Israel Folau, il rugby e l’unica meta che conta

Non so se vi ho mai detto che mi piace molto il rugby. Ho quindi visto giocare e avuto modo di apprezzare un atleta fortissimo, Israel Folau, estremo dei Waratahs e della nazionale australiana, il cui contratto con i Wallabies è stato rescisso in seguito ad alcune dichiarazioni dello stesso Folau sull’omosessualità.

Nato a Sidney da genitori tongani, trent’anni, Folau è cristiano evangelico e in un messaggio condiviso su Instagram ha scritto «Avviso: ubriaconi, omosessuali, adulteri, mentitori, fornicatori, ladri, atei, idolatri… l’inferno vi aspetta: pentitevi! Solo Gesù può salvare».

Non si tratta, come si vede, di un’invenzione di Folau, ma di una sintesi di ciò che san Paolo scrive nella prima lettera ai Corinzi: «Non sapete che gl’ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non v’illudete; né fornicatori, né idolatri, né adúlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriachi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e mediante lo Spirito del nostro Dio».

Tuttavia la federazione australiana ha deciso di licenziare il giocatore per aver violato il codice di condotta, che fra le altre cose vieta ai giocatori di «condannare, diffamare o discriminare le persone sulla base della loro sessualità».

«Inevitabile sebbene frustrante», così l’amministratrice delegata della federazione, Raelene Castle, ha definito la decisione. Era stata la stessa Castle nei mesi scorsi a rinnovare il contratto di Folau fino al 2022.

Da parte sua l’allenatore dei Wallabies, Michael Cheika, aveva già dichiarato di non poter più convocare Folau, anche in vista della Coppa del mondo del prossimo autunno in Giappone, e il capitano Michael Hooper, che di Folau è anche compagno di club nei Waratahs, aveva detto che avrebbe avuto difficoltà a giocare ancora insieme a un «omofobo».

Dopo la notifica del licenziamento, Folau può presentare ricorso. Ultimamente comunque ha dichiarato che le polemiche nate dal suo messaggio non lo hanno spinto a cambiare opinione. «Credo in un Dio che ha il controllo di tutto», ha detto, e qualunque sarà la volontà divina lui, Folau, «sarà felice».

Il verdetto di colpevolezza nei confronti del giocatore, che nella nazionale australiana vanta più di settanta presenze,  è arrivato da un tribunale indipendente, composto da tre persone, che è rimasto in seduta per tre giorni. «Il panel – si legge in una dichiarazione – ha espresso il giudizio che Israele Folau con i suoi post sui social media ha commesso una violazione ad alto livello del Codice di condotta dei giocatori professionisti».

Il contratto di Folau, che ha già rifiutato una transazione da 1 milione di dollari, ammontava a 4 milioni di dollari. Il giocatore ha perso inoltre i contratti con diversi sponsor. La sanzione è stata decisa anche perché Folau è stato giudicato recidivo.

La vicenda che ha coinvolto il giocatore di rugby si è sviluppata proprio mentre la Tasmania ha preso la decisione di rendere facoltativa la specificazione del genere sessuale di appartenenza delle persone sul loro documento d’identità.

Poiché la libertà di parola è garantita in Australia, il caso di Folau potrebbe essere sottoposto all’Alta corte australiana. Dopo l’annuncio che la nazionale autraliana avrebbe annullato il contratto di Folau, LifeSiteNews ha promosso una petizione per chiedere il suo reintegro.

Se sarà bandito dai campi dell’emisfero Sud, Folau potrebbe trasferirsi in Europa, ma le premesse non sembrano favorevoli. Il presidente del club di rugby di Tolone, Mourad Boudjellal, ha dichiarato alla rivista sportiva francese L’Equipe: «Questo tizio è un idiota, dovrebbe sparire. O ha bisogno di comprarsi un cervello. Sta ancora con il Ku Klux Klan».

Molti giocatori sui social hanno attaccato Folau, chiamandolo «bigotto» o pubblicando immagini di baci fra omosessuali. Il collega Billy Vunipola, nazionale inglese,  si è schierato invece a fianco di Folau e per questo potrebbe subire provvedimenti disciplinari da parte della federazione di rugby dell’Inghilterra.

Interpellato dal Sydney Morning Herald sulla possibilità di lasciare il rugby professionistico, Folau ha risposto che farà la volontà di Dio: «Il rugby è importante, ma la mia fede in Gesù Cristo viene prima».

Aldo Maria Valli

 

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