di Giuliano Guzzo
Il fatto che nei giorni scorsi la Corte Suprema Usa abbia «salvato» la legislazione pro-life texana, che impedisce l’aborto dopo le sei settimane – vale a dire da quando è rilevabile il battito cardiaco fetale -, ha mandato su tutte le furie parecchi guru progressisti, giovani inclusi.
Prova ne è la tempestiva reazione social di Greta Thunberg, l’influencer per antonomasia delle campagne ambientaliste, la quale – con chiaro riferimento alla vicenda texana – ha postato sui suoi canali un intervento che non esige spiegazioni, tanto risulta esplicito. Parliamo d’un finto grafico a torta riportante «The reasons why women have abortions», vale a dire le ragioni che portano le donne ad abortire.
Come appena detto, si tratta di un finto grafico che presenta questi esiti: nel 60% dei casi l’aborto viene definito come una «scelta personale» della donna; ma pure negli altri casi – secondo il post di Greta – le cose stanno così, come dimostrano le altre sezioni della torta, che praticamente inneggiano a non intromettersi nelle scelte delle donne: «Not your concern» (Non è un tuo problema) (10%), «Mind your Business» (Fatti gli affari tuoi) (8%), «Fuck You» (22%). Così non solo Greta Thunberg si schiera ufficialmente in campo abortista, ma lo fa con l’argomento più anacronistico e scontato in assoluto: quello secondo cui la gravidanza è un fatto esclusivamente della donna; con la conseguenza che l’aborto riguarderebbe, appunto, un solo soggetto.
Peccato che in realtà le cose stiano molto diversamente. L’aborto non riguarda infatti un soggetto bensì almeno cinque: il nascituro, sua madre, suo padre, il personale medico che esegue l’intervento e, naturalmente, l’intera società che, attraverso lo Stato, quell’intervento consente o addirittura finanzia, come per esempio avviene in Italia, con l’aborto procurato che risulta interamente a carico dei contribuenti. Il fatto che Greta non riesca a mettere a fuoco una simile realtà – chiara al punto da risultare lampante – non è ovviamente riconducibile a suoi paraocchi ideologici, dato che, come appena detto, la giovane svedese altro non ha fatto che accodarsi a visioni stereotipate vecchie di decenni.
Allo stesso modo, non è neppure così strano che una paladina dell’ambientalismo sia abortista, dato che l’ideologia green e quella pro choice vanno d’amore e d’accordo; non solo perché sono ambedue facce – culturalmente e politicamente parlando – del progressismo, ma anche perché spesso – e da ben prima della Thunberg, se è per quello – sono gli stessi ambientalisti a tifare per l’aborto, nell’ambito di quello che risulta essere un generale contrasto alla natalità, che passa attraverso l’idea secondo cui sulla Terra siamo troppi e, quindi, più aborti uguale più sostenibilità ambientale.
Basti pensare, tanto per fare un esempio, a «World Scientists’ Warning of a Climate Emergency», un articolo apparso nel gennaio 2020 su BioScience, testata scientifica che vanta come editore nientemeno che la Oxford University Press. Ebbene, in quell’articolo gli autori – William J. Ripple, Christopher Wolf, Thomas M. Newsome, Phoebe Barnard e William R. Moomaw – affermano che, per salvare il pianeta e «il destino dell’umanità […] la popolazione mondiale deve essere stabilizzata e, idealmente, gradualmente ridotta». Analogamente, la scrittrice femminista tedesca Verena Brunschweiger ha esortato i tedeschi a non avere più figli per salvare il pianeta; in un’intervista rilasciata a Neue Osnabrücker Zeitung, ha sostenuto che «siamo sull’orlo del collasso ecologico» e che l’unica soluzione è «rinunciare a riprodursi».
Nel novembre 2019, invece, a fare notizia erano stati dei cartelloni apparsi a Londra contenenti un invito molto chiaro: «Immagina una città meno affollata, fai la tua parte… sterilizzati!». Tutto questo per dire che l’abortismo di Greta Thunberg fa notizia, certo, ma fino ad un certo punto. Ciò che invece deve preoccupare è il seguito – che è planetario, come noto – della giovane. L’appoggio ufficiale della celebre ragazza alla causa abortista regala quindi al fronte pro choice un contributo non indifferente, che non deve certo scoraggiare i pro life ma, al contrario, renderli consapevoli di quanto vasta ed epocale sia, oggi più che mai, la battagli a difesa del concepito.
Fonte: provitaefamiglia.it