Alfie: fermata la procedura di morte

Mentre scrivo queste brevi note sono le ore 21.30 del 23 aprile 2018. Sono rientrato da poco da Manoppello, dove con mia moglie Serena e suor Blandina Paschalis Schlömer ho pregato davanti al Volto Santo. Pregato per Alfie, naturalmente, e per tutti i bambini. Pregato perché la vita trionfi sulla volontà di morte. Perché la cultura della vita abbia la meglio sulla cultura della morte.

Mentre pregavo, in Inghilterra da un lato si festeggiava la nascita del terzo royal baby, ultimo rampollo di casa Windsor, e dall’altra si consumavano ore frenetiche e drammatiche per Alfie e i suoi giovani genitori, Tom e Kate.

A un certo punto sembrava che tutto fosse perduto. I medici avevano deciso: fallito anche l’ultimo tentativo presso la Corte europea dei diritti dell’uomo (diritti dell’uomo!), occorreva interrompere la respirazione artificiale. In altre parole, era arrivato il momento dell’esecuzione.

Ma ecco che il governo italiano, con una mossa a sorpresa resa possibile dalle firme di due ministri del governo uscente, Marco Minniti e Angelino Alfano, concede ad Alfie la cittadinanza italiana. Un vero colpo di scena, che al momento ha costretto il giudice d’appello  britannico Anthony Hayden – colui che aveva decretato il via libera all’esecuzione di Alfie nel nome del suo miglior interesse (miglior interesse!) – a consultarsi per telefono con i rappresentanti legali dei genitori. Un passo che ha per lo meno ha allontanato l’ora della condanna, fissata inizialmente per il pomeriggio di oggi.

«Mio figlio adesso appartiene all’Italia»: queste le prime parole di papà Tom dopo il colpo di scena, durante una breve uscita dall’ospedale di Liverpool, dove nel frattempo si era riunita una folla di oltre duecento attivisti pro-life, rimasta lì per tutto il giorno a protestare contro la sentenza di morte. «Continuo a lottare come Alfie continua a lottare. Io non mi arrendo», ha aggiunto papà Tom, invitando i manifestanti a comportarsi correttamente, senza creare incidenti.

Al momento, di fronte ai nuovi sviluppi determinati dall’iniziativa italiana, dall’Alder Hey Children’s Hospital si risponde con il silenzio. Vietato l’ingresso persino a Mariella Enoc, presidente dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, arrivata a Liverpool per tentare una mediazione e ribadire l’offerta di trasferire Alfie a Roma.

«Sono stata in sala d’attesa con i genitori di Alfie – racconta Mariella Enoc – perché l’ospedale non mi ha ricevuta. Ero davanti alla sala rianimazione. I medici facevano avanti e indietro ma nessuno mi ha parlato. È un paese diverso. Il papà e la mamma di Alfie qui non hanno nemmeno un posto per dormire. In questi casi i genitori vanno invece molto ascoltati, molto seguiti, molto accompagnati. Non c’è cura senza relazione. In questi casi il genitore lo si coccola un po’».

E ora che succederà? Interpellata dall’Ansa, Cristina Campiglio, ordinario di diritto internazionale a Pavia, spiega che la questione è molto complessa e che tutto dipenderà dall’interpretazione dei giudici inglesi: «Quello che si può dire in questo momento è che la legge italiana è molto più restrittiva, e non permetterebbe un distacco dalle macchine senza il consenso dei genitori. In Inghilterra se c’è un conflitto in cui i medici hanno un parere diverso da quello dei genitori è il giudice che decide, com’è avvenuto nel caso di Charlie Gard. È possibile che  la cittadinanza italiana faccia ricadere il piccolo Alfie sotto la legislazione italiana, che oltretutto non permette l’eutanasia, ma bisognerà vedere come interpreteranno la vicenda i giudici inglesi. Nel caso di Charlie Gard il giudice aveva dato ragione ai medici, secondo cui non c’erano più speranze per il bambino, mentre i genitori volevano tentare una cura sperimentale. Dove la legislazione è più aperta nei confronti dell’eutanasia si tende a dare ragione ai medici: si pensi all’Olanda, dove la pratica è ammessa anche per i minori. Qui da noi invece l’atteggiamento è diverso».

Lascia spazio alla speranza Maria Pia Garavaglia, vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica, che dice: «I genitori di Alfie ora sono liberi di decidere per lui perché adesso il bambino è un cittadino italiano e in Italia, per quanto riguarda i minori, le scelte sulla prosecuzione o meno delle terapie dipende da chi ha la potestà genitoriale.  Las decisione di Alfano e Minniti di concedere la cittadinanza italiana è coerente con il comportamento sempre tenuto dal nostro paese. In questo caso abbiamo a che fare con un soggetto vulnerabile a cui il nostro governo ha deciso, nel pieno delle sue prerogative, di offrire accoglienza per motivi umanitari, come facciamo tutti i giorni con bambini che vengono da zone di guerra e da altri stati in cui non sono garantite le cure adeguate. Quello che conta è che adesso il bimbo è in un percorso definito con chiarezza, mentre in Inghilterra, com’è già stato per Charlie, può esserci lotta fra tribunale e genitori».

Intanto continuiamo a pregare sempre più intensamente.

Aldo Maria Valli

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