E il miliardario questa volta non dà i soldi al Vaticano

Il senso di frustrazione e delusione diffuso tra molti cattolici americani in seguito ai casi di abusi nella Chiesa sta avendo conseguenze anche sul piano economico. Non solo perché le diocesi sono costrette a pagare ingenti risarcimenti alle vittime, ma anche perché tradizionali donatori molto generosi nei confronti del Vaticano stanno facendo un passo indietro.

È il caso di Legatus, organizzazione di dirigenti d’affari cattolici che ha deciso di bloccare il proprio contributo annuale mettendolo in un deposito di garanzia piuttosto che inviarlo a Roma.

La cifra, fa sapere l’organismo, ammonta a circa 820 mila dollari.

“Alla luce delle recenti rivelazioni e domande, riteniamo opportuno richiedere rispettosamente chiarimenti in merito all’uso specifico di questi fondi”, scrive in una lettera il presidente di Legatus, Thomas S. Monaghan.

Dopo le dimissioni di McCarrick da cardinale e il rapporto del gran giurì della Pennsylvania sugli abusi da parte di esponenti del clero, è stato il memoriale dell’ex nunzio negli Stati Uniti Carlo Maria Viganò a rendere ancora più drammatica la crisi della Chiesa cattolica negli Usa. Di qui la decisione senza precedenti da parte di Legatus.

Tuttavia, come spiega Monaghan nella lettera, le perplessità non riguardano soltanto i comportamenti dei sacerdoti e le eventuali coperture e connivenze degli esponenti della gerarchia cattolica in America. Il problema riguarda la complessiva crisi della Chiesa e le responsabilità, anche finanziarie, all’interno del Vaticano per quanto riguarda i fondi ricevuti per beneficenza e opere di carità.

Legatus non è la prima grande organizzazione non-profit cattolica che mette in discussione l’uso che il Vaticano fa dei fondi in arrivo da tutto il mondo. Dopo che Francesco ha chiesto alla Papal Foundation, fondazione con sede in Pennsylvania che sostiene attività caritative della Santa Sede, un contributo di venticinque milioni di dollari per risanare le disastrate finanze dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata di Roma, strangolato da una serie di scandali finanziari, i donatori laici della fondazione hanno protestato energicamente, sostenendo che il loro aiuto economico deve essere utilizzato a beneficio dei poveri, non per porre rimedio agli errori di dirigenti incapaci e disonesti.

“Sicuramente – scrive Monaghan – promuoviamo la nostra continua devozione alla Santa Madre Chiesa, e riconosciamo che la decima è stata un importante impegno di Legatus sin dalla nostra fondazione. Tuttavia, alla luce delle recenti rivelazioni e domande, riteniamo opportuno richiedere rispettosamente chiarimenti in merito all’uso specifico di questi fondi”.

Assieme al fratello James, Tom Monaghan fondò nel 1960 Domino’s Pizza, impresa di ristorazione, con sede nel Michigan, che è oggi tra le più grandi catene di pizzerie al mondo.

La storia dei fratelli Monaghan, cresciuti in orfanotrofio dai quattro ai dodici anni, assomiglia sotto molti aspetti a quella dei fratelli McDonalds. Tutto incominciò con un negozietto comprato con cinquecento dollari in contanti e altri novecento che i due si fecero prestare dai parenti. Dopo alcuni mesi i fratelli litigarono e James si fece pagare la sua quota con il Maggiolino Wolkswagen che usavano per le consegne della pizza. Da allora l’espansione dell’impresa è stata incontenibile e oggi la catena è presente in settanta nazioni con undicimila locali.

Cattolico convinto, Tom Monaghan ha fondato a Naples, in Florida, Ave Maria, una sorta di città ideale abitata da cattolici praticanti e dotata di una sua università. Per la costruzione della città ha utilizzato la fortuna accumulata con Domino’s, da lui venduta nel 1988 per un miliardo di dollari.

Secondo Monaghan, che ritrovò la fede quando fu all’apice del successo economico, i cattolici hanno il dovere di fare qualcosa per contrastare la penetrazione dell’islamismo e la decadenza morale di un Occidente che ha ormai tradito le sue radici cristiane.

Legatus, nata nel 1987 dopo un incontro di Monaghan con Giovanni Paolo II, riunisce uomini d’affari e capitani d’industria, tutti obbligatoriamente cattolici. I membri devono essere al vertice di un’azienda con un minimo di sei milioni e mezzo di entrate annuali o almeno 275 milioni di risparmio gestito se si tratta di una società di servizi finanziari.

Gli incontri mensili iniziano regolarmente con la confessione, la recita del rosario e la messa.

Il cardinale Anthony Bevilacqua, arcivescovo di Philadelphia e cappellano della charity dal 1988 al 2012, definì Legatus “l’organizzazione laica più influente nella Chiesa”.

Oggi Tom Monaghan, ottantuno anni, dice che tutto il tempo che gli resterà da vivere lo dedicherà esclusivamente a Legatus. “Lo sto facendo perché è la cosa migliore che io possa fare per aiutare le persone a raggiungere il paradiso”.

Ma i soldi per il Vaticano, per adesso, restano bloccati in una banca.

Aldo Maria Valli

 

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