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Il papa, il G7 e l’intelligenza artificiale

di Vincenzo Rizza

Caro Valli,

il premier Meloni ha annunciato in pompa magna che papa Francesco parteciperà in presenza al prossimo incontro del G7 che si terrà a metà giugno in Puglia e interverrà nella sessione dedicata all’intelligenza artificiale aperta ai Paesi non membri [qui].

È la prima volta che un pontefice partecipa a una riunione dei “grandi della terra” e la presidenza italiana del G7 “intende valorizzare il percorso promosso dalla Santa Sede sull’Intelligenza artificiale con la Rome Call for AI Ethics e portarlo all’attenzione degli altri leader in occasione del vertice in Puglia”, ha sottolineato la Meloni nel proprio videomessaggio, convinta che “la presenza di Sua Santità darà un contributo decisivo alla definizione di un quadro regolatorio, etico e culturale all’Intelligenza artificiale”.

La Rome Call for AI Ethics è una dichiarazione voluta dalla Pontificia accademia per la vita guidata da monsignor Paglia che dal 2020 sta coinvolgendo leader religiosi, grandi aziende, atenei di tutto il mondo per la sua sottoscrizione: la dichiarazione “vuole essere una cornice valoriale per l’applicazione delle nuove tecnologie”.

Sono consapevole che l’intelligenza artificiale sarà sempre più importante nel futuro e porta e porterà enormi opportunità e benefici ma al pari genererà enormi pericoli per l’uomo. La sua regolamentazione sta diventando una priorità per molti Stati, anche se, come spesso accade, nulla è più difficile che governare e regolare con equilibrio un fenomeno nato spontaneamente e avente portata globale.

Il rischio è la censura che può spingere il leviatano di turno a definire con arbitrio ciò che l’IA può e non può fare, può e non può dire. Già oggi vediamo gli effetti dell’autocensura che colossi come Facebook o Twitter spesso operano sugli account dei propri utenti, oscurando, sulla base di algoritmi, opinioni e contenuti non graditi (inclusi, purtroppo, commenti di coloro che sono contrari all’aborto o alle teorie gender): ove tale censura fosse resa obbligatoria per legge e non più su base volontaria potrebbero essere chiusi tutti i siti che non si adeguano al pensiero dominante e potrebbero essere definitivamente spente tutte le voci fuori dal coro. D’altro canto, come scriveva Ludwig von Mises nella metà del secolo scorso, “se l’autorità controlla tutte le tipografie e le cartiere, la libertà di stampa è un’impostura” (L’azione umana, Rubbettino, 337). All’epoca la carta stampata era uno dei principali mezzi di diffusione delle idee (e per secoli è stato il principale): oggi le idee sono diffuse innanzitutto sul web e se domani l’autorità statale (o sovrastatale) dovesse controllare tutta la rete, la stessa libertà di parola e di pensiero sarebbe seriamente a rischio.

Quanto alla partecipazione del papa al G7, almeno un paio circostanze destano perplessità.

Non sono ancora note le modalità concrete con cui il Santo Padre interverrà, salvo il fatto che sarà presente di persona. Trovo, tuttavia, inopportuno che il pontefice partecipi, in qualità di capo di Stato (cioè come leader politico), a un consesso internazionale al pari di altri capi di Stato (come un Macron o un Biden qualunque). Il rischio concreto è quello di esaltare la funzione di monarca della Città del Vaticano e sminuire il suo ruolo di autorità religiosa.

Mi preoccupano, poi, le dichiarazioni di alcuni suoi consiglieri; in particolare di padre Paolo Benanti, docente della Gregoriana, membro del Comitato IA presso le Nazioni Unite e presidente della Commissione sull’intelligenza artificiale a Palazzo Chigi. Secondo il prelato, infatti, papa Francesco porterebbe al G7 “la sapienza delle fedi su IA” e mostrerebbe “la sapienza delle religioni sul tema, affinché si possa assicurare un domani all’umanità di pace e prosperità”. Il papa, cioè, sembrerebbe farsi portavoce non della Fede cattolica, ma delle “fedi” e delle “religioni”: una sorta di Segretario generale delle “Religioni unite”, preludio forse della religione universale auspicata da tanti.

Spero di sbagliarmi, ma le premesse non sono incoraggianti.

 

Aldo Maria Valli:
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