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App Immuni: guerra al virus o Grande Fratello?

Cari amici di Duc in altum, circa l’app Immuni, che sta facendo molto parlare di sé, ho ricevuto due lettere che vi propongo. Arrivano da due lettori affezionati del blog: il primo si firma, l’altro ha preferito restare anonimo.

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Un’app voluta dalla propaganda di regime

Caro Valli, lanciata il 1° giugno, spopola la app Immuni, già la più scaricata, come informano i media gongolanti per il senso di responsabilità dimostrato dagli italiani. Ovviamente il garante della privacy giura che la segretezza è tutelata. In realtà è un sistema di tracciamento che farà sapere sempre a lorsignori dove sei, con chi sei, dove vai, che abitudini hai eccetera.

Il malcapitato italiano la scarica perché gli hanno bombardato il cervello dicendogli che ne beneficerà la salute propria e altrui. Ma è così? Assolutamente no. Dal punto di vista sanitario l’app non serve a niente (tranne che ad alimentare la peraltro già egemone psicosi da Covid), poiché:

  • il Sars-CoV-2 è “clinicamente morto” (Zangrillo dixit, e lo conferma qualsiasi medico che non menta);
  • come il professor Tarro ha ripetuto mille volte e come ha mostrato il dottor Bacco (“aumentando di pochi gradi centigradi la temperatura dei terreni di coltura e quindi portandola all’intervallo di 25-30 gradi, circa il 53% dei ceppi non sopravvive e il restante dimostra un’attività circa dodici volte inferiore”), d’estate, come tutti i coronavirus parenti suoi, il Sars-CoV-2 o muore o perde gran parte della sua carica virale
  • se (e sottolineo: se) il Sars-CoV-2 dovesse ripresentarsi, con il calo della temperatura, ad autunno inoltrato, non farà danni rilevanti, poiché a) troverà una popolazione già largamente immunizzata; b) i medici sanno ormai come si cura e si guarisce a domicilio e quindi non saranno colti alla sprovvista.

Ma allora, perché mai scaricare l’app? Perché la propaganda di regime vuole così.

Alessandro Martinetti

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Ma vogliono tracciare il virus o i cittadini?

Si parla ormai da tempo di tracciamenti (e anche già si fanno) attraverso app apposite per verificare se le persone che si spostano e si incrociano, per le strade o nei negozi o in qualunque altro luogo, sono o no positive al coronavirus. Uno degli epidemiologi più noti in Italia ha recentemente affermato, a proposito di una di queste applicazioni che dev’essere adottata nella Regione Puglia: “Ho studiato bene come funziona la app Immuni e sinceramente vi consiglio di non scaricarla se non siete interessati a sapere di essere entrati in contatto con un soggetto positivo al coronavirus, potenzialmente contagioso, e non avete a cuore la vostra salute e quella di chi è vicino. In tutti gli altri casi, usatela”.

Vale la pena esaminare brevemente gli impliciti contenuti in questa dichiarazione.

1) Uno specialista in malattie epidemiche dice di aver studiato bene un sofisticato dispositivo informatico e vuol farci intendere che è in grado di capire come davvero funziona, per esempio nel garantire la privacy dei cittadini e anche nell’efficacia del suo effettivo funzionamento. Viene da chiedersi: questo specialista in virus forse ha anche una laurea in informatica, con un master sui sistemi di tracciamento, per poter dare garanzie e assicurazioni sul dispositivo in questione?

2) Il suo modo di proporre l’adozione dell’applicazione insinua la stupidità di chi decide di non applicarla: cioè solo gli incoscienti che non hanno a cuore la propria e l’altrui salute. Neanche lo sfiora il pensiero che i minimi spostamenti del cittadino siano registrati, come peraltro già lo sono quelli di chiunque porta indosso uno smartphone. Si potrebbe domandare allo scienziato: lei desidera portare permanentemente un bracciale magnetizzato simile a quello di chi sta in libertà vigilata? Lo usi lei, allora, ma non lo proponga come misura cautelare di massa.

3) Naturalmente non si affronta neppure il problema a monte: come si fa a sapere se uno è positivo e potenzialmente contagioso e segnalarlo attraverso una app? È possibile solo previo tampone. Una piccola domanda che allora sorge è: quanti tamponi ha fatto fino ad ora la Puglia? A quanto è dato sapere alcune decine di migliaia su ben quattro milioni di abitanti. A cosa serve dunque questa app? A tracciare il virus o i cittadini?

4) Ci dica l’esperto in questione: ha intenzione di promuovere i tamponi a tappeto? Anche su scala nazionale? Se è così, allora cominci subito, chiedendo uno stanziamento di qualche milione di euro per quattro milioni di tamponi e attendiamo che l’operazione termini (un anno? due anni? In ogni caso a fine Covid).

5) Il problema è che quando saranno stati fatti quattro milioni di tamponi bisognerà ricominciare da capo, perché chi è negativo oggi può essere positivo fra una settimana e viceversa. Ci ha mai pensato l’illustre scienziato? Un “tamponamento” continuo, fino all’esaurimento, per sapere in tempo reale tutti gli aggiornamenti sanitari di quattro milioni di abitanti. Senza contare i falsi positivi e i falsi negativi. E quanto uno è stato registrato come positivo e contagioso, come deve fare per farsi cancellare dal lazzaretto virtuale, se poi il virus “gli passa”? E fino a quando dovrebbe durare questo tamponamento? Fino alla fine degli asintomatici? La fantasia non ha davvero limiti. Ma cosa c’entra la fantasia con la scienza?

Queste osservazioni, è evidente, valgono per tutte le regioni e per l’intero territorio nazionale, anzi per tutto il mondo. Sembra che gli unici che possono rallegrarsi di simili prospettive siano i produttori delle app e chi ha interesse a monitorare la vita privata delle persone.

Lettera firmata

Aldo Maria Valli:
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