Cina – Vaticano: un accordo, tante domande

Un “accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi, frutto di un graduale e reciproco avvicinamento” e “stipulato dopo un lungo percorso di ponderata trattativa”.

Così la Santa Sede definisce l’intesa raggiunta tra il Vaticano e il governo cinese, aggiungendo che l’accordo sarà oggetto di “valutazioni periodiche circa la sua attuazione”. Occupandosi della nomina dei vescovi, “questione di grande rilievo per la vita della Chiesa, l’accordo crea le condizioni per una più ampia collaborazione a livello bilaterale”.

Il testo, precisa il Vaticano,  è stato firmato a Pechino da monsignor Antoine Camilleri, sottosegretario per i rapporti con gli Stati, e Wang Chao, viceministro degli Affari esteri della Repubblica popolare cinese. “Auspicio condiviso” è che “tale intesa favorisca un fecondo e lungimirante percorso di dialogo istituzionale e contribuisca  positivamente alla vita della Chiesa cattolica in Cina e alla pace nel mondo”.

Da decenni la questione della nomina dei vescovi crea divisioni tra Pechino e Vaticano, ma determina anche una dolorosa spaccatura all’interno della Chiesa cinese, divisa tra “patriottica”, riconosciuta e pilotata dal governo, e “sotterranea”, non riconosciuta dallo Stato e come tale perseguitata, tanto da essere costretta alla clandestinità.

Come atto di buona volontà in occasione della firma dell’accordo, il papa “ha deciso di riammettere nella piena comunione ecclesiale i rimanenti vescovi ufficiali, ordinati senza mandato pontificio”. Si tratta dei vescovi Giuseppe Guo Jincai, Giuseppe Huang Bingzhang, Paolo Lei Shiyin, Giuseppe Liu Xinhong, Giuseppe Ma Yinglin, Giuseppe Yue Fusheng, Vincenzo Zhan Silu e Antonio Tu Shihua (quest’ultimo morto nel gennaio 2017 dopo aver espresso il desiderio di essere riconciliato con la Sede apostolica). Il Vaticano dunque ha accettato di riconoscere e consacrare sette “vescovi” illegittimi installati dall’Associazione patriottica cattolica controllata dai comunisti, vescovi che la Santa Sede aveva precedentemente respinto.

Inoltre il Vaticano avrebbe chiesto, come parte dell’accordo, che due vescovi della Chiesa sotterranea perseguitata si dimettano a favore dei “vescovi” della Chiesa patriottica.

Auspicio del papa è che “con le decisioni prese si possa avviare un nuovo percorso, che consenta di superare le ferite del passato realizzando la piena comunione di tutti i cattolici cinesi”.

Nello stesso tempo il papa ha costituito nella provincia cinese di Hebei la nuova diocesi di Chengde, suffraganea di Pechino, la prima da settant’anni.

“Non è la fine di un processo, è l’inizio”, dice il portavoce vaticano Greg Burke. “L’obiettivo dell’accordo non è politico, ma pastorale, permettendo ai fedeli di avere vescovi che sono in comunione con Roma, ma allo stesso tempo sono riconosciuti dalle autorità cinesi”.

Secondo il segretario di Stato della Santa Sede, cardinale Pietro Parolin, la firma dell’accordo “riveste una grande importanza, specialmente per la vita della Chiesa cattolica in Cina e per il dialogo tra la Santa Sede e le autorità civili di quel paese, ma anche per il consolidamento di un orizzonte internazionale di pace, in questo momento in cui stiamo sperimentando tante tensioni a livello mondiale”.

“L’obiettivo della Santa Sede – ribadisce Parolin – è pastorale, cioè aiutare le Chiese locali affinché godano condizioni di maggiore libertà, autonomia e organizzazione, in modo tale che possano dedicarsi alla missione di annunciare il Vangelo e di contribuire allo sviluppo integrale della persona e della società. Per la prima volta dopo tanti decenni, oggi tutti i vescovi in Cina sono in comunione con il vescovo di Roma”.

I dettagli dell’accordo non sono stati ancora comunicati. Pare che Pechino riconoscerà il papa come capo della Chiesa cattolica in Cina e avrà la parola finale nella nomina dei vescovi, mentre al papa sarebbe riconosciuto un diritto di veto.

L’impegno che Francesco affida a tutta la Chiesa cinese, dice il cardinale Parolin, è quello di “vivere in uno spirito di riconciliazione tra fratelli, ponendo dei gesti concreti che aiutino a superare le incomprensioni del passato, anche recente”. In questo modo “i fedeli potranno testimoniare la propria fede, vivere un genuino amore di patria e aprirsi anche al dialogo fra tutti i popoli e alla promozione della pace”.

“È certo destinata a entrare nella storia la data del 22 settembre”, scrive il direttore dell’Osservatore romano, Gian Maria Vian, tuttavia attorno all’accordo c’è un alone di mistero. Il sito Asianews, sempre molto ben informato sulle questioni cinesi, scrive che “il ministero cinese degli Esteri non sa nulla di una delegazione vaticana in visita a Pechino per mettere a punto (e forse firmare) un accordo fra Cina e Santa Sede per le nomine dei vescovi”.

Il Global Times, giornale legato al Quotidiano del popolo, espressione del Partito comunista cinese, pubblica oggi un articolo secondo il quale il portavoce del ministero degli Esteri, Geng Shuang, durante una conferenza stampa ha detto che egli “non ha alcuna informazione su alcuna visita di una delegazione vaticana”. Però, ha aggiunto, “la Cina e il Vaticano mantengono efficienti contatti”.

“In questi giorni – scrive poi Asianews – è in Cina monsignor Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontifica accademia delle scienze”, che si trova a Xian per un incontro internazionale sui trapianti di organi. “Mesi fa – ricorda l’agenzia – il cancelliere aveva definito la Cina come il paese dove si applica nel modo più completo la dottrina sociale della Chiesa”,  e anche in quest’occasione, intervistato dal Global Times, il rappresentante vaticano “elogia la Cina in modo sperticato”, definendola “un potere influente che rispetta la dignità umana e il pianeta” e “un Paese con una grande popolazione, con persone buone e di qualità, che osserva il bene comune ed ha provato la sua abilità in grandi missioni, come combattere contro la povertà e l’inquinamento”.

Secondo monsignor Sanchez Sorondo, consigliere influente del papa, “i critici verso un accordo fra la Cina e il Vaticano sono “una piccolo minoranza, gente che vuole creare problemi”; “gridano forte, ma non ve ne sono tanti”.

Forse non saranno tanti, ma certamente fra i critici c’è un nome che da solo vale moltissimo: quello dell’anziano ma indomito cardinale Joseph Zen di Hong Kong, ottantasei anni, che definisce l’accordo “un tradimento incredibile” e arriva a chiedere al segretario di Stato vaticano di dimettersi:

https://www.reuters.com/article/us-china-vatican-zen/leading-asian-cardinal-calls-for-vatican-foreign-minister-to-resign-over-china-dealings-idUSKCN1M025C

Zen, da sempre contrario a ogni tipo di cedimento della Santa Sede nei confronti di Pechino, come al solito non si trincera dietro le parole: “Stanno dando il gregge in pasto ai lupi. È un incredibile tradimento”, dice alla Reuters. “La firma di un accordo con il regime ateo di Pechino mina la credibilità del papa”.

L’intesa, ricorda Zen, arriva proprio mentre il presidente Xi Jinping sta colpendo duramente la libertà religiosa. Un giro di vite che riguarda tutte le attività religiose “non autorizzate” e il clero “non registrato”. “Le conseguenze dell’accordo – dice Zen – saranno tragiche e durature, non solo per la Chiesa in Cina, ma per l’intera Chiesa in tutto il mondo, perché ne danneggia la credibilità”.

Secondo Zen, che nel gennaio scorso volò a Roma per mettere in guardia papa Francesco da ogni tipo di compromesso con Pechino, il cardinale Parolin, capo della diplomazia vaticana, “non sembra avere grande considerazione per la fede cattolica”. “Io non penso che abbia fede. È solo un bravo diplomatico nel significato mondano e secolarizzato del termine. Dovrebbe dimettersi. È una resa completa: non ho altre parole”.

Oltre che alla Reuters, Zen ha affidato le sue riflessioni anche ad Asianews, con un commento nel quale scrive fra l’altro:  “Il comunicato della Santa Sede, a lungo atteso, è un capolavoro di creatività nel dire niente con tante parole” .

Intanto anche l’esperto di Cina Steven Mosher, responsabile del Population Research Institute, ha un giudizio severo su Parolin, che in Cina avrebbe commesso “errori enormi”, destinati a essere pagati dai cattolici perseguitati. https://onepeterfive.com/parolin-china-negotiations/

Abbiamo assistito a qualcosa di “straziante”, dice Mosher, quando il vecchio vescovo sotterraneo Peter Zhuang, ottantotto anni, è stato costretto  dagli emissari del cardinale Parolin a consegnare la sua diocesi di Shantou allo scomunicato vescovo patriottico Huang Bingzhang. “E questo processo ovviamente continuerà fino a quando l’ultimo dei vescovi sotterranei non sarà stato messo a tacere, in un modo o nell’altro”.

Aldo Maria Valli

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