Lettera sul 25 Aprile / Ma come potete inneggiare all’antifascismo voi che avete discriminato e perseguitato?

di Salvatore Scaglia

Cari Mattarella e vertici istituzionali, cari politici e giornalisti, ma anche cari italiani comuni che, almeno moltissimi tra voi, avete celebrato l’anniversario della Liberazione dal regime nazi-fascista, mi permetto di ricordare ciò che in realtà dovrebbe essere incancellabile per tutti, anche se tuttora si fa finta di nulla e si tende a nasconderlo sotto la coltre della narrazione stereotipata e dominante.

Mi permetto di ricordarvi ciò che è accaduto nel recentissimo triennio 2020-22. Qualcosa che col lontano regime littorio, fatti i debiti adattamenti, condivide, a tacer d’altro, una gigantesca propaganda politico-mediatica a senso unico (su virus, cure, cosiddetto vaccino e restrizioni) e gravissime discriminazioni giuridico-economico-sociali.

Non si può dimenticare chi dall’alto – più o meno velatamente – divideva gli italiani in buoni e cattivi; chi dall’alto pontificava su scienza e anti-scienza. Non si può dimenticare chi era esaltato come responsabile e addirittura “eroe” e chi, all’opposto, era marchiato come incosciente se non addirittura come criminale.

Non ripeterò i molteplici fatti e le svariate analisi cui abbiamo assistito e abbiamo letto o sentito, ma non posso dimenticare che io, come tanti altri, non ho mai ricevuto la solidarietà di familiari e amici mentre, man mano, mi venivano sottratti diritti fondamentali, fino a quello di fruire dei servizi pubblici, mentre altri erano privati persino del diritto al lavoro e alla retribuzione con cui sostentare se stessi e la propria famiglia.

Rammento (esperienza non solo mia, ma di molti altri) il sarcasmo di chi ironizzava sul fatto che io ed altri volessimo scendere in piazza a manifestare. Ricordo il dito puntato e livoroso di chi, considerandomi un appestato, mi diceva con occhi di bragia: “Allontanati, non mi toccare!”. Non dimentico nemmeno le proposte di chi, magari considerandosi colto, chiedeva che mi venisse tolta l’unica cosa che mi era rimasta, la Santa Messa, per partecipare alla quale, pure, ci sarebbe voluto a loro avviso il cosiddetto Green Pass.

Già, l’inutile e dannoso Green Pass. Inutile sul piano sanitario e dannoso sul piano economico-sociale. Necessario però però a dividere il Paese.

Oggi che in molte chiese italiane ancora non è tornata l’acquasanta, ma campeggia l’immancabile gel sanificante, sento il dovere della memoria. Ma quella  scomoda, non retorica, non gradita al mainstream, non di maniera.

Non posso dimenticare quanti, tra voi italiani, hanno aderito e obbedito a quel clima che nel suo complesso, e sotto i diversi aspetti, chiamo covidittatura.

Molti di voi hanno sicuramente aderito per convinzione. Moltissimi altri, certamente, hanno obbedito per paura, per opportunismo, per conformismo. Tuttavia, ben oltre le vostre intenzioni e la vostra consapevolezza, avete avuto un merito: quello di aver fatto comprendere a me come a molti altri che cosa sia in effetti un regime fascista e cosa sia stato quello che abbiamo avuto in Italia.

Anche allora, infatti, moltissimi avevano la tessera per convinzione mentre altri l’avevano per paura, per opportunismo, per conformismo. Oppure credete che il regime fascista possa essere durato più di un ventennio esclusivamente a causa di un’élite di gerarchi? Solo ingenui, ignoranti della storia o accecati da visioni ideologiche possono ancora pensarlo.

Vi ringrazio, dunque. Ringrazio voi come i vertici istituzionali, i politici, i giornalisti asserviti. Vi ringrazio perché, con l’aiuto del buon Dio, ho saputo resistervi e lottare: con le azioni, con le parole, con gli scritti.

Vi ringrazio perché, per paradosso, in quei tragici frangenti è balzata fuori la mia dignità e la mia libertà, giacché la vera dignità e la vera libertà si possono vivere solo a fronte di gravi e persistenti minacce e non quando, scontatamente e senza molti meriti, almeno in apparenza va tutto bene e possiamo starcene sul comodo e soffice divano della democrazia.

Vi do, quindi, un consiglio: per non fare brutte figure, evitate di sproloquiare, oggi, su regime e libertà, su fascismo e antifascismo. Perché di questa retorica e di siffatti schemi, tanto triti quanto vuoti, non abbiamo bisogno.

Abbiamo bisogno, piuttosto, di verità, di giustizia, di libertà. Quelle autentiche, perché pagate in qualche modo a un qualche prezzo. Il bene comune di cui tanto parlate è stato leso dai Conte, dai Draghi, dagli Speranza e dai loro tanti sodali, cui però voi avete creduto e ubbidito. Intercettati, l’allora ministro della Salute e l’allora presidente dell’Istituto superiore di sanità dicevano che non si doveva diffondere ottimismo, così da imporre le restrizioni. Alcuni di noi, studiando e informandoci, capirono la strategia, ma fummo emarginati e attaccati.

Pertanto, oggi, sia tributato onore vero a chi, a ogni livello, non ha aderito e non ha obbedito, né per convinzione né per paura né per opportunismo né per conformismo.

Onore vero, oggi, a chi, in tempi bui per la persona umana, per la Costituzione e per la democrazia, ha saputo rimanere con la schiena dritta, piantata sulla vera dignità e libertà.

Onore vero, oggi, a chi ha combattuto contro un totalitarismo morbido (per dirla col filosofo Günther Anders), meritandosi, a buon diritto, l’appellativo di autentico antifascista.

Onore vero, oggi, a chi può festeggiare coerentemente l’anniversario della Liberazione.

Gli altri, invero, di quel che è stata l’oppressione nazifascista non hanno nemmeno idea, se non, caso mai, entro gli angusti limiti di concetti inidonei a misurarsi con la realtà e l’attualità. Perché, quando il fascismo si è ripresentato – non nell’identità delle forme, ma nell’analogia della sostanza – non hanno voluto o saputo riconoscerlo, dimostrandosi nei fatti sudditi, non dissimilmente da molti italiani degli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso.

 

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