini fino a quel momento seri e concentrati. L’inchino è compatto, sobrio e ordinato. Quasi due ore ininterrotte di lodi al Signore e alla Vergine uscite dalla bocca di fanciulli che hanno obbedito come un solo corpo al ritmo della Bellezza.
“Mi lascio guidare dai bambini e dai giovani, da come reagiscono, da cosa vogliono, da come suonano” spiegava il professor Stecher nell’intervista. “Credo, tuttavia, che nel dirigere ci sia anche un aspetto spirituale: una guida che viene dall’alto. Non posso concretizzarla o provarne l’esistenza, ma credo di poterla sentire”.
Questo capolavoro di musica sacra barocca di Monteverdi è interamente in latino; i bambini lo hanno cantato a memoria! Come ebbe a scrivere Martin Mosebach in L’eresia dell’Informe: Monteverdi ha composto questi canti in una forma in cui sembrano aprirsi gli spazi non misurabili del mondo degli angeli: i cantori si richiamavano il Sanctus dai balconi dei cori posti di fronte agli altari di san Marco, come se stessero su differenti stelle, la risposta come un eco che testimonia una nuova eco, che di nuovo svanisce in una eco e rende negli ascoltatori l’idea di esperire l’infinto [6].
Lascio la basilica commossa e piena di musica. All’esterno aspetto di riabbracciare i miei figli che escono cantando in tutte le direzioni senza nemmeno rendersene conto.
Mi tornano alla mente le parole del professor Stecher “I bambini associano il canto a una sensazione di benessere: tutto torna a posto, tutto ritorna all’ordine quando cantiamo”.
Mio figlio di sette anni mi chiede con gli occhi che brillano: “Mamma, oggi credo di aver cantato con gli angeli. Credi che in paradiso potrò ancora cantare con loro?”.
“Ne sono sicura”, l’ho rassicurato con le lacrime agli occhi. “Gli angeli infatti non parlano, cantano”.
Camminando verso casa, riascolto nella memoria quell’armonia che ha toccato profondamente la mia anima, ricordandole il Cielo di cui ha nostalgia. Sospiro, riflettendo sul fatto che oggi nella Chiesa la musica sacra sia trattata come un accessorio decorativo accessibile a pochi (spesso solo a pagamento). Invece è un elemento essenziale della liturgia e favorisce il contatto con le realtà celesti! “La liturgia avviene in consepctu angelorum: il canto degli angeli mostra agli uomini a quale perfezione siano chiamati: anche il loro parlare deve diventare canto e questo, nella liturgia, anticipazione ripetuta incessantemente della perfezione, è addirittura già avvenuto. In questa anticipazione, i bambini con le loro voci luminose giocano un ruolo particolare. Già San Giovanni Crisostomo della liturgia di Costantinopoli ci racconta: i fedeli sono rimasti in silenzio in compunzione e lasciano cantare i fanciulli innocenti” [7].
Prendendomi la mano, uno dei figli intona “Psallite illi, cantate ei canticum novum:
bene psallite ei, in vociferatione. Exsultate justi in Domino: rectos decet collaudatio” [8].
L’amarezza lascia spazio alla certezza della speranza: per quanto possano ingegnarsi a diffondere bruttezza, i nemici di Dio non potranno mai far tacere la lode cosmica che riempie il cielo e la terra della sua Gloria. Davvero la Bellezza salverà il mondo.
Nel buio della sera, tre fanciulli mi saltellano accanto, cantando lodi al Signore. Guardandoli commossa e infinitamente grata, prego che Dio conceda loro la fede di Anania, Azaria e Misaele e, come loro, sempre lo servano con questo entusiasmo, senza mai cedere alla tentazione di adorare idoli muti e sordi. Nell’ora della prova, possano le loro voci, come piccole gocce in un oceano, confondersi con l’unica sola voce che i santi elevano dall’eternità: “Benedetto sei tu, Signore, Dio dei nostri padri, lodato ed esaltato nei secoli e benedetto il tuo santo nome glorioso, lodato ed esaltato nei secoli” [9].
Se cresceremo i nostri figli nella Bellezza, nulla potrà fermare il coro di Benedicite, che come un’eco del cantico dei tre fanciulli, riempirà la terra ed i cieli, trasfigurandoli.
Il 12 agosto 2024, nella chiesa parrocchiale di Vipiteno, alle ore 20, potrete ascoltare voi stessi, dal vivo, il Vespro della Beata Vergine Maria di Monteverdi, cantato dal coro e dai solisti dei Wiltener Sängerknaben, accompagnati dall’orchestra Academia Jacobus Steiner, diretto dal professor Johannes Stecher.
[2] Estratto delle prove trasmesso dall’emittente televisiva statale austriaca (ORF)
[3] Qui il brano Locus Iste di Bruckner cantato dai WSK
[5] Arvo Pärt stesso fu presente alla registrazione del suo CD Babel da parte dei WSK e affermò: “Il coro dei Wiltener Sängerknaben mi ha sorpreso con la bellezza e la maturità delle loro voci è notevole per un coro di ragazzi”
[6] Martin Mosebach, L’eresia dell’Informe, Cantagalli, p. 191
[7] Ibidem
[8] Dal Salmo 112: “Cantate al Signore, cantate a lui un cantico nuovo, cantate bene a Lui, con un forte suono. Rallegratevi nel Signore, o voi giusti, lodate in posizione eretta”.
Qui e qui per ascoltare alcuni brani cantati dal coro dei WKS
[9] Dal cantico die tre fanciulli: Daniele 3,57-88
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Credits: Wiltener Sängerknaben