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Testimonianza / “Ecco perché sto per entrare in monastero”

Cari amici di Duc in altum, vi propongo la versione italiana della testimonianza con cui Gretchen Erlichman – attualmente dottoranda e borsista presso la Catholic University of America – spiega perché nel prossimo luglio entrerà come postulante tra le suore domenicane contemplative del Monastero di Nostra Signora delle Grazie a North Guilford, nel Connecticut.

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di Gretchen Erlichman

Viviamo in “tempi senza precedenti”. Questa frase, spesso ripetuta, non compare solo nei titoli dei giornali e sulle labbra di molti giornalisti: è anche diventata un mantra sempre presente nei nostri incontri quotidiani. “Tempi senza precedenti” descrive lo sconcertante insieme di caos politico, tensioni religiose e una società tormentata dalla pandemia. Tuttavia, spesso nella storia sono stati proprio momenti come questi che hanno coinciso con le vocazioni alla vita contemplativa: l’Impero Romano si sgretola mentre san Benedetto compone la sua regola monastica; il Grande Scisma d’Occidente affligge il papato mentre santa Caterina da Siena fa penitenza per la guarigione della Chiesa; le suore del Carmelo di Lisieux stanno morendo di influenza asiatica mentre santa Teresa prega per la salute e la guarigione dell’Europa.

 

Tra pochi mesi seguirò questi esempi lasciandomi alle spalle la vita che conosco per entrare come postulante tra le suore domenicane contemplative del Monastero di Nostra Signora delle Grazie a North Guilford, Connecticut. A me questa sembra la migliore risposta che posso dare al nostro attuale clima sociale e più in generale alla vita.

Ma forse questa idea non è chiara come avrei sperato. Condividendo questa intenzione con altri, sono stata accolta da un numero crescente di domande piene di perplessità da parte di amici, familiari, conoscenti e sconosciuti, tutti impegnati a mettere in discussione la mia decisione di entrare in un monastero. Perché entrarci proprio ora? Perché voglio che la mia ultima esperienza del “mondo” sia quella di una società in preda alla pandemia? Perché, nel caos del clima politico e religioso della nostra epoca, mi rinchiudo in un chiostro? Secondo alcuni, se una persona fa questa scelta è solo per scappare dai problemi del mondo. Altri la vedono come un’eroica negazione delle cose “mondane”. Ma tutte queste risposte mancano il bersaglio.

È proprio il desiderio di affrontare questi “tempi senza precedenti” che rafforza la mia determinazione a perseguire una vita come monaca domenicana contemplativa. Non sto entrando in convento per sfuggire al mondo o per falsa pietà. Entro nella vita religiosa per seguire la vocazione particolare con la quale posso realizzare più perfettamente il mio scopo come membro cristiano della società umana. Negando a se stessa le cose del mondo, una monaca afferma radicalmente la realtà del bene e del male nel mondo. Entrando nel chiostro, si libera per entrare più profondamente nella sofferenza di un mondo sofferente. E, chiudendo gli occhi in preghiera, è in grado di aprire il suo cuore a un mondo così disperatamente bisognoso.

Uno dei motti dell’ordine domenicano è contemplare et contemplata aliis tradere (contemplare e donare agli altri il frutto della propria contemplazione). Al momento del mio primo discernimento verso la vita contemplativa non ero sicura di come questo motto si possa realizzare nella vita di una suora di clausura. Ora mi rendo conto che è attraverso una vita di contemplazione che mi impegnerò pienamente e fruttuosamente per un mondo sofferente. Vivendo una vita di preghiera e penitenza lontano dal mondo, una monaca contemplativa è intimamente unita in solidarietà con coloro che soffrono nel mondo. Questa solidarietà è definita dall’offerta di tutta se stessa per un bene molto più grande di lei; un effluvio della sua vita interiore di preghiera e penitenza per il bene comune del mondo che la circonda. È attraverso questa solidarietà che realizza la sua vocazione: contemplare et contemplata aliis tradere.

Papa san Giovanni Paolo II afferma esattamente questo nella sua Lettera apostolica Salvifici doloris (n. 28): “Bisogna, dunque, coltivare in sé questa sensibilità del cuore, che testimonia la compassione verso un sofferente. A volte questa compassione rimane l’unica o principale espressione del nostro amore e della nostra solidarietà con l’uomo sofferente… Si può dire che dà se stesso, il suo proprio ‘io’, aprendo questo ‘io’ all’altro. Tocchiamo qui uno dei punti-chiave di tutta l’antropologia cristiana. L’uomo non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé”.

Ogni persona è chiamata a vivere una manifestazione particolare di questo “dono sincero di sé” attraverso la propria vocazione personale. I genitori sacrificano le proprie comodità per il bene dei propri figli. Gli operatori sanitari mettono la propria vita in gioco per la salute e il benessere degli altri. I membri del clero sono obbligati a raccogliere la sfida di vivere e predicare la verità, a qualunque costo. Io, insieme alle mie future sorelle, sono chiamata a partecipare a tutte le sofferenze in modo soprannaturale attraverso il dono della vita contemplativa.

Le monache contemplative sono chiamate a offrire preghiere a favore della madre stanca, incapace di pregare dopo una notte insonne con il suo bambino; a offrire penitenza all’uomo morente in solitudine, che ha bisogno della grazia della conversione; a inginocchiarci davanti al Santissimo Sacramento e implorare la pace nella nostra nazione e la fecondità nella Chiesa. Come monaca, userò la mia vita per unire tutte queste sofferenze a quelle di Cristo sulla Croce. Cristo si è fatto uomo e ha sacrificato la sua vita umana per la salvezza di tutta l’umanità. All’interno delle mura del monastero le monache sacrificano la propria vita umana e la uniscono a quella di Cristo in modo tale da portare tutta l’umanità a Lui e portare Lui a tutta l’umanità.

Una volta entrata nel monastero, la mia “finestra” sul mondo sarà costituita da una piccola apertura nella grata della cappella dove si trova l’ostensorio con il Santissimo Sacramento. Vedrò il mondo esterno letteralmente attraverso Cristo. Che perfetta espressione della vita promessa desidero perseguire!

G.K. Chesterton scrive: “Il voto è per l’uomo ciò che il canto è per l’uccello o l’abbaio per il cane; la voce con cui è conosciuto” (La barbarie di Berlino). È perseguendo una vita votata a povertà, castità e obbedienza all’interno delle mura silenziose del chiostro che desidero far sentire la mia voce. Questo è il motivo per cui, seguendo il precedente di san Benedetto, santa Caterina e santa Teresa in questi nostri “tempi senza precedenti”, entrerò in monastero in questo 2021. Perché, a volte, devi lasciare il mondo per amarlo.

Fonte: crisismagazine.com

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