Sull’importanza della fermezza (ricordo del padre Enrico Zoffoli)

Stare fermi è sempre negativo, come ci induce a pensare il dogma del cambiamento? Dipende. Aurelio Porfiri ci parla dell’importanza della fermezza, con un affettuoso ricordo del padre Enrico Zoffoli.

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Quante volte ci capita di sentire che le persone che cercano di tenere una certa posizione, di restare fedeli a una certa tradizione, sono accusate di essere intransigenti, tradizionaliste, passatiste… Insomma, secondo alcuni bisogna sempre cambiare tanto per cambiare, anche se avremmo molto più vantaggio nel cercare di stare alle tradizioni che ci vengono consegnate dai nostri padri.

Padre Enrico Zoffoli (1915-1996), religioso passionista che fu mio insegnante di filosofia, soffrì molto per la sua fede, anche all’interno della sua congregazione. Fu autore estremamente prolifico, di tanti testi di teologia, spiritualità, agiografia, mistica. Molto conosciuto per la sua battaglia contro le deviazioni che a quel tempo c’erano all’interno del movimento neocatecumenale (di cui riconosceva anche le cose buone), fu identificato con quella polemica e così il suo contributo straordinario al pensiero cattolico passò un po’ in secondo piano.

Ho curato la ristampa del suo libro Abbà. Alla scoperta del Padre, nel quale Zoffoli concentra la riflessione sul Creatore stesso, e nell’introduzione cito una frase del padre: “Restar ‘fermi’ non significa essere ‘intransigenti’, ma solo coerenti, leali, forti, come lo sono stati tutti gli eroi e i martiri d’ogni fede, religiosa o politica”. Ecco, in questo pensiero mi sembra che ci sia un concetto molto importante: stare ‘fermi’, nel senso della fermezza, non significa non voler andare avanti. Significa che per fare un buon passo in avanti si deve avere l’altra gamba ben piantata all’indietro. Questa è una necessità di natura, e non può essere disattesa. Troviamo esempi di questa fermezza nella storia della religione cattolica e più in generale nella storia del pensiero.

I certosini dicevano: Stat crux dum volvitur orbis, la croce rimane salda mentre il mondo gira. Questo non deve significare, lo voglio ripetere, che le cose non possono evolvere, cambiare, assumere una prospettiva diversa. Ma c’è sempre qualcosa che permane, qualcosa che sta alla base. Quindi, quando si cerca di proteggere questa permanenza, cerchiamo di conservare non le ceneri ma il fuoco.

Alcuni, è vero, confondono le ceneri con il fuoco, ma ciò non significa che il fuoco vada spento.

Spero che il padre Enrico Zoffoli possa essere riscoperto per le sue opere filosofiche e teologiche. Io l’ho conosciuto e frequentato e posso dirvi che era un uomo molto buono, una persona semplice e umile, ma anche infuocato dell’amore per la teologia e per la verità. Era un uomo per cui la ricerca della verità era quasi un’ossessione, viveva per il suo lavoro di filosofo e teologo. Ricordo uno dei miei ultimi incontri con un altro combattente per la verità, monsignor Antonio Livi, e mi colpì quando mi disse che stava cercando di introdurre la causa di beatificazione del padre Zoffoli. Poi, pensandoci bene, trovai questa iniziativa molto appropriata. Ripeto: l’ho conosciuto, e l’ho frequentato fino al momento della morte, in una clinica romana. Era un sacerdote che viveva la sua vocazione senza riserve, una vocazione che in lui risplendeva così come dovrebbe avvenire in tutti i sacerdoti. Prima di essere un grande pensatore, era un uomo profondamente umile e buono. Che Dio lo abbia in gloria.

Aurelio Porfiri

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Aldo Maria Valli, Gli strani casi. Storie sorprendenti e inaspettate di fede vissuta (Fede & Cultura, 2020)

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