Quella chiesetta armena rasa al suolo dagli islamisti

di Leone Grotti

Gli armeni avevano costruito una chiesetta su un’altura della città di Jabrayil, nel Nagorno-Karabakh. La chiesa era lì prima che l’Azerbaigian vincesse la guerra contro la Repubblica dell’Artsakh e riconquistasse molti territori, tra cui la provincia di Hadrut dov’è situata la città, il 9 ottobre 2020.

Gli islamisti ballano sulla chiesa

Subito dopo la conquista di Jabrayil, è stato diffuso su internet un filmato che mostrava i soldati dell’esercito azero e i mercenari siriani, assoldati dalla Turchia per aiutare l’Azerbaigian a sconfiggere gli armeni, ballare sul tetto della chiesa e rimuovere la campana al grido di «Allahu Akbar». La costruzione della chiesa era iniziata nel 2012 su iniziativa di padre Gevorg Abyan, cappellano militare della brigata di stanza a Mekhakavan (così gli armeni chiamano la città).

La chiesa, costruita con l’aiuto dei soldati, è stata consacrata nel 2017. Ma oggi, come dimostrato dalla Bbc, la chiesa non c’è più. Il corrispondente dell’emittente britannica, Jonah Fisher, si è infatti recato sulla collinetta che la ospitava, trovando solo alcune pietre sparse sul terreno. La chiesa è stata letteralmente rasa al suolo.

Le bugie dell’Azerbaigian

Gli accompagnatori azeri negano con il giornalista che siano stati i loro soldati a distruggerla. Uno di loro afferma: «Gli armeni se la sono distrutta da soli». Anche Hikmet Hajiyev, collaboratore del presidente azero Ilham Aliyev, nega che la chiesa sia stata distrutta, nonostante il giornalista mostri il video dei soldati che ballano sulla chiesa, realizzato dopo la fine della guerra.

Foto satellitari hanno recentemente dimostrato che anche la “Green Church” di Shushi è stata distrutta. Allo stesso modo, la chiesa di Cristo San Salvatore nella stessa città è stata danneggiata durante la guerra e vandalizzata dopo la fine delle ostilità.

La storia degli armeni si ripete

A giudicare da come i soldati azeri si comportano nei confronti degli edifici storici e sacri armeni, non è difficile comprendere perché nessun armeno costretto all’esilio ha risposto positivamente all’invito del presidente Aliyev di tornare a vivere nelle loro case, passate ora sotto il controllo del paese islamico.

Il tentativo da parte dell’Azerbaigian di cancellare ogni traccia del patrimonio storico degli armeni è una storia antica. Non si può dimenticare infatti che nel Nakhichevan, tra il 1998 e il 2005, gli azeri distrussero la maggior parte di circa 2.500 khachkar, le tradizionali croci di pietra, considerate tra le manifestazioni più alte del patrimonio religioso armeno, riconosciute nel 2010 Patrimonio dell’umanità dall’Unesco.

La distruzione della chiesa di Jabrayil dimostra ancora una volta che l’Azerbaigian si è laureata con ottimi voti alla scuola del suo principale alleato, la Turchia. Gli ottomani, infatti, e i loro successori distrussero la maggior parte di circa 2.000 monasteri e chiese nell’Armenia Occidentale. Per non parlare ovviamente del genocidio di un milione e mezzo di armeni. La storia continua.

Fonte: tempi.it

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