Ombre, errori e ambiguità di “Fratelli tutti” / A colloquio con Ettore Gotti Tedeschi

Cari amici di Duc in altum, sull’enciclica Fratelli tutti di Francesco ho avuto il piacere di confrontarmi con Ettore Gotti Tedeschi. Qui vi propongo la nostra conversazione. Buona lettura!

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Ettore Gotti Tedeschi – Mentre leggevo Fratelli tutti pensavo: ma dove ho già letto queste cose? Poi mi sono ricordato. Ma certo! Qui san Francesco non c’entra niente. Qui il vero ispiratore è un altro santo: Tommaso Moro. Specie là dove, nella sua Utopia, il grande umanista e martire immagina un mondo in cui la proprietà privata è abolita, i cittadini non dispongono né di beni né di denaro, tutto è messo in comune e l’idea stessa di commercio è superata. Nell’Utopia di Moro il sistema economico è ridotto alla sola dimensione agricola e la terra è un bene in sé, non in relazione all’uso che ne viene fatto dagli esseri umani. Inoltre, nell’isola-regno immaginata da Moro l’uguaglianza è il principio cardine che regola tutto. Non c’è spazio per le differenze sociali ed economiche e perfino il numero dei figli è prestabilito, così che la popolazione, tenuta sotto controllo, non possa sfruttare le poche risorse oltre i limiti pianificati e ritenuti sostenibili. Sull’isola, poi, tutte le religioni sono ammesse, ma il culto più diffuso è quello tributato alla natura, creatrice dell’intero universo, e la divinità identificata con la natura è Mitra, cara agli gnostici. I sacerdoti non hanno un ruolo propriamente religioso, ma si occupano più che altro di questioni sociali, comprese le buone maniere, con il fine di garantire il benessere della repubblica. Al sacerdozio sono ammesse anche le donne, ma solo se anziane o vedove. Inutile dire che in Utopia il pacifismo è dominante e la pena di morte è stata abolita.

Aldo Maria Valli – Ottima intuizione. Da parte mia, devo dire che dal punto di vista formale l’enciclica mi sembra francamente prolissa e noiosa. Vuole essere una sorta di summa di tutto ciò che Francesco ha detto e ripetuto più volte durante il pontificato in materia sociale, economica e politica, ma proprio per questo non ha freschezza. È una stanca ripetizione, a tratti inutilmente pedante.

Circa i contenuti, vedo due distorsioni inaccettabili. La prima riguarda san Francesco, utilizzato ancora una volta nella sua versione pacifista ed ecologista, che non risponde alla verità. Dall’enciclica sembra che san Francesco andò dal sultano per amore del dialogo, mosso da un generico senso di fraternità. Invece ci andò per convertire il sultano e tutti i suoi, e lo disse con espressioni forti, che oggi, in tempi di politicamente corretto, verrebbero bollate di intransigenza se non di fanatismo.

Che un papa che si chiama Francesco tradisca così il vero messaggio di san Francesco è piuttosto grave.

La seconda distorsione riguarda la figura del buon samaritano, presentato come il prototipo dell’uomo che si comporta in base al principio della fraternità cristiana. In realtà il buon samaritano vede nell’altro, nel povero viandante, il prossimo da amare, e per questo lo assiste. In senso cristiano il fratello è un’altra cosa. In senso cristiano il fratello è il battezzato, è il fratello nella fede, è colui che può rivolgersi a Dio chiamandolo Padre. Distinguere tra il prossimo e il fratello può sembrare un’operazione da pignoli legalisti, e invece è di sostanziale importanza. Perché la fratellanza cristiana si basa sul fatto che siamo figli di Dio. Se proclamiamo una fratellanza generica, solo umana, senza Dio, proclamiamo la fraternità dell’illuminismo, della Rivoluzione francese e dei massoni, non quella cristiana.

Joseph Ratzinger nella sua fondamentale opera Introduzione al cristianesimo mise in guardia da questa distorsione, in base alla quale saremmo fratelli semplicemente in quanto uomini. Questa, disse, è una fratellanza tutta umana, tutta orizzontale, che non ha bisogno di Dio. E, in quanto tale, pur avendo in sé qualcosa di nobile, è priva di fondamento.

Lungo la storia il passaggio da una fratellanza tutta umana e orizzontale, che non ha bisogno di Dio, al fratricidio è avvenuto spesso. Se non c’è il Padre, gli uomini a parole possono anche proclamarsi fratelli, ma nei fatti non c’è unità.

E.G.T. – Fratelli tutti conferma che la Chiesa oggi non è più chiamata a occuparsi delle anime e delle coscienze, ma esclusivamente di politica, economia, ecologia. Ma in proposito la Chiesa possiede già un insegnamento articolato e sicuro, che chiamiamo Dottrina sociale della Chiesa e che vincola ogni valutazione alla Parola di Dio. Ovviamente il papa è liberissimo di tornare su questi argomenti, ma il problema, con Francesco, è che il papa attuale vi torna in modo ideologico. La prospettiva trascendente è scomparsa e abbiamo solo la dimensione orizzontale, senza quella verticale. Tanto è vero che se uno leggesse Fratelli tutti senza conoscerne l’autore, alla fine potrebbe dedurne che è stata scritta da qualche think tank dell’Onu.  I “testimonial” scelti dal papa sono personaggi che hanno lottato per i diritti civili contro le oppressioni (Desmond Tutu, Gandhi, Martin Luther King) e, sia chiaro, sono rispettabilissimi, ma appartengono al Pantheon del mondo, non sono espressione di una visione cattolica. Mi sarei aspettato una scelta diversa: per esempio il san Giovanni Paolo II della Sollecitudo rei socialis (che profetizza che gli strumenti sarebbero sfuggiti di mano a chi li usava) o il Benedetto XVI della Caritas in Veritate (che mette in luce il rischio che gli strumenti assumano autonomia morale). Invece, al solito, abbiamo nomi che piacciono alla gente che piace.

Benedetto XVI, per curare le allucinazioni di chi è convinto di poter migliorare il mondo cambiando gli strumenti quando non funzionano, ci invita a riflettere sul peccato originale, a pensare di cambiare non tanto l’economia, ma il cuore dell’uomo, mediante la conversione. Invece eccoci qui a commentare un’enciclica che è in realtà un manifesto ideologico.

A.M.V. – Sono d’accordo. In generale nell’enciclica concetti quali l’apertura, l’integrazione, la solidarietà e la stessa fraternità sono ripetuti continuamente, producendo anche un effetto di ridondanza, ma il problema è che non c’è alcun riferimento a Cristo. Il che fa di questo documento un testo (invero confuso) di scienze sociali, non di magistero.

Alcune tesi, poi, sono semplicemente false. Sostenere che “l’arrivo di persone diverse, che provengono da un contesto vitale e culturale differente, si trasforma in un dono” è insensato. A volte l’arrivo di queste persone, a certe condizioni, può trasformarsi in un dono; spesso invece è un problema e può diventare tragedia.

Inquietante è il costante riferimento alla necessità di un ordine mondiale. Leggiamo: “Abbiamo bisogno di un ordinamento mondiale giuridico, politico ed economico”; occorre “lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate, con autorità designate in maniera imparziale mediante accordi tra i governi nazionali e dotate del potere di sanzionare»”; bisogna “dare vita a organizzazioni mondiali più efficaci, dotate di autorità per assicurare il bene comune mondiale”. Legittima la domanda: il papa si è messo al servizio del Nuovo Ordine Mondiale?

Retorica e confusione sono seminate a piene mani. Dire che dobbiamo “superare ciò che ci divide senza perdere l’identità di ciascuno” suona bene, ma in concreto che significa? Sostenere che “se potessimo riuscire a vedere l’avversario politico o il vicino di casa con gli stessi occhi con cui vediamo i bambini, le mogli, i mariti, i padri e le madri”, e aggiungere “che bello sarebbe!”, non ha alcun senso. È solo melassa buonista della peggior specie.

E.G.T. – Occupandosi dell’enciclica Andrea Riccardi, sul Corriere della sera, parla di “terza via del Papa, tra liberismo e populismo”. In realtà questa terza via c’è già, ed è appunto la Dottrina sociale della Chiesa. Una terza via che esercitò un certo fascino perfino su un liberale come Luigi Einaudi, il quale vide nella proposta della Chiesa la strada per garantire la libertà di mercato, l’iniziativa imprenditoriale e la proprietà privata senza rinunciare all’indispensabile principio di solidarietà. Ma occorre dire con chiarezza che per la nostra Madre Chiesa decisiva è la conversione del cuore, è l’adesione alla legge divina. Solo così anche la politica e l’economia possono cambiare. Fratelli tutti invece si limita al livello terreno senza alzare lo sguardo verso l’Assoluto. Per il cattolico i veri nemici del bene comune non sono il liberismo, il socialismo o il populismo: sono il relativismo e il nichilismo che nascono dal peccato. Mi chiedo: non vogliono più farci credere nell’inferno e pretendono di farci credere in un nuovo partito cattolico fondato sull’utopia bergogliana? Ricordo che per san Francesco (il quale, come giustamente notavi, non fu pacifista, ma cercava la pax Christi) la povertà non era il fine, ma il mezzo per fare meglio la volontà di Dio. Infatti, la sua fu una scelta di natura mistica, non economica o politica. San Francesco non fu un egualitarista, ma predicò l’eguaglianza degli uomini davanti a Dio. Non fu animalista, ma cantava lodi a Colui che ha voluto e fatto l’intero creato. Non fu pauperista, ma rinunciò al superfluo per avvicinarsi a Dio. San Francesco, in una parola, fu realista, mentre il papa che porta il suo nome parla come un utopista ideologico.

A.M.V. – Vedo che l’enciclica sta animando un certo dibattito su temi specifici come la guerra e la pena di morte, così come sul populismo. Lascio volentieri agli esperti il compito di analizzare i singoli aspetti. Mi preme invece sottolineare, di nuovo con inquietudine, il relativismo sparso a piene mani in materia di religione. Dire che per noi la sorgente della dignità umana è il Vangelo di Gesù Cristo ma “altri bevono ad altre fonti” è, per lo meno, ambiguo. Le fonti non sono tutte uguali. L’unica fonte che dona l’acqua di salvezza è quella di Gesù.

Un’enciclica dovrebbe essere, per il cattolico, una sorta di bussola che in un dato momento storico lo aiuta a vivere il suo tempo in una prospettiva, appunto, cattolica. Ma in Fratelli tutti di cattolico – lo dico con dolore – c’è poco o niente. Questo testo non conferma i fratelli nella fede, non li aiuta a distinguere cause ed effetti, ma li espone alla confusione già dominante nel mondo.

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