Il caso Dario Musso. Perché un Tso?

Cari amici di Duc in altum, non so voi, ma io sono rimasto sconcertato e addolorato nell’apprendere la vicenda di Dario Musso, quarantenne di Ravanusa, in provincia di Agrigento, che è stato fermato dalle forze dell’ordine e sottoposto a Tso (Trattamento sanitario obbligatorio) per aver girato le strade del paese a bordo della sua auto gridando in un megafono che la pandemia non esiste e che la gente si deve svegliare e tornare alle proprie occupazioni.

Il signor Musso, come si può vedere qui, non si stava comportando in modo violento: stava solo esercitando il diritto, costituzionalmente garantito, di esprimere la sua opinione. Certo, in modo inusuale, forse esagerato, ma da qui a giustificare un Tso ne corre.

Leggo che in precedenza il signor Musso aveva bruciato la propria carta d’identità in segno di protesta davanti ai carabinieri, ma anche in quel caso non aveva messo in atto comportamenti tali da giustificare un Tso. Non conosco i dettagli della vicenda, ma da quel che si può vedere sembra che il provvedimento adottato nei confronti del signor Musso sia veramente spropositato. Dopo le scene viste in alcune chiese, dove le forze dell’ordine hanno interrotto cerimonie religiose, questa vicenda di Ravanusa ci porta a chiederci se davvero viviamo ancora in una democrazia liberale e in uno stato di diritto.

“A malincuore – ha dichiarato il sindaco di Ravanusa, Carmelo D’Angelo – ho dovuto disporre il trattamento per i segnali pregressi di instabilità mentale che l’uomo aveva manifestato. In precedenti occasioni, infatti, si era reso protagonista di azioni che hanno messo in allarme la comunità ravanusana e si era scagliato contro un carabiniere che lo aveva fermato in un posto di controllo e lui aveva bruciato la carta di identità”.

Instabilità mentale? Dalle immagini non si direbbe. Secondo il fratello del signor Musso, che è avvocato, si è trattato di un abuso: “Sono stati violati gli articoli 21 e 32 della Costituzione, gli articoli 33 e 34 della Legge 833 del 1978. In particolare, è stato disposto un Trattamento sanitario obbligatorio per iniziativa diretta di un sindaco per una manifestazione non autorizzata condotta con un megafono per le strade del paese. Un’aberrazione giuridica che non resterà priva di seguito. Non sussistevano i requisiti di legge per il Tso e gli atti già acquisiti difettano di motivazione. La questione sarà oggetto di interrogazione parlamentare”.

La famiglia ha comunicato di avere già dato mandato per l’annullamento del Tso e per le denunce penali.

“Per quattro giorni – precisa l’avvocato Musso – non abbiamo saputo nulla di mio fratello e non abbiamo potuto parlare con lui. Siamo in uno Stato democratico, non nell’Argentina di Pinochet [questo è evidentemente un lapsus: l’avvocato voleva dire l’Argentina di Videla, o il Cile di Pinochet, ndr]”.

Ricordo che il Tso può essere disposto dal sindaco dietro proposta motivata di due medici (di cui almeno uno appartenente alla Asl di competenza territoriale) in caso di urgenza e se non c’è la possibilità di adottare misure extra-ospedaliere.

Il Tso, inoltre “deve essere considerato come un’eventualità del tutto eccezionale, attivabile solo dopo che tutti i tentativi di ottenere un consenso del paziente siano falliti e di durata limitata nel tempo (massimo sette giorni rinnovabili, qualora sussistano ancora le condizioni, su richiesta di uno psichiatra)”.

“Il Tso, come sancito dall’articolo 32 della Costituzione, deve svolgersi nel rispetto della dignità della persona e può essere trasformato, in qualunque momento, in ricovero volontario su richiesta del paziente”.

Ricordo anche l’articolo 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

A.M.V.

 

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