Carlo Maria Viganò: “Stare ai piedi della Croce, mentre assistiamo alla passione della Chiesa”. Il dovere dei cattolici, oggi

Cari amici di Duc in altum, monsignor Carlo Maria Viganò, prendendo spunto dal mio articolo Mentre il papa è all’ospedale, ha inviato al blog il contributo che qui vi propongo. Ringraziamo l’arcivescovo e, con le sue parole, “preghiamo con umiltà chiedendo allo Spirito Santo di darci forza nel momento della prova”.

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In hac lacrimarum valle

Carissimo dottor Valli,

ho letto con commozione le Sue riflessioni sullo stato della Chiesa e sulla “migrazione” dei Cattolici da una realtà morente ad una nuova dimensione più combattiva e guerrigliera, come ha scritto, riprendendo una nota meditazione radiofonica del giovane Joseph Ratzinger.

Non è, questa, una migrazione dal Corpo Mistico ad una realtà umana e utopica creata dalla mente di chi rimpiange il passato ed è disgustato dal presente. Perché se questa fosse la nostra tentazione, compiremmo un tradimento proprio verso la Chiesa, separandocene e con essa precludendoci la salvezza che, sola, essa assicura ai suoi membri. Pensi che paradosso, caro Aldo Maria: proprio quanti si proclamano fieramente fedeli all’immutabile Magistero cattolico, si costruirebbero un’oasi, senza ricordarsi che siamo tutti exsules filii Evae, e che attraversiamo, gementes et flentes, questa valle di lacrime.

La Chiesa non è finita e non finirà. Sappiamo che questa crisi tremenda, in cui assistiamo all’ostinata demolizione di quel poco che ancora sopravvive di cattolico proprio da parte di quanti il Signore ha costituito come Pastori del Suo Gregge, segna la dolorosa passione e la discesa nel sepolcro di quel Corpo Mistico che la Provvidenza ha stabilito dovesse seguire in tutto il Suo Capo divino.

Anche sotto il cielo nero di Gerusalemme, sul Golgota, vedendo il Figlio di Dio innalzato sulla Croce, vi fu chi credette chiusa la breve parentesi del Nazareno. Ma assieme a chi – per pessimismo, per pavidità, per opportunismo, per aperta ostilità – osserva cinicamente il rantolo della Chiesa, vi sono anche quanti gemono e hanno il cuore straziato dinanzi a quella agonia, pur sapendo che essa è necessaria, quale indispensabile premessa della resurrezione che l’attende e che attende tutte le sue membra. Quel rantolo è terribile, come fu terribile il grido del Signore che spezzò il silenzio incredulo della Parasceve, e con esso il dominio di Satana sul mondo. Eli, Eli, lamà sabactani! Sentiamo gridare Cristo, mentre geme la Chiesa. Vediamo le lance, i bastoni, la canna con la spugna intrisa d’aceto; udiamo gli insulti sguaiati della folla, le provocazioni del Sinedrio, gli ordini impartiti alle guardie, i singhiozzi delle Pie Donne.

Ecco, caro Valli: noi oggi dobbiamo stare ai piedi della Croce, mentre assistiamo alla passione della Chiesa. Stare, ossia rimanere dritti, fermi, fedeli. Assieme a Maria Santissima, l’Addolorata – stabat Mater dolorosa – che proprio ai piedi di quella Croce il Signore ci affidò come madre in San Giovanni e in lui designò i figli di Sua Madre. Pur nello strazio del vedere rinnovati i dolori della Passione nel Corpo Mistico di Cristo, noi sappiamo che con quest’ultima solenne cerimonia del tempo è portata a compimento la Redenzione: compiuta dal Figlio di Dio incarnato, essa deve trovare mistica corrispondenza nei Redenti. E come il Padre si compiacque di accettare il Sacrificio del Suo Figlio Unigenito per riscattare noi miserabili peccatori, così si degna di veder riflesse nella Chiesa e nei singoli credenti le sofferenze della Passione. Solo così l’opera della Redenzione, compiuta da Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, a nome dell’umanità, ci rende suoi cooperatori e partecipi. Non siamo passivi soggetti di un piano che ignoriamo, ma attivi protagonisti della salvezza nostra e dei nostri fratelli, sull’esempio del nostro Capo divino. In questo, possiamo dirlo, siamo effettivamente popolo sacerdotale.

Davanti alla desolazione di questi tempi tremendi, davanti all’apostasia della Gerarchia e all’agonia del corpo ecclesiale, non possiamo essere davvero pessimisti, né cedere alla disperazione o alla rassegnazione.

Stiamo con San Giovanni e la Vergine Addolorata ai piedi di una Croce su cui sputano i nuovi Sommi Sacerdoti, contro la quale impreca un nuovo Sinedrio. D’altra parte, gli esponenti della casta sacerdotale erano i primi a voler mettere a morte Nostro Signore: e non vi è da stupirsi se nel momento della passione della Chiesa sono proprio costoro a irridere ciò che la cecità della loro anima non comprende più.

Preghiamo. Preghiamo con umiltà chiedendo allo Spirito Santo di darci forza nel momento della prova. Moltiplichiamo la preghiera, le penitenze e i digiuni per quanti oggi sono tra coloro che brandiscono la frusta, spingono la corona di spine sul capo, piantano i chiodi, feriscono il costato della Chiesa, come un tempo fecero con Cristo. Preghiamo anche per chi assiste impassibile, o guarda da un’altra parte.

Preghiamo per chi piange, per chi allunga un fazzoletto per asciugare il volto sfigurato, per chi porta la Croce per un tratto, per chi predispone un sepolcro, delle bende pulite, del balsamo prezioso. Exspectantes beatam spem, et adventum gloriae magni Dei, et Salvatoris nostri Jesu Christi (Tit 2, 13).

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

14 luglio 2021

S. Bonaventuræ, Episcopi et Ecclesiæ Doctoris

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Uno sguardo sulla situazione della Chiesa cattolica e della fede. Senza evitare gli aspetti più controversi e tenendo conto dell’orizzonte dei nostri giorni, segnato dalla vicenda del Covid. Un diario di viaggio in una realtà caratterizzata da profonde divisioni, ma con la volontà di costruire, non di distruggere. E sapendo che il processo di conversione riguarda tutti, a partire da se stessi.

Il volume prende in esame questioni disparate (dal Concilio Vaticano II al pontificato di Francesco, dalla vita spirituale in regime di lockdown alle vicende vaticane, dal great reset alle questioni bioetiche) ma con un filo conduttore: l’amore per la Chiesa e la Tradizione, unito a una denuncia chiara sia delle derive moderniste sia delle nuove forme di dispotismo che limitano o negano le libertà fondamentali.

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