Lettera / La tv dei vescovi e quel film…

di Francesco Avanzini

Caro Valli,

è una tranquilla sera di un venerdì e, come di rado ci capita, decidiamo di goderci una serata tranquilla a casa davanti a un film. Premetto che non sono un cinefilo ma, ogni tanto e se la trama è accattivante, mi concedo una pausa di pieno relax davanti al televisore. Quella sera trasmettono, sulla TV della Cei Tv2000, il film americano L’incredibile vita di Timothy Green. Così ci fidiamo della programmazione. Poveri ingenui! Il film, il cui titolo originale è The Odd Life of Timothy Green per la regia di Peter Hedges esce in Italia il 15 agosto (notare la data) del 2012 ed è, qui comincia il bello, della Disney.

Per ovvi motivi, non racconto la trama. Mi limito ad alcuni cenni per far capire ciò che voglio riferire. Tutto il film è il racconto dell’incredibile avventura di due coniugi americani che narrano la loro surreale vicenda, davanti a una commissione che dovrebbe decidere per l’adozione di un figlio che la coppia tanto desidera. È quindi un racconto retrospettivo. Tutto sembra molto emozionante, i buoni sentimenti si sprecano, il sentimentalismo è dilagante. Ma fin dall’inizio c’è una scena inquietante che mostra i due coniugi intenti a vergare su un foglio la lista dei desideri, di come cioè vorrebbero fosse il figlio dei loro sogni. Un’allusione al catalogo che l’utente trova su internet per ordinare un figlio su commissione? Finché, in una notte di tremenda tempesta, si vedono recapitare a casa un bambinetto bell’e che cresciuto, tutto sporco di terra, sbucato dalla fossa del giardino in cui la coppia aveva sepolto la cassetta con la lista dei desideri. Una perfetta allusione del fatto che la nascita non avviene nell’utero della mamma ma dalla Madre Terra? Peraltro il bambino è un bel po’ strano. Infatti ha delle foglie verdi che sbucano dalle sue gambe. Si prosegue tra avventure e disavventure, i desideri in parte si avverano, in parte si riveleranno dei veri fallimenti. E alla fine accade che… No, non rivelerò il finale, sarebbe troppo odioso.

Il film è ben confezionato, apparentemente innocuo, anzi vorrebbe essere edificante e strappalacrime. Il gesto di generosità di due genitori che desiderano tanto un figlio, l’incomprensione dei parenti che non vogliono arrendersi alla presunta (dai genitori invocata) normalità degli eventi. Ma dietro la cortina dei buoni sentimenti da fiaba disneyana si cela il veleno dei messaggi subliminali ma non troppo. A cominciare dal nome della coppia, Green, un perfetto omaggio alla transizione ecologica. Il frutto del concepimento nasce dal terreno come fosse un vegetale, un bambino si può avere su commissione con le caratteristiche indicate, non è il frutto di un gesto di amore di mamma e papà, il rifiuto del diverso da parte della cerchia di parenti e amici, il mito del buon selvaggio di rousseauiana memoria. Sono tutti gli ingredienti di un perfetto minestrone che sembra cucinato a Davos. Ce n’è abbastanza per capire che siamo comunque sempre nelle braccia mortifere della cultura woke. E tutto ciò nella rete televisiva dei vescovi italiani.

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