Alfie e Chesterton

– Buongiorno Mr Chesterton.

– Buongiorno signore.

– Come va?

– Direi divinamente, se mi passa la battuta.

– Ne sono felice. Lì dove si trova sta seguendo la vicenda di Alfie Evans?

– Certamente.

– Come la giudica?

– Come scrivo in Ortodossia: “Il mondo moderno è pieno di antiche virtù cristiane impazzite: sono divenute folli perché sono isolate una dall’altra e vagano senza meta”. Soprattutto manca il riferimento alla verità. Così tutto è possibile, anche che lo Stato prevalga sulla persona, dimenticando che la persona viene sempre prima.

– Ma perché questo impazzimento?

– Da quassù posso vedere che le persone buone sono molto più numerose delle malvage. Ma la mentalità dominante è pervasa dall’idea che l’uomo, e non Dio, debba essere padrone della vita. E quando si ragiona così si finisce inevitabilmente nella discriminazione.

– Non le sembra che ci sia un problema riguardante legittimità e legalità? Nello Stato totalitario, come abbiamo visto nel corso del XX secolo, la legittimità pretende di fare a meno della legalità. Nelle nostre democrazie la legalità pretende spesso di fare a meno della legittimità. Ma il risultato è analogo: discriminazione e sopraffazione

– Sì, ma il succo è che abbiamo eliminato Dio. Io l’ho sempre detto: “Gli enigmi di Dio sono più soddisfacenti delle soluzioni dell’uomo”.  E “affinché un uomo possa amare Dio, è necessario che non ci sia solo un Dio da amare, ma che esista anche un uomo che lo ami”.

– Ecco perché Benedetto XVI raccomandava di vivere veluti si Deus daretur, come se Dio ci fosse, che è il capovolgimento dell’assioma illuminista,  etsi Deus non daretur, come se Dio non ci fosse. Occorre qualcosa a cui agganciare un’idea condivisa del bene e del male, al di là del soggettivismo e del relativismo.

– Infatti. Mi spiace di non essere vissuto nell’epoca di papa Ratzinger: sarebbe stato bellissimo dialogare con lui. Credo comunque che occorra riscoprire la meraviglia di fronte alla vita, al reale. Come ho scritto una volta, “C’è alle spalle di ognuno di noi un abisso di luce, più accecante e insondabile di qualsiasi abisso di oscurità”.

– Benedetto XVI, nella lezione che aveva preparato per la sua visita all’Università la Sapienza di Roma (e che poi gli venne impedita da un gruppo di intolleranti), scriveva: “Si tratta del dare giusta forma alla libertà umana che è sempre libertà nella comunione reciproca: il diritto è il presupposto della libertà, non il suo antagonista”. Concorda?

– Certamente. Occorre che gli uomini siano umili e amorevoli. Solo queste qualità morali impediscono la tirannide. E sono anche le custodi della vera razionalità. Altrimenti la razionalità può sempre degenerare e diventare arbitrio.

– E nel caso di Alfie che significa?

– Significa, per dirla in modo molto semplice, che il giudice non può ergersi a Dio, a  padrone della vita. Facendo uso della razionalità al servizio dell’uomo, deve riconoscere lo spazio decisionale dei genitori. E deve riconoscere che la vita umana possiede una dignità che va ben al di là del criterio di efficienza. L’uomo non è una macchina. Se l’unico criterio fosse l’efficienza, dovremmo sbarazzarci immediatamente di tutti i malati, i disabili, i vecchi. Se non lo facciamo è perché la nostra razionalità è guidata da criteri morali. Sono questi che vanno alimentati.

– Quindi lei, Mr Chesteron, cittadino britannico, vede nel comportamento di alcuni suoi compatrioti una negazione della libertà?

– Noi inglesi abbiamo inventato lo Stato liberale, ma nemmeno noi siamo al riparo dalle sue degenerazioni. Il sistema può diventare arbitrario quando si erge a giudice supremo con diritto di vita e di morte.

– Come giudica la mobilitazione per Alfie?

– Le preghiere quassù non hanno mai smesso di arrivare, e ultimamente si sono molto intensificate. E sono preziosissime. La fede smuove davvero le montagne.  Vedo in tutta questa storia un grande insegnamento.

– Quale?

– Tutto sta avvenendo all’insegna della debolezza e della piccolezza. Alfie è piccolo e debole. Piccoli e deboli, a loro modo, sono anche i suoi giovanissimi genitori. Piccoli e deboli i tanti che si sono presi a cuore la vicenda e che certamente non appartengono ai grandi potentati. Perfino i due politici italiani che hanno concesso la cittadinanza ad Alfie fanno parte di un governo dimissionario, che in pratica non c’è più, il che però non ha impedito loro di compiere un’azione nobilissima.

– Vengono in mente le parole di Gesù: “Ti rendo lode, o Padre, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli”…

– Sì, al Padre in effetti piace rivelarsi così.

– Senta Mr Chesterton, qualcuno, di fronte alla vicenda di Alfie, ha richiamato la questione dell’eugenetica, che ha radici britanniche innegabili, più antiche di quelle tedesche e naziste…

– Guardi, credo di non essere immodesto se dico che sono stato uno dei primi a rendermene conto.

– Come?

– Già nel 1922 scrissi un libro – intitolato, non a caso, Eugenetica e altri malanni – nel quale dicevo fra l’altro: “La cosa più saggia del mondo è gridare prima del danno. Gridare dopo che il danno è avvenuto non serve a nulla, specie se il danno è una ferita mortale… Spesso è essenziale opporsi a una tirannide prima che essa prenda corpo”.

– Lei, se non sbaglio, mise in guardia anche dal darwinismo…

– Certamente. Mi scuso se mi cito di nuovo: “Quando si incomincia a pensare all’uomo come a un essere che cambia e che può essere alterato, il forte e l’astuto possono facilmente deformarlo, dandogli nuove forme per scopi innaturali”.

– Eugenetica, darwinismo, malthusianesimo: voi inglesi, a guardar bene, avete dato un bel contributo a quello che ancora oggi ci ostiniamo a chiamare “progresso” senza vederne i pericoli.

– Già, e in quanto inglese non ne posso certamente andare orgoglioso. Posso però affermare, senza poter essere smentito, che avvertii tutti quanti. Nel mio libro scrivevo: “La definizione più concisa dell’eugenetica, quanto al suo lato pratico, è che essa si propone , in maggiore o minore misura, di controllare talune famiglie come se fossero famiglie di schiavi pagani, o peggio”. Vediamo che cosa sta succedendo alla famiglia di Alfie.

– E lei, occorre dirlo, non ebbe paura di usare la parola “tirannide”.

– Certamente. Vidi che gli eugenetici volevano intromettersi in tutto, ovviamente in nome del progresso e della “qualità della vita”. E infatti nel caso di Alfie che cosa è accaduto? Che i giudici lo hanno condannato a morte per rispettare il suo “miglior interesse”.

– Ricordo che lei, Mr Chesterton, per denunciare la visione efficentista della vita fece un appropriato paragone fra l’uomo e l’utensile.

– È così. Gli efficentisti vedono nell’uomo un utensile. Se non funziona, lo si getta via. Ma l’uomo, rispetto a un comune utensile, ha un difetto. Come ho detto una volta, “se prendi un martello, non ci trovi attaccata tutta una famiglia di chiodi. Se getti uno scalpello, questo non figlia e non lascia in giro tanti piccoli scalpelli”. L’uomo invece ha famiglia, ha relazioni. Per ridurlo a utensile 0ccorre dunque togliere di mezzo questi ostacoli.

– Per concludere, che cosa direbbe al giudice Anthony Hayden?

– Mi verrebbe voglia di rivolgermi a lui come fa un mio personaggio, il giudice Grant, rivolto al primo ministro: “Procuratevi un’anima nuova!”.

– Grazie Mr Chesterton.

– Di nulla, grazie a voi. E mio raccomando: continuate a pregare.

Aldo Maria Valli

 

 

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