Cari amici di Duc in altum, mi è capitato di sognare la versione politicamente corretta del celebre discorso di Paolo nell’Areopago di Atene. E, non so perché, la ricordo perfettamente. Eccola.
Allora Paolo, in piedi in mezzo all’Areopago, disse: «Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi. Passando infatti e osservando i vostri monumenti, ho trovato anche un altare con l’iscrizione “A un dio ignoto”. Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io non ve lo annuncio. No al proselitismo! Il Dio che dicono abbia fatto il mondo e tutto ciò che contiene, e dicono sia Signore del cielo e della terra, forse c’è, forse non c’è. D’altra parte, nessuno possiede la verità assoluta. Quella che conta è la vostra disposizione d’animo. Questo Dio, dicono, non abita in templi costruiti da mani d’uomo né dalle mani dell’uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa. Vero? Non vero? Non ho la pretesa di saperlo. Parliamone. È lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa? Mi piace pensarlo, ma sono pronto al dialogo. Dicono che egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra, e che per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio perché cerchino Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi. Che dire? Può essere. Confrontiamoci con rispetto: io mi metto in ascolto. Anche con i miei uso questo metodo: si chiama sinodalità. Dicono che in lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come hanno detto anche alcuni dei vostri poeti: “Perché di lui anche noi siamo stirpe”. Mi sembra una possibilità degna di discernimento. Poiché dunque siamo forse stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all’oro, all’argento e alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’ingegno umano. Almeno così mi permetto di dire. Una cosa è certa: ora Dio, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, non ordina agli uomini che tutti e dappertutto si convertano. Dicono che egli abbia stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare il mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti. In realtà la teologia ha fatto passi da gigante ed egli, ve l’assicuro, è misericordioso e non giudica nessuno. Quanto poi alla risurrezione dei morti, beh, è un’ipotesi, forse un mito. Chi può dirlo?».
Quando sentirono parlare in questi termini dell’ipotesi della risurrezione dei morti, alcuni lo applaudivano, altri dicevano: «Bravo! Non sei un indietrista rigido!».
Così Paolo restò con loro a dialogare. E nessuno si unì a lui e nessuno divenne credente.
Fine del discorso e fine del sogno.
Sarà stato il caldo.