Lettera a “Duc in altum” / “La mia scoperta della messa tradizionale e il mio dolore per questa Chiesa”

Caro Valli,

mi chiamo Marco, abito in provincia di Firenze e solo nel marzo del 2023 ho scoperto la messa cattolica della tradizione frequentando, nel centro storico della città, la chiesa dei Santi Michele e Gaetano.

A dire il vero già nel 2013 un conoscente mi aveva parlato positivamente di Marcel Lefebvre e mi sembrava che avesse ragione. Ma siccome il monsignore era stato scomunicato, abbandonai quella strada per paura di esser considerato un sovversivo.

Feci male. Misi la coscienza a tacere fino al 2020, quando a farmi aprire gli occhi su tante cose, Chiesa compresa, ci pensò la propaganda del Covid-19. Iniziai allora a collegare i vari punti. Mi informai sul Vaticano II e mi ci vollero parecchi mesi per avere un quadro completo della situazione. Lessi e ascoltai tanti contributi dal mondo della tradizione e le testimonianze concordavano.

Non so spiegare quale trauma è stato per me scoprire che la forma della messa alla quale avevo partecipato tutta la vita era una parodia di quella antica.

Non so spiegare la legnata che presi nello scoprire che la messa nuova era stata creata a tavolino da Bugnini con altri, compresi sei protestanti. Non riuscivo a darmi pace. Aver permesso a degli eretici di metter mano alla riforma della santa messa! Loro che non credono alla messa come sacrificio! Non c’erano abbastanza cattolici per fare una riforma liturgica? Bisognava affidarsi a chi non crede nella messa come sacrificio?

Non so spiegare nemmeno il disgusto provato nello scoprire che avevano cambiato le formule per renderle più orecchiabili ai protestanti, più gradevoli al mondo e più ambigue.

Mi sentivo manipolato nei sentimenti più intimi, e la rabbia montava. Ma come? Io mi sforzavo di mantenere la fede integra dall’errore e voi eravate al lavoro per favorire l’eresia? Avrei voluto avere tra le mani Bugnini e urlargli tutta la mia collera per quello che aveva fatto. Come si erano permessi di cambiare a tavolino ciò che avevano ricevuto.

Arrivai alla messa di sempre che avevo già 43 anni.

Le prime volte che ci vai è strano. È tutto nuovo, diverso. Sei di fronte a tua madre, ma non la riconosci e non hai ricordi di lei. La memoria cerca, ma non ha appigli. E piangi amaramente perché ti vengono alla mente le centinaia di messe di quando da bambino facevi il chierichetto. Quella messa l’hai amata! Ed ecco il danno enorme da addebitare a Bugnini e soci: mi hanno fatto amare una messa adulterata, che non era quella vera.

Non so spiegare il dolore che ho provato quando mi sono accorto che avevo perso 43 anni di amore per la grande liturgia cattolica.

Quando ritorni nella tradizione ti accorgi subito che la differenza con il novus è notevole. Ma te ne accorgi solo se ti viene data la possibilità di fare il confronto.

Allora ho finalmente capito cos’è la messa. L’ho capito vedendo i gesti, respirando la sacralità, apprezzando il silenzio.

Nel vetus ordo il rito è interamente rivolto a Dio. Di qui l’uso del latino, lingua straordinaria che segna una differenza con il linguaggio di tutti i giorni.

Nel novus ordo il sacerdote è al centro dell’attenzione: parla sempre lui. Inoltre, stando fronte al popolo, tutti per forza lo guardano. E così si forma un cerchio che ricorda tanto l’autoreferenzialità. Questo solo cambiamento, ovvero il sacerdote rivolto all’assemblea, manda fuori giri il rito favorendo l’idea che la messa in fondo sia una chiacchierata.

Nel vetus ordo, con il sacerdote che dà le spalle all’assemblea, l’attenzione di tutti è rivolta al tabernacolo posto al centro dell’altare, non confinato in un angolo.

I tanti, indaffarati e inutili laici che durante le messe riformate si aggirano nei dintorni dell’altare, e non sia sa a quale titolo, nella messa tradizionale non esistono. E non hanno diritto di esistere.

L’altare è riservato al sacerdote. I ministranti svolgono il loro compito con devozione e la balaustra sancisce la sacralità dell’area sacra, inaccessibile a chi non può starci.

Nel novus ordo l’altare è ridotto a una passerella. Il che ha contribuito a far perdere il senso del sacro.

Nel vetus ordo sono eliminate tutte le cose inutili e abusive: non ci sono da scegliere lettori, non ci sono processioni offertoriali. Si va al sodo e l’attenzione è tutta rivolta al sacrificio di Gesù.

Nel novus ordo si trasmette l’idea che sia l’assemblea a celebrare e che la sua partecipazione sia tanto più attiva quante più cose l’assemblea fa e dice.

Nel vetus ordo io, fedele laico, devo solo contemplare e pregare così come meglio riesco, e la mia preghiera è favorita dal clima di raccoglimento.

Quanto sono fuori luogo quelli secondo cui “nella messa in latino non si capisce nulla”! A parte il fatto che anche la messa riformata può essere in latino, il punto è che non c’è nulla da capire: c’è solo da contemplare il mistero.

Con il novus ordo è crollato il senso della liturgia come diritto di Dio. L’idea è che l’efficacia della liturgia si debba valutare in base a ciò che capiamo.

Confrontando le due forme, il vetus ordo ci mostra ciò che è oggettivo, il novus ordo ciò che è meramente soggettivo.

Il novus ordo dà libero sfogo al soggettivismo del fedele e al protagonismo del celebrante. E così si favoriscono0 abusi d’ogni genere.

Nella sua oggettività, il vetus ordo impedisce ai fedeli e al sacerdote di deviare. Essi non devono aggiungere né togliere nulla. Nulla è lasciato all’improvvisazione creativa che causa offesa a Dio.

Ma ormai il concetto stesso di offesa a Dio è andato in disuso. Noi ci si pensa più. Il rito va bene nella misura in cui ci dà emozioni.

Ho scoperto che la maggior parte dei fedeli non sa che cosa sia effettivamente la messa e non la considera primariamente il sacrificio di Gesù che si rende presente. Molti valutano la messa sulla base di quanto si è protagonisti, il che vale anche per i nostri poveri bambini, abituati fin da piccoli a ogni sorta di abuso liturgico.

“Fate fare qualcosa ai bambini, così seguono meglio”. L’ho sentito con le mie orecchie. E poi ci si stupisce che i bimbi, una volta ricevuti i sacramenti, salutano e se ne vanno.

Dal Vaticano II in poi la Chiesa ha puntato sul protagonismo dei laici, chiamati a fare sempre più cose, anche nella liturgia. Ha vinto l’antropocentrismo. Siamo diventati autoreferenziali. E le chiese si sono svuotate.

Il vetus ordo è liberante: il fedele è affrancato dalla ricerca del protagonismo. Egli è sul calvario, come Maria, e vive la passione di Gesù unendo sé stesso al sacrificio della croce. Tutto ciò favorisce l’umiltà. Nulla ti distrae dall’unione con Cristo: risplende l’assoluta centralità di Dio.

Probabilmente ai giorni nostri parecchi credono che a Dio non importi la forma della liturgia, che a Dio vada bene tutto, che sia uno di bocca buona, tanto che male c’è…

E invece no, la liturgia è un diritto di Dio! Peccato che l’ho capito così tardi.

Qualcosa avevo intuito. I fedeli che circolano in continuazione, anche nei pressi dell’altare; i continui chiacchiericci, il baillame allo scambio della pace e alla fine della messa; l’esibizionismo: tutto aveva incominciato a starmi sullo stomaco.

Poi ho scoperto il vetus ordo e mi sono riconciliato con la liturgia. Ma la stragrande maggioranza della gente non ne sa nulla e crede, a torto, che l’unica differenza sia il latino.

Quando un fedele entra ai Santi Michele e Gaetano si mette in ginocchio e prega in silenzio. Quando un fedele entra in chiesa nella mia parrocchia è raro che si metta in ginocchio a pregare. Nella migliore delle ipotesi si mette a sedere e sta zitto, ma spesso si mette a chiacchierare col vicino. E alla fine della messa parte il caos: sembra di stare al mercato.

Qualcuno mi dice: “Tutta una questione di gusti. A te garba il vetus? Bene. A me il novus”.

Ma non è una questione di cosa ti garba di più. Se così fosse, si cadrebbe di nuovo nel soggettivismo. Il fatto incontrovertibile è che il vetus ordo è l’unico vero rito perché rende gloria a Dio e non all’uomo.

Il novus ordo assomiglia alla cena protestante perché Bugnini e compagni l’hanno voluto così. Hanno volutamente attenuato il tasso di cattolicità del rito. Una truffa.

Quando l’ho scoperto ho avvertito un grande dolore, ma ho capito che la mossa era obbligata: per realizzare la nuova religione conciliare era necessaria una nuova messa.

Ecco perché la gerarchia attuale, ancora figlia del Concilio, ha orrore della messa tradizionale.

Frequentando il vetus ordo a Firenze, ho incontrato altre sei persone del mio paese. Che bella sorpresa! Ci facciamo venti chilometri in macchina e due a piedi, ma il piccolo sacrificio è ricompensato cento volte.

Quando scopri il vetus ordo non cerchi altro. Per forza di cose. Se trovi il meglio, non torni indietro.

Ecco la mia testimonianza. Una ricerca durata anni, frutto di una sofferenza interiore perché mi rendevo conto che nella Chiesa c’era qualcosa che non andava: c’era disordine, ambiguità, protagonismo. Forse avevo paura di scoprire che c’era stata la rivoluzione.

Oggi soffro per la Chiesa. Vedere i pastori che a cuor leggero si fanno interpreti e megafoni del politicamente corretto mi atterrisce. Ma in tutto questo c’è un aspetto felice: mi affido più di prima a Dio.

Perché è meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nell’uomo. È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nei potenti (Sal 118.8-9).

 

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