Licenziata per aver sfidato l’ideologia transgender, insegnante cristiana ottiene un risarcimento di 360 mila dollari

È una vittoria per i diritti dei genitori e la libertà di coscienza: un’insegnante californiana licenziata l’anno scorso per essersi rifiutata di applicare il programma di studi sull’ideologia gender ha ottenuto un risarcimento di 360 mila dollari grazie a un accordo con il consiglio del distretto scolastico di Jurupa.

Jessica Tapia, insegnante di ruolo di educazione fisica presso la Jurupa Valley High School, era diventata il bersaglio di una campagna di studenti pro-LGBT che avevano segnalato ai funzionari scolastici i suoi post sui social media che esprimevano opinioni non mainstream sulle questioni Lgbtq. La direzione della scuola le ha quindi chiesto se fosse disposta a consentire agli studenti maschi che si dichiaravano “trans” di utilizzare gli spogliatoi femminili. Le è stato anche chiesto di impegnarsi a nascondere ai genitori qualsiasi segno che i loro figli soffrissero di disforia di genere. Così, dopo aver risposto di no a entrambe le domande perché in coscienza non poteva farlo, la docente è stata licenziata.

“Alcune delle prove presentate a sostegno delle accuse erano letteralmente versetti della Bibbia che avevo pubblicato”, ha spiegato Jessica Tapia. “Poi ce n’erano alcune in cui, ovviamente sui miei social network, dicevo come vivo la mia vita, quali sono le mie opinioni e le mie convinzioni. Alcune delle accuse riguardavano il fatto che non chiamavo gli studenti con i loro pronomi preferiti”.

“Mi sono anche assicurata di chiarire la situazione con i rappresentanti del distretto che erano seduti di fronte a me. Li ho guardati negli occhi e ho detto: mi state chiedendo di mentire ai genitori? E loro hanno risposto: sì, la legge”.

La stampa americana ha scritto che il distretto ha accettato un accordo equivalente a cinque volte lo stipendio medio di un insegnante della scuola di Jurupa. A questo punto il distretto sta cercando di salvare la faccia sottolineando che l’accordo non contiene alcuna ammissione di illecito da parte sua, ma “l’accordo raggiunto ricorda a tutti che la libertà religiosa è protetta, indipendentemente dalla carriera professionale”, ha dichiarato Julianne Fleischer, legale dell’associzione Advocates for Faith and Freedom. “La storia di Jessica è una storia di coraggio e fedeltà. Ha lottato per garantire che il suo distretto scolastico sia ritenuto responsabile e che nessun altro insegnante debba soccombere a questo tipo di discriminazione”.

“Quello che è successo a me può succedere a chiunque. Voglio che  gli insegnanti sappiano che vale la pena di prendere posizione per ciò che è giusto”, ha spiegato Jessica Tapia. “Ovunque in questo Paese vediamo la libertà di espressione e la libertà religiosa degli insegnanti violate da politiche che ci costringono a rinunciare alla nostra morale. Voglio che gli insegnanti si convincano che la cosa migliore che possiamo fare per gli studenti è educarli alla verità, non all’inganno”.

La legge della California apparentemente protegge il “diritto assoluto dei genitori di accedere a tutti i documenti scolastici relativi ai loro figli”, ma il Dipartimento dell’istruzione dello Stato afferma che “preservare la privacy di uno studente è della massima importanza” e che “rivelare il fatto che uno studente è transgender senza il suo permesso può violare la legge antidiscriminazione della California aumentando la vulnerabilità dello studente alle molestie e può violare il diritto alla privacy dello studente stesso”.

L’indottrinamento dei bambini da parte dell’ideologia progressista sulla sessualità e su altri temi dell’agenda woke suscita da tempo preoccupazione nelle scuole pubbliche statunitensi, dalle biblioteche alle politiche sportive, per non parlare di bagni, spogliatoi e docce. Molte le scuole che si sono schierate contro i diritti degli insegnanti che si rifiutano di attuare tali programmi.

Il pericolo di tenere i genitori all’oscuro è illustrato in modo tragicamente esemplare dalla vicenda di Yaeli Martinez, una ragazza di diciannove anni a cui il consulente scolastico, al liceo, presentò la “transizione di genere” come possibile cura per la sua depressione. La scuola nascose alla madre quello che la ragazza stava vivendo e Yaeli si suicidò dopo aver provato a vivere per tre anni come maschio.

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Nella foto, Jessica Tapia regge un cartello con la scritta “Gli insegnanti devono dire la verità”.

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